Avvocati, scatta il caro-previdenza Minimo a 2.100 euro
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MILANO — La crisi, i licenziamenti, le tariffe dimezzate e la concorrenza feroce. Ma il caro previdenza no. Quello non l’avevano messo in conto gli avvocati italiani che hanno dovuto confrontarsi con gli effetti della riforma della previdenza forense entrata in vigore da gennaio di quest’anno.
Il primo dato, d’impatto, è quello di un aumento di almeno 300 euro (da 1.800 a 2.100) effettuato sui versamenti minimi, un’aliquota passata dal 12 al 13 per cento e destinata a salire al 14 l’anno prossimo. Una «stangatina» che si abbatte sulle spalle già provate della categoria. «Riteniamo fosse il meglio che potessimo fare— obietta Marco Ubertini, presidente della Cassa forense — la riforma è obbligatoria per legge, abbiamo rifiutato di passare al sistema contributivo, che avrebbe dimezzato le pensioni, abbiamo mantenuto il sistema retributivo ma abbiamo dovuto adottare delle riforme per evitare di ritrovarci nel 2030 con il primo saldo negativo che ci avrebbe messo poi nelle condizioni di non riuscire più a pagare le pensioni». Il risultato però è un aumento dei minimi previdenziali per i tanti giovani che stentano ad arrivare a fine mese e per le tantissime donne che continuano a guadagnare, in media, il 20% in meno degli uomini. «È vero abbiamo chiesto un sacrificio— ammette Ubertini — ma non a una sola categoria, abbiamo distribuito gli sforzi a tutte le fasce d’età. Ai giovani abbiamo anche concesso di pagare il contributo minimo al 50% nei primi 5 anni di attività. Si tratta di un patto generazionale in cui viene elevata l’età pensionabile e in cui viene chiesto anche agli avvocati in pensione, ma in attività, di aumentare il proprio contributo di solidarietà senza averne niente in cambio. Il vero problema rimane quello di recuperare almeno una parte di quegli avvocati iscritti all’ordine che non versano alla cassa forense».
E non si tratta di un problema marginale, considerato che gli «avvocati fantasma» sono circa 75 mila e sbilanciano il rapporto tra chi è in attività e i pensionati. Attualmente per 5 avvocati che lavorano ce ne è uno in pensione. La prospettiva 2040 è un insostenibile rapporto 1 a 1. Però una drastica riduzione degli avvocati non conviene neppure alla cassa forense. Eppure, l’azione combinata della riforma previdenziale e di quella dell’ordine potrebbe produrre l’uscita dal mercato di 50 mila avvocati. «Ma non per colpa nostra: in un mercato in cui i contenziosi restano stabili e il numero degli avvocati continua amoltiplicarsi, la fetta di torta da spartirsi non può che assottigliarsi». E per molti non ce n’è più.