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Barista uccisa a Brescia, polemica sui clandestini

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Venerdì 5 Gennaio 2001
italia - politica
Barista uccisa a Brescia, polemica sui clandestini

ROMA. Uccisa a coltellate, per 300mila lire, da un marocchino. La vittima, Caterina Ferrari (52 anni), gestiva da dieci anni un bar nel centro di Vobarno, in Provincia di Brescia. E il ventunenne Abdherraim Nor, fermato dai carabinieri poco dopo la mezzanotte di ieri con il coltello ancora grondante sangue, è entrato clandestinamente nel nostro Paese da poche settimane. Ce n’è abbastanza per scatenare, oltre al dolore e alla rabbia della gente del posto («i parenti ringraziano lo Stato italiano», era scritto ieri mattina in un biglietto fissato su un mazzo di fiori davanti al bar della vittima), anche un’aspra polemica politica sui problemi della sicurezza e dell’immigrazione.

«Stia attenta la sinistra — sbotta Roberto Calderoli, segretario della Lega lombarda —. Ci pensino i ministri, i sottosegretari e i candidati dell’Ulivo quando girano per il Nord con le loro auto blu. Perché la misura è colma». La colpa, secondo Calderoli, è tutta della legge sull’immigrazione targata Ulivo: «Questi sono i risultati della Turco-Napolitano, delle sanatorie, della politica della sinistra che ha bisogno dei clandestini come serbatoio di voti per i prossimi anni. Non ho paura di dire — è la conclusione — che capisco chi, sull’onda dell’emotività, pensa di difendersi da solo». E intanto il numero due della Lega Roberto Maroni annuncia che una proposta «molto dura» in tema di immigrazione sarà presentata nei prossimi giorni dal Carroccio.

Più pacato il commento del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Che però punta lo stesso il dito contro le politiche sulla sicurezza del Governo. «L’omicidio della barista di Vobarno è purtroppo un’altra dimostrazione del fatto che nel nostro Paese, e specie in Lombardia, il problema dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini non è affatto risolto — ha detto Formigoni —. Da tempo andiamo chiedendo un utilizzo maggiore di uomini e mezzi».

Rischieste di risposte concrete («restringere le maglie dell’immigrazione» e «intensificare l’opera di vigilanza nei piccoli centri») vengono anche dalla Confcommercio. Tenta di riportare l’episodio di ieri dentro i confini di un caso di omicidio per rapina, invece, il procuratore della Repubblica di Brescia Giancarlo Tarquini: si tratta di un reato — ricorda — che «non è caratteristica di un particolare gruppo etnico». E un invito a valutare l’episodio «per quello che è» viene anche dal neoprefetto di Brescia Maria Cancellieri.

Ma intanto è allarme sicurezza anche sul fronte scarcerazioni "facili". Questa volta, però, la causa non è la scadenza dei termini di custodia cautelare: 10 dei 59 arrestati in un’operazione coordinata dalla Procura di Busto Arsizio (Varese) contro una banda che trafficava in stupefacenti in tutta Italia sono liberi a causa di una pagina mancante delle 1.565 che componevano l’ordinanza di custodia cautelare. E il caso finisce al Consiglio superiore della magistratura: il consigliere laico (Verdi) Eligio Resta chiederà l’apertura di un fascicolo sulla vicenda per «verificare che cosa è successo».

R.I.

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