Berlusconi: si può rivedere l'articolo 18 «Se si fa un grande accordo, potremo discutere contenuti e tempi»
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ROMA - «Una relazione che condivido, non perché di parte, ma perché è di buon senso, ciò di cui il Paese ha bisogno». Silvio Berlusconi ha sentito le parole di Antonio D'Amato, il suo invito al dialogo per le riforme, nell'interesse dell'Italia. Il presidente del Consiglio si appella al "buon senso" e coglie la palla al balzo per rilanciare sul dialogo sociale: «Si potrà andare anche oltre l'articolo 18, si dovranno riaprire i negoziati. Con tutto il buon senso possibile, procederemo per il bene di tutti». Buon senso, quindi, che sta a significare la necessità di affrontare i problemi della competitività dell'Italia, di fare le riforme per ridurre la pressione fiscale, il rispetto dei parametri di Maastricht, la crescita delle imprese e dell'occupazione. Berlusconi lo dice agli industriali e lo ripete in televisione, a "Porta a porta". Sull'articolo 18 parla in modo più esplicito di come aveva fatto in mattinata, all'assemblea della Confindustria: «Possiamo ritardare l'approvazione della riforma e, nel caso di un accordo generale, non escludere una revisione della riforma presentata». Ma questo non va interpretato come un rallentamento delle riforme. Anzi: «C'è una marcia avanti assoluta, abbiamo le idee chiare e faremo ciò che è possibile», dice Berlusconi. Un «laurà della Madonna», gli scappa detto, una frase che qualcuno nel pomeriggio gli contesta. Ma in Confindustria il presidente del Consiglio si sente in casa, tra i «colleghi imprenditori», a tal punto che rompe l'etichetta e da del tu al presidente D'Amato. Berlusconi non è insensibile ai richiami degli industriali che sono stanchi di annunci. «Ma abbiamo dovuto scontare il male di un assetto istituzionale che ha dato al Paese 57 Governi in 50 anni». Il Governo della Casa delle libertà, promette Berlusconi, non «galleggerà», come quelli precedenti, ma farà gli interventi necessari, nell'arco della legislatura. Ci sono molte resistenze soprattutto da parte della burocrazia, ha ricordato il presidente del Consiglio, che impediscono di andare più veloce, ci sono i vincoli della finanza pubblica, il rispetto delle regole Ue. «Avremmo già voluto ridurre le tasse, ma ci siamo trovati un extra deficit di 37mila miliardi di vecchie lire», ha ripetuto il premier. Confermando che la pressione fiscale calerà e che a partire dal 2003 scenderanno sia Irpef che Irpeg. «Volevamo fare cinque moduli in cinque anni, faremo quattro moduli in quattro anni, tenuto conto che vogliamo rispettare il pareggio di bilancio nel 2003». Resta confermata la promessa di aliquote fiscali del 23 e del 33% per l'Irpef entro il 2006. Per recuperare il costo per interessi sul debito, valutato dal Governo in 150mila miliardi di vecchie lire, Berlusconi pensa ad altri introiti, ad esempio l'Iva. Il taglio delle tasse, dice Berlusconi, potrà essere fatto solo in due modi: meno spese e più sviluppo. Per realizzare queste due condizioni occorrono le riforme: «Il cantiere è aperto, affronteremo ciò che è necessario, ce lo chiede il mercato e ce lo chiede l'Europa». Per questo l'appello al buon senso e al dialogo tra le parti. «I sindacati devono abbandonare le posizioni politiche e ideologiche», dice Berlusconi, riferendosi in particolare alla Cgil e al "18". «Con le modifiche vogliamo creare posti di lavoro», aggiunge il premier a "Porta a porta", aggiungendo che d'ora in avanti ci sarà una regia a Palazzo Chigi per i rapporti con il sindacato. L'intenzione è di tenere sotto controllo i costi: «Le cose andranno decise tutte insieme, per il pubblico impiego il Governo ha dato molto e il sindacato l'ha già dimenticato». Sull'occupazione ci sono già buoni segnali: a marzo risultavano 371mila nuovi posti. «Ad oggi contiamo di essere a quota 400mila e in cinque anni se ne realizzeranno più di 1,5 milioni», afferma il premier, aggiungendo che «non siamo mai stati ad un tasso di disoccupazione poco superiore al 9 per cento». Se il rientro dei capitali dall'estero ha dato buoni risultati, con un rientro di 44mila miliardi di lire e previsioni di 100mila miliardi, Berlusconi ammette che la legge sul sommerso non ha dato risultati del tutto positivi (per le pensioni, Berlusconi ha affermato che sono aumentate per 1,5 milioni di persone su 2,2 e che gli altri avranno il recupero dal primo gennaio). I mancati introiti non creeranno problemi di bilancio, dal momento che il Governo non ci contava in modo determinante. «È una situazione che non si può risolvere su due piedi, ci sono imprese parzialmente sommerse, con la legge abbiamo provato a migliorare la situazione». Resta il fatto, ha detto Berlusconi agli industriali presenti a viale dell'Astronomia, che la classe imprenditoriale è «creativa e capace di sacrificio», ed è impegno del Governo offrire gli strumenti per renderla competitiva. Berlusconi ha anche invitato gli imprenditori ad investire all'estero e il Governo si adopererà per dare all'Italia un peso adeguato a livello internazionale. Su questo punterà la riforma della Farnesina: «Quando il progetto sarà avviato non avrò più l'esigenza di sacrificarmi per il doppio incarico». Niente rimpasti, per ora. Se la maggioranza litiga è solo per avere visibilità: nella sostanza, sono tutti d'accordo. Nicoletta Picchio Venerdí 24 Maggio 2002
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