"Mondo" Gli obesi contro McDonald's, il presidente abdica

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7 Dicembre 2002
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FAST FOOD. CONCORRENZA SPIETATA E CAUSE LEGALI. IN CRISI IL RE DEGLI HAMBURGER. DI IVAN DEL PONTE Gli obesi contro McDonald's, il presidente abdica
New York. Ha cresciuto generazioni di obesi, ha sfamato i paninari e gli yuppie lampadati degli anni '80, ma alla fine, dopo 21 anni alla McDonald's, ha capitolato. Jack Greenberg, 61 anni, presidente e amministratore delegato della catena di fast food più celebre del mondo, dal primo gennaio lascerà la carica. Se ne va sotto il peso della crisi che il gigante dell'alimentazione sta attraversando, complice un cocktail letale di fattori: saturazione del mercato, concorrenza e cambiamenti demografici. I primi due elementi sono legati al lento, ma graduale emergere di modi mangiare diversi, in cui la cucina etnica ha avuto un ruolo di primo piano. In più la fascia di consumatori per eccellenza del tradizionale fast food - compresa tra 5 e i 19 anni - sta man mano frenando la sua crescita: anche negli Stati Uniti nei prossimi anni si dovranno fare i conti con la prima ondata di pensionati, frutto del baby boom del 1946. E non bisogna dimenticare il colpo ferale inferto dalla mucca pazza in Europa e in Giappone. Ai guai di mercato nei mesi scorsi si sono poi aggiunti quelli legali. A luglio la catena è stata trascinata in tribunale da un americano di quasi 150 chili, Caesar Barber, che nel Bronx ha presentato una denuncia contro McDonald's - e contro i suoi suoi grandi concorrenti, Wendy's, Burger King e Kentucky Fried Chicken - additandoli come responsabili di obesità e attacchi di cuore. Del resto, sul famoso panino farcito non è mai stata riportata l'avvertenza che chi li mangia rischiano pinguedine, diabete, malattie cardiache, alta pressione e colesterolo. Ed è di un paio di settimane fa la notizia che altri otto teen-ager di New York hanno fatto causa alla catena per averli resi obesi senza averli messi in guardia dai rischi per la salute di hamburger e patatine. Insomma, un attacco vero e proprio, nello stile e nella sostanza simile a quello fatto da molti fumatori alle grandi industrie del tabacco. Anche gli altri gruppi del settore hanno subito lo stesso trattamento, ma Burger King, Wendy e Tricom, stanno resistendo meglio, sottraendo proprio a McDonald's quote di mercato. L'hamburgerificio della "M" dorata rimane comunque ancora il leader, con quasi il 50 per cento. In seconda posizione con il 18,5% c'è Burger King (ceduto dalla Diageo alla società d'investimento Texas Pacific Group), mentre terzo è Wendy, con il 13,2 del mercato. Ciò che ha fatto la differenza tra il re dei fast food e la concorrenza più diretta è stata la raffica di lamentele da parte dei clienti, per la qualità del cibo fornito, per il servizio e anche per l'igiene dei locali. Prima di abdicare Greenberg le ha provate tutte. Prima c'è stata l'idea di vendere spazi pubblicitari dietro agli scontrini del conto. Poi è arrivata quella della consulenza sui mutui casa per i clienti dei fast food, seguita dal progetto di trasformare i ristoranti in Internet cafe dove alternare un morso al panino con l'accesso al web ad alta velocità. A un certo punto era stato addirittura annunciato il progetto di trasformare i ristoranti del gruppo in una sorta di grandi magazzini dove vendere anche altri prodotti non alimentari: giocattoli, vestiti, accessori, dischi, musicassette, video e chi più ne ha più metta. In un disperato tentativo di invertire la rotta, Greenberg nei mesi scorsi aveva anche promesso di investire nel 2003 fino a 400 milioni di dollari per ridisegnare i ristoranti che rendevano di meno, riducendo anche il numero di nuove aperture. E in un cenno di assenso ai critici della dieta americana aveva persino deciso il cambio dell'olio per friggere le famose patatine, così da ridurre il contenuto di grassi. Ma tutte queste soluzioni non sono bastate a rendere più folte le schiere dei tifosi di McDonald's. E Greenberg, suo malgrado, sarà costretto a rinunciare a festeggiare dalla tolda di comando i cinquant'anni dell'azienda, nel 2005.
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