"Salari" M.Revelli: Paghiamo i frutti del patto D’Amato-Berlusconi
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luned? 3 aprile 2006
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MARCO REVELLI Paghiamo i frutti del patto D’Amato-Berlusconi
?Il lavoro ? stato considerato come un tappeto da battere?
di Giampiero Rossi/ Milano
I lavoratori italiani guadagnano meno dei loro colleghi greci e di quelli di altri 21 paesi tra i trenta pi? industrializzati censiti dall’Ocse. Come ? stato possibile cadere cos? in basso? ?Colpa di una doppia incapacit?: quella della politica e quella dell’impresa?. Non ha dubbi Marco Revelli, scrittore, saggista e docente universitario a Torino. E alla lettura dell’imbarazzante classifica - che vede alle spalle di quegli italiani soltanto i redditi dei lavoratori di Portogallo, Turchia, Repubblica ceca, Polonia, Messico, Slovacchia e Ungheria - Revelli non mostra neanche particolare stupore.
Professor Revelli, davvero non le fa effetto trovare i redditi italiani soltanto al ventitreesimo posto tra quelli dei trenta paesi industrializzati?
?Be’ un certo effetto lo fa, per? dico che non posso stupirmi pi? di tanto se faccio riferimento alla realt? che mi circonda, perch? allora stupisce molto di pi? pensare a come facciano tante famiglie italiane ad arrivare alla fine del mese. Verosimilmente vivono di mutui,prestiti, credito al consumo, cio? mangiandosi un pezzo di futuro. Questo s?, dovrebbe stupire?.
Ma sono dati comunque significativi, se non altro come indicatori del posizionamento dell’Italia nel panorama delle economie sviluppate...
?? vero. E in fatto, a questo riguardo, se c’? una cosa che mi meraviglia ? il fatto che il nostro capitalismo non sia riuscito nemmeno a sfruttare questa debacle delle retribuzioni in termini di vantaggio competitivo?.
Gli imprenditori spiegano che il problema sono i carichi fiscali che gravano sul costo del lavoro.
?Certo, il cuneo fiscale ? un problema al centro dell’attenzione politica di questi tempi, ma da solo non basta a spiegare la pesante crisi di competitivit? del nostro sistema. Anzi, sarebbe molto interessante un’analisi comparata del peso fiscale degli altri paesi. Sono convinto che questa classifica delle retribuzioni cambierebbe soltanto di poco per quanto riguarda la posizione dell’Italia?.
Come si ? prodotta questa situazione, secondo lei?
?? il frutto di una doppia incapacit?: politica e imprenditoriale. La politica ha considerato il lavoro n? pi? n? meno come un tappeto da battere e non come una parte di cittadinanza. Ha pensato a se stessa, ai propri interessi e al massimo ha cercato di rispettare i poteri forti. Niente per il lavoro?.
E le imprese?
?Anche il mondo dell’impresa ha dimostrato un0incapacit?. Non ha pi? nemmeno considerato il mondo del lavoro se non altro come un pezzo di mercato. Un po’ ? accaduto per l'improvvisazione che domina nel pulviscolo della microimpresa e un po’ perch? i grandi gruppi hanno pensato soprattutto all'esportazione. Ma il risultato non cambia. Ed ? anche il frutto dell’abbraccio tra la Confindustria di D’Amato e il governo di Berlusconi?.
E i sindacati non hanno nulla da rimproverarsi?
?Io direi che i sindacati sono la parte lesa. Semmai dovrebbero essere gli stessi lavoratori ad aprire un contenzioso con i propri rappresentanti, dal momento che la situazione oggi ? quella del ventitreesimo posto tra le retribuzioni dei paesi industrializzati?.
Come si esce da questa trappola, secondo lei?
?Credo che sia necessaria una rottura, un conflitto ampio sul fronte dei redditi e del potere d’acquisto. Perch? considerata la situazione di partenza non credo che nel prossimo futuro nessuno intenda regalare niente a nessuno. Ma dal momento che in questi anni si ? anche ampliato il deficit di giustizia credo che sia inevitabile una stagione di lotte per riequilibrare il quadro socio-economico?.
E il possibile cambiamento di governo...?
?Certo, di sicuro un governo diverso non condurr? a un patto con l’Italia barbara come quello di Berlusconi, ma non mi aspetto certo che dal 10 di aprile compaia qualcuno in televisione per dire “restituiamo tutto a tutti”. Il nodo del potere d’acquisto si ripresenter?.
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