15/3/2002 ore: 10:42

Art. 18, licenziamenti più facili

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VENERDÌ, 15 MARZO 2002
 
Pagina 10 - Economia
 
Art. 18, licenziamenti più facili
 
D´Amato plaude. Prodi: non toccate le conquiste sociali
 
 
 
Il Consiglio dei ministri approva le modifiche allo Statuto dei lavoratori e apre un tavolo per rivedere le tutele
Umberto Agnelli: con lo scontro sociale addio alle riforme. Rutelli e Fassino: batteremo la vostra arroganza
 
RICCARDO DE GENNARO

ROMA - «L´articolo 18 si tocca». Il consiglio dei ministri ha varato ieri la nuova delega di riforma del mercato del lavoro, che è pressochè la fotocopia di quella approvata il 15 novembre scorso, attualmente «congelata» al Senato. Come dire che quattro mesi di «tavolo», più virtuale che reale in verità, sono stati inutili. Il provvedimento (si tratta di un emendamento correttivo dell´articolo 10 del disegno di legge delega) conferma la sospensione per quattro anni - ma è possibile una proroga - della norma che tutela da un licenziamento senza giusta causa per tre tipologie di lavoratori: quelli delle aziende che emergono dal «nero», i nuovi assunti delle piccole aziende che salgono sopra la soglia dei 15 dipendenti, i giovani ai quali il contratto a termine viene trasformato in tempo indeterminato (l´unica sostanziale novità rispetto alla prima versione della delega è che quest´ultimo caso sarà limitato alle regioni del Mezzogiorno, Abruzzo e Molise comprese).
Il governo ha dato dunque il via libera ai licenziamenti individuali senza giusta causa, sostituendo l´obbligo di reintegro del lavoratore con un semplice risarcimento monetario. È passata la linea dura decisa nel vertice notturno di lunedì scorso nell´abitazione romana del premier Berlusconi perché non si potesse parlare di arretramento di fronte ai «veti di Cofferati». Ora l´articolo 18 non è più un tabù, la breccia che facilita i licenziamenti individuali è aperta, viene sconfitto il partito dei «mediatori» con Cisl e Uil, guidato dai «centristi» dell´Udc e dalla destra «sociale» di An, mentre vince la troika Maroni-Tremonti-Marzano.
L´esecutivo ha rinunciato ad inserire nella delega il progetto di uno Statuto dei lavori, che dovrebbe rimodulare tutele e diritti per tutti i lavoratori, dipendenti e precari, ma ha deciso di costituire una commissione a Palazzo Chigi per la predisposizione del testo. A questo proposito, il ministro Maroni convocherà la prossima settimana le parti sociali per informarle che la delega riprende il suo cammino parlamentare e per invitare imprenditori e sindacati (questi ultimi impegnati piuttosto nella proclamazione di uno sciopero generale unitario, presumibilmente per il 19 aprile e al quale aderirà anche l´Ugl) a partecipare a un tavolo sul nuovo Statuto.
La «manovra» del governo Belusconi non sembra convincere il presidente della commissione europea Romano Prodi, il quale - in riferimento alle riforme del mercato del lavoro sollecitate dall´Unione europea - avverte: «Non si tratta certo di scardinare i diritti dei lavoratori, ma di costruire un nuovo sistema di sicurezza, deve essere un passo avanti, non uno indietro. Il nuovo mercato non nasce punendo i diritti dei lavoratori e credo che nessuno pensi a un mercato del lavoro selvaggio: se noi la pensassimo così saremmo solo dei conservatori e sbaglieremmo tutto».
Mentre i sindacati parlano di «emendamento addirittura peggiorativo», poichè «a parte l´incredibile discriminazione nei diritti, licenziare al Sud, dove c´è alta disoccupazione, è più grave che farlo nel Nord dove è molto più facile trovare un altro lavoro», il governo incassa il plauso degli industriali. «Finalmente nel nostro Paese comincia un processo di riforme per dare più competività alle imprese e maggiore occupazione ai giovani», esulta il numero uno della Confindustria, Antonio D´Amato. Più cauto Umberto Agnelli, il quale teme invece il rischio che l´assenza di un accordo sui licenziamenti e il conseguente deterioramento del clima sindacale rendano più difficili le riforme del mercato del lavoro, giudicate «necessarie e chieste da più parti». Pesante il giudizio del segretario dei Ds, Piero Fassino: «È un atto di arroganza e di disprezzo verso milioni di lavoratori dipendenti». Francesco Rutelli dice che l´Ulivo darà battaglia, mentre il leader di Rifondazione, Fausto Bertinotti, definisce l´attacco all´articolo 18 «una scelta di rottura sociale così grave che non era scontata neppure per un governo di centro destra».

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