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"Politica" Il pericolo immobilismo (M.Giannini)

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    marted? 29 maggio 2007

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    Il pericolo immobilismo

    Massimo Giannini
      Due Italie. Una doppia frattura. Queste elezioni amministrative riflettono un Paese sempre pi? spaccato a met?, nella politica e nella geografia. Il centrodestra riconquista il Nord, e da Verona a Monza, da Alessandria ad Asti, si riprende quasi tutti i pi? importanti capoluoghi. Il centrosinistra resiste nel resto della Penisola, e si accontenta di una modesta rivincita all?Aquila e Agrigento. Berlusconi grida ?ho vinto?, e ha ragione. Alle comunali partiva da 14 a 12 sull?Unione, ieri sera si ritrova 14 a 4, con 8 comuni al ballottaggio. Poi aggiunge ?a casa il governo delle tasse?. Ha torto: questi risultati, per quanto positivi, non gli consentono la ?spallata?. E se davvero il Cavaliere pensa di salire al Quirinale per chiedere la cacciata di Prodi, ? probabile che Napolitano non gli apra neanche il portone.
        La politica, per quanto delegittimata, ha ancora le sue regole. Ma se queste elezioni di mid-term, come le ha giustamente definite Ilvo Diamanti, erano comunque se non un referendum, almeno un sondaggio sul governo in carica, allora si pu? dire che per l?Unione i segnali che arrivano dall?elettorato sono tutt?altro che confortanti. Non convince l?idea che questa sia la cronaca di una sconfitta annunciata. Sarebbe una versione troppo consolatoria. Il voto ? ?locale?. Ma ha chiamato alle urne oltre 10 milioni di italiani. E dopo un anno di permanenza a Palazzo Chigi, non si pu? non vedere che (al di l? del premio o della sanzione per questo o quel sindaco) il voto porta con s? anche un giudizio ?nazionale?, su Prodi e sul suo governo. ? vero che i leader dell?Unione erano consapevoli del probabile insuccesso. Ma questo voto ripropone, in modo plastico e quasi drammatico per il centrosinistra, l?esistenza di una ?questione settentrionale? ormai sempre pi? profonda, e dunque pi? grave. C?? una parte del Paese, ancora una volta quella pi? ricca e dinamica, alla quale il centrosinistra non sa o non vuole parlare. L?Unione, oltre la linea del Po, sconta davvero ?un vuoto di vocabolario politico?, come avrebbe detto Simone Weil. Non stupisce solo la delusione della sconfitta in s?, subita non solo nei comuni-capoluogo, ma anche in province come Como e Varese, Vicenza e Vercelli. Quello che colpisce, in quelle aree, ? soprattutto la dimensione della sconfitta. In tutti i luoghi in cui vince il candidato del centrodestra lo scarto rispetto al suo competitore ? pari al doppio, se non addirittura al triplo dei consensi.

        Le ragioni di questo risultato hanno radici quasi tutte interne al centrosinistra. Il centrodestra, in questi mesi, si ? limitato ad assistere alle difficolt? e alle convulsioni dell?avversario. Ha beneficiato di quella che Giulio Tremonti definisce opportunamente ?la rendita di opposizione?. Il centrosinistra, al contrario, ha fatto di tutto per farsi del male da solo. E forse non basta neanche la Finanziaria ?lacrime e sangue? (che ha comunque salvato i conti pubblici del Paese) a spiegare il perch? di una cos? acuta disaffezione degli elettori insediati nell??Italia che produce?. Quello che ? mancato e che manca, in questo primo anno di governo, ? il ?frame?: cio? quello che George Lakoff, il guru della politologia americana autore del bestseller ?Non pensare all?elefante?, definisce come il ?linguaggio chiaro? che riflette una precisa ?visione del mondo?. Il centrosinistra ? mancato e manca proprio in questo. Parla tanti, troppi linguaggi. E molto spesso antitetici tra loro.

        Il paradosso di oggi, non a caso, ? che per spiegare questo risultato elettorale insoddisfacente l?ala riformista e quella radicale dell?alleanza danno due spiegazioni uguali e contrarie, ma entrambe parzialmente fondate. I soci del futuro Partito democratico pensano che le difficolt? nascano da un?azione riformatrice troppo timida, da una politica fiscale a volte troppo punitiva e dalla mancanza di una strategia dell?attenzione verso i ceti produttivi. La galassia dei partiti comunisti-ambientalisti, viceversa, ritiene che la sconfitta maturi a causa di una sottovalutazione della ?questione salariale?, della difficolt? delle famiglie pi? povere, dei disagi della quarta settimana. Sono vere tutte e due le cose. Lo dimostra il voto oltre il Po, che continua a risentire di una forte sindrome anti-tasse. Lo conferma l?aumento dell?astensionismo, che verosimilmente ha riguardato soprattutto quella fascia di elettori che avrebbe voluto un?azione di governo pi? marcata a sinistra.

        A questo punto, se ancora fosse possibile, il quadro politico si fa ancora pi? complicato. Nel centrosinistra scatta il consueto regolamento dei conti, che ruota intorno all?analisi dei voti di lista. Se, come sembra dalle prime indicazioni, l?asse riformista non si consolida, mentre si rafforza l?ala massimalista della coalizione, il risultato pu? essere un paradosso. Il governo Prodi si stabilizza. Ma la stabilizzazione avviene al ribasso. Gi? dopo il voto siciliano di due settimane fa i due partiti estremisti dell?alleanza avevano detto: ?Padoa-Schioppa ci fa perdere le elezioni?. Dopo questo voto, a maggior ragione, avranno argomenti per chiedere una brusca virata a sinistra dell?azione di governo. L?effetto di una rivendicazione del genere ? scontato. Dal rinnovo dei contratti del pubblico impiego al tavolo sulle pensioni, dall?uso del ?tesoretto? alla stesura del Dpef: da nessuna di queste partite ? immaginabile uscire con una scelta di modernizzazione utile per il Paese. Il Professore non molla. Ma non pu? pi? ripetere quello che promise nel gennaio 2006: ?Il mio sar? un riformismo radicale?. Pu? solo continuare a resistere.

        Nel centrodestra, nonostante le difficolt? e le incertezze di questi mesi, si consolida ancora una volta la leadership inattaccabile di Berlusconi. Dalle urne di ieri, a dispetto della logica neo-proporzionale della ?porcata? di calderoliana memoria, esce di nuovo un?Italia rigidamente bipolarizzata. Le sicure ambizioni terzaforziste di Casini, o le eventuali tentazioni tecnocratiche di Montezemolo, sono palesemente ridimensionate. Ma la riaffermazione della sua natura personalistica e plebiscitaria non consente alla Cdl di passare all?incasso definitivo. Il Cavaliere resta l??one man show? della coalizione. Ma non ? pi? in grado di garantire le straordinarie performance elettorali del 2001. Pu? solo continuare a combattere.

        Il combinato disposto di quella resistenza e di questo combattimento ? l?immobilismo. La maggioranza governa ma non dispone, l?opposizione urla ma non propone. La stessa ipotesi di una riforma bipartisan della legge elettorale, in queste condizioni, perde totalmente di senso, se mai ne ha avuto uno. Perch? Berlusconi dovrebbe scendere a patti, se ? convinto che per l?Unione sia suonata la campana dell?ultimo giro, e la sua caduta sia ormai solo questione di pochi mesi? In questa paralisi, com?? evidente, i danni pi? gravi li subisce proprio il centrosinistra. Nella palude italiana, ha da perdere almeno due cose, una pi? preziosa dell?altra. La prima ? il governo: il suo inerte galleggiamento rischia di diventare solo la logica premessa per un?inevitabile disfatta futura. La seconda ? il Partito democratico: il suo lento logoramento rischia di far morire l?unico progetto politico innovativo di quest?ultimo decennio. Se la risposta alla ?questione settentrionale? ? il super-comitato dei 45 che ha tagliato fuori proprio i rappresentanti del Nord, purtroppo c?? da temere una imminente eutanasia.

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