Acqua pubblica mai così tante firme per un referendum
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Sono un milione e 400 mila: più che per il divorzio
Se va in porto potrebbe essere il referendum con il maggiore sostegno popolare della storia italiana: parliamo di quello che vuole riportare la gestione dell’acqua sotto il controllo pubblico, e che ha raccolto un milione e 400 mila firme, centomila in più di quello sul divorzio del 1974, finora il più gettonato.
A promuoverlo è stato il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, a cui hanno aderito circa trecento sigle dell’associazionismo laico, cattolico e ambientalista, più decine di comitati territoriali. Un movimento, dunque, senza partiti e senza il sostegno mediatico delle grandi testate giornalistiche.
Nonostante questo, dal 25 aprile fino al primo luglio, disseminando banchetti in ogni angolo del paese, il Forum è riuscito a raccogliere l’invidiabile cifra di 1.401.492 firme che, disposte in appositi registri e imballate in decine di scatoloni, sono state affidate ieri mattina alla Suprema corte di Cassazione, affinché le controlli e ne stabilisca la validità.
I quesiti su cui il Forum invita gli italiani ad esprimersi sono tre e vanno tutti nella direzione della pubblicizzazione del bene acqua. Due quesiti riguardano la legge 152 del 2006, voluta dal centrosinistra, che affidava la gestione dell’acqua a soggetti privati (anche se a capitale pubblico di maggioranza), l’altro quesito chiede invece l’abolizione della più recente legge Ronchi (133 del 2008) che perfeziona questo carattere privatistico dei beni idrici. Sul banco degli imputati - quindi - ci sono sia il governo Prodi che quello Berlusconi ed entrambi gli schieramenti politici maggiori.
«Il grande consenso di pubblico che la nostra iniziativa ha riscosso - spiega Simona Savini, del comitato promotore - sta a indicare che il problema è molto sentito e che le modalità con cui i partiti hanno affrontato la questione acqua non è quella condivisa dalla popolazione». Tant’è - confermano al comitato - che a firmare sono andate persone di tutti gli orientamenti politici e, specie in Lombardia, vastissimo sarebbe stato l’elettorato leghista, stando alla valutazione dei responsabili locali della raccolta firme, che conoscono le persone del posto.
Ora questa valanga di firme stazionerà per alcuni mesi negli uffici del vecchio Palazzo di Giustizia di Roma, sede della Cassazione, in attesa che la suprema corte si pronunci sul raggiungimento (pressoché scontato) di almeno 500 mila firme valide. Poi la parola passerà alla Consulta che, entro febbraio, dovrà dire se i quesiti sono ammissibili e se, quindi, si dovrà procedere alla consultazione elettorale nella primavera successiva. In tutto questo i partiti che siedono in parlamento sono stati in rigoroso silenzio. Ieri Ermete Realacci, ambientalista del Pd, ha rotto gli indugi e ha tuonato contro la legge Ronchi, dicendo così come intende votare. Il leader dei verdi Angelo Bonelli, schierato con i referendari da sempre, ha addirittura indicato le elezioni amministrative della prossima primavera come la data utile anche per questa consultazione. E’ scontato che il governo - fieramente avverso a questo referendum - farà muro contro questa ipotesi. Per intanto - chiedono i referendari - in attesa della consultazione, si dia lo stop alle norme applicative della legge Ronchi.