19/3/2002 ore: 11:11

«Sciopero unitario, restano differenze»

Contenuti associati



Il segretario della Cisl Savino Pezzotta propone il 19 o il 23 aprile e sottolinea: «Non condividiamo la manifestazione del 23 marzo»
«Sciopero unitario, restano differenze»
Cofferati: «L'articolo 18 è come una diga, l'acqua che la rompe travolge tutto» - La Fiom si ferma sabato per otto ore
ROMA - Il sindacato deciderà tra oggi e domani la data dello sciopero unitario. Ieri il Comitato esecutivo della Cisl ha avanzato una sua proposta, per il 19 o il 23 aprile, a seconda di come procederà l'iter in Parlamento del disegno di legge delega sulla riforma del mercato del lavoro. Analoga decisione prenderà oggi il Comitato centrale della Uil, mentre la Cgil ha già deciso per conto suo e da tempo per il 5 aprile. La scelta definitiva sarà presa in un vertice delle tre segreterie confederali, da convocare sulla base delle rispettive esigenze. Sciopero unitario, dunque, nessuno lo mette ormai in dubbio, ma Savino Pezzotta, il segretario generale della Cisl, ha affermato di preferire che si parli di uno sciopero «assieme». La sua polemica con la Cgil, che ha scelto di procedere nella battaglia contro il Governo da sola, rompendo l'unità d'azione, non si è infatti attenuata ed è lui il primo a dire che tra Cgil, Cisl e Uil «le differenze restano, su tante cose». Per questo ieri nel corso di una conferenza stampa a chi gli chiedeva se le tre confederazioni avrebbero poi fatto tutti assieme lo sciopero ha risposto molto vagamente. «Auspichiamo - ha detto - valuteremo, vedremo», nonostante nessuno abbia più dubbi sul fatto che alla fine i lavoratori saranno chiamati tutti nello stesso giorno a scioperare. Ma le polemiche restano, tanto è vero che poco dopo Pezzotta la stigmatizzato la manifestazione del 23 marzo in programma a Roma, ricordando che è un'iniziativa della sola Cgil. «Io - ha detto - non la condivido, è stata una scelta unilaterale, crea dei problemi, lascerà dei problemi tra noi e le altre organizzazioni». Lontananze che però non trovano la sponda di una autocritica per le cose fatte o non fatte. Pezzotta ha dichiarato di non avere rimpianti per come si è comportato in questi mesi. «Abbiamo fatto tutto il possibile - ha detto - per arrivare a un'intesa unitaria. Altri - ha aggiunto polemico - hanno deciso diversamente. Oggi comunque è chiaro che lo sciopero che andiamo a fare ha una matrice solo sindacale». La responsabilità cade, ad avviso del segretario generale della Cisl, tutta sul Governo. È stato Silvio Berlusconi, ha detto, «che ha proposto di sospendere l'iter parlamentare della legge delega per due mesi, lasciando alle parti sociali l'onere di trovare un'intesa sui temi in discussione: ma poi, quando noi abbiamo fatto presente che non eravamo disposti ad accettare modifiche dell'articolo 18, ha fatto una proposta che non condividiamo». Fatto sta che adesso è rottura aperta, tanto che la protesta non si fermerà nemmeno con lo sciopero generale. «Dopo lo sciopero decideremo altre iniziative - ha detto Pezzotta - sulla base di quello che deciderà il Governo». Una linea condivisa anche da Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, che nei giorni scorsi ha scritto una lettera a tutti i parlamentari riaffermando come a suo avviso la scelta dell'Esecutivo di modificare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sia «sbagliata, iniqua, inutile». Il segretario della Uil ha soprattutto voluto rimarcare come non sia stato il sindacato a far diventare l'articolo 18 un tabù, «ma chi scientemente ha sostenuto che quello fosse il problema dell'economia del Paese». Il fatto, ha spiegato Angeletti, è che «licenziabilità vuol dire per alcuni oggi e domani per chissà quanti altri, paura, la quale porta poi a rinunciare a contrattare, quindi a nuove povertà». Chi non ha dubbi o problemi è Sergio Cofferati, che coglie adesso i frutti della posizione di rottura verso il Governo presa fin dal primo momento. Ieri il segretario generale della Cgil ha paragonato l'articolo 18 a una diga: l'acqua che la rompe, ha detto, va ovunque e travolge tutti. Di qui la decisione di opporsi, di lottare contro l'Esecutivo. A Berlusconi che a Barcellona ha minacciato una guerra ancora più dura al sindacato, Cofferati ha risposto senza paura, richiamandolo però all'esigenza di rispettare gli interlocutori. «Non è la prima volta - ha detto - che da parte del Governo c'è un atteggiamento irrispettoso verso le persone che lottano e manifestano: non sono sempre battute, a volte sono atti di esplicita ostilità». Il fronte della protesta comunque si allarga. La Fiom ha proclamato per sabato prossimo, in concomitanza con la manifestazione della Cgil a Roma, uno sciopero nazionale di otto ore. In più si moltiplicano gli scioperi spontanei. Ieri per esempio per oltre un'ora sono stati bloccati i cancelli alla Fiat di Pomigliano d'Arco. Un'assemblea per discutere del 18 è stata fatta anche nella fabbrica di Arzano del presidente della Confindustria, Antonio D'Amato. E si allarga anche il fronte delle alleanze. Dalla parte della Chiesa cattolica un altro segnale. L'arcivescovo di Napoli, Michele Giordano, ha detto incontrando dei lavoratori che «lo scontro sociale non giova né ai lavoratori, né alle imprese: per questo ha auspicato una ripresa del confronto sgombro da pregiudiziali, ricordando che «la concertazione è un bene da difendere a ogni costo». Un approfondimento e un chiarimento nella maggioranza sono stati chiesti da Bobo Craxi. Altrimenti, ha detto, sarà difficile «per i socialisti eletti nella Cdl dare un sostegno aperto e convinto».
Massimo Mascini

Martedí 19 Marzo 2002

Close menu