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Brescia, rumor di sciabole in Cgil

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    mercoledì 4 luglio 2007

    Pagina 11 - CAPITALE & LAVORO

    Brescia, rumor di sciabole in Cgil
      Precipita il conflitto tra
      la Camera del lavoro e la Fiom:
      a rischio una delle esperienze
      sindacali più importanti d'Italia.
      Ma contrattazione in fabbrica e
      soggettività politica devono interagire

      Loris Campetti
        C'è un luogo, nel profondo Nord, che da decenni ricopre un posto speciale nell'immaginario della sinistra italiana. E' la Camera del lavoro di Brescia, punto di riferimento e di elaborazione praticamente di tutti i nuovi approcci alla politica e alla costruzione di diverse relazioni sociali, nelle fabbriche e nel territorio. Quassù, dove i lavoratori dipendenti sono oltre mezzo milione e gli operai metalmeccanici più di centomila, sono stati sottoscritti accordi sindacali importanti per l'insieme del movimento operaio italiano. Quassù, la Camera del lavoro è un punto di riferimento anche per chi un lavoro non ce l'ha ancora, o non ce l'ha più, per i precari, per gli immigrati molti dei quali occupati nelle fonderie e in tante altre fabbriche della provincia. La Camera del lavoro si è aperta ai movimenti sociali, fino a contaminarli e a contaminarsi con essi. Nella città della strage di piazza della Loggia, 28 maggio 1974, la Cgil si è aperta alla politica, è stata e rimane soggetto politico autonomo e indipendente. Quassù, alla guida della Camera del lavoro e della Fiom si sono succeduti segretari importanti che hanno lasciato il segno. Un nome per tutti: Claudio Sabattini. Cosa capita a Brescia? Che un conflitto non di oggi tra la confederazione e la categoria dei meccanici rischia di precipitare al momento del rinnovo delle cariche dirigenti della Camera del lavoro. E di liquidare una delle esperienze più avanzate del sindacalismo italiano. In questo scontro che non richiama certo i momenti migliori della storia del movimento sindacale e della sinistra, si intrecciano dinamiche e dissidi personali e persino familiari di cui non ci occuperemo, tentando di contribuire a riportare il confronto su un terreno strettamente politico. Lo dobbiamo ai tanti compagni e lettori del manifesto , dentro e fuori la Cgil e la Fiom, nella città in cui il nostro giornale è più radicato e diffuso.

        Il mandato del segretario della Camera del lavoro Dino Greco è arrivato a scadenza e nelle prossime settimane dovrà essere eletto il suo successore e, insieme, sarà rinnovata la segreteria confederale. Il candidato «naturale» proposto dal gruppo dirigente confederale uscente, Fracassi, non è però accettato dalla «destra» e dai socialisti della Cgil, ma neppure dalla Fiom. Da destra avanza la candidatura dell'ex segretario del Pci bresciano, Marco Fenaroli, sostenuto dalla segreteria regionale della Cgil e, secondo alcuni, dalla stessa segreteria nazionale della Cgil. E c'è chi teme che dietro la candidatura Fenaroli si possa intravedere il tentativo di normalizzare una Camera del lavoro considerata troppo schierata a sinistra, o almeno così considerata da chi lavora alla costruzione del Partito democratico. Anche le forze politiche della sinistra bresciana si dividono, ed è recente la decisione del segretario di Rifondazione - ed ex segretario della Fiom - Osvaldo Squassina, di rassegnare le sue dimissioni «in opposizione ai tentativi del partito di ingerenza nelle scelte di un sindacato che deve invece conservare tutta la sua autonomia e indipendenza». Squassina nega però quel che alcune voci lasciano filtrare e che vedrebbero parte del Prc in un'alleanza «contro natura» per imporre un'inversione di rotta nella Cgil bresciana.Uno scambio di lettere molto aspro tra le segreterie della Fiom e della confederazione ha determinato un ulteriore irrigidimento delle posizioni. La segretaria dei meccanici Michela Spera (eletta con il disaccordo della Camera del lavoro, e da qui sono iniziati i problemi nel rapporto tra «i due sindacati») non rilascia dichiarazioni e rinvia alla lettera della sua segreteria in cui si accusa la Cgil di Greco di «immobilismo»: «la capacità di iniziativa ridotta in capacità di organizzare convegni, si è confuso e sostituito il rapporto con i lavoratori con il rapporto con un mondo pseudointellettuale». Accuse pesanti, reiterate al termine della lettera secondo cui Greco sarebbe colpevole di aver «scelto il discredito nei confronti della Fiom e delle lotte dei lavoratori». Di conseguenza, è necessaria una «discontinuità». Lo scontro tra Fiom e Cdl bresciane era arrivato al tal punto che i meccanici avevano deciso di uscire dalla maggioranza congressuale, una maggioranza schierata a sinistra rispetto al congresso nazionale Cgil. Dall'altra parte, nel rifiutare il criterio antico «è in disaccordo dunque è nemico della Fiom dunque è nemico dei lavoratori», Dino Greco critica la politica esercitata dalla Fiom negli ultimi anni: una chiusura nelle fabbriche, trincea per trincea, in difesa della condizioni di lavoro ma rischiando di perdere il ruolo di soggetto politico, capace cioè di discutere di modello di sviluppo (la produzione di armi in val Trompia che non si sposa con le battaglie pacifiste) oppure di immigrazione, in fabbrica e nel territorio. Quassù a Brescia circola l'accusa, rivolta peraltro non solo ai metalmeccanici, di «leghismo rosso». Un fatto è certo, al di là delle rappresentazioni troppo facili: lo squagliarsi della sinistra non solo a Brescia né solo in tutto il Nord, l'abbandono delle tematiche del lavoro, hanno ridotto gli operai in una condizione di solitudine e, in qualche caso, di arroccamento. Ma proprio per questo sarebbe necessario una nuova, forte, ripoliticizzazione dell'azione sindacale. Probabilmente va intesa come un tentativo di mediazione un passo indietro da entrambe le parti - la lettera che il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, ha inviato a Dino Greco e a Michela Spera, in cui, difendendo il ruolo fondamentale della Camera del lavoro di Brescia nel dibattito anche congressuale della Cgil, si ribadiscono due punti: la richiesta al gruppo dirigente della Fiom di non stipulare alleanze in contrasto con l'esito congressuale e alla Camera del lavoro di evitare una soluzione senza, o peggio contro, la Fiom. Domani si riunisce il direttivo della Cgil bresciana, convocato per tentare di riavviare un confronto politico da troppo tempo interrotto. Ma la Cgil regionale ha deciso di forzare i tempi accelerando il processo di «rinnovamento». Al contrario, tre membri della segreteria bresciana e 7 segretari di categoria chiederanno che la parola passi agli iscritti e annunciano la presentazione di un candidato diverso da quello proposto dal «centro regolatore».

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