I dati Inail del 2002 segnano un regresso del 3,6%. Ogni anno un costo di 28 miliardi di euro In calo gli infortuni sul lavoro ma i morti sono 4 al giorno
Umbria, Marche e Emilia Romagna sono le regioni più a rischio incidente Industria e servizi: diminuzione del 3,1% sul 2001. Agricoltura: meno 9,3% LUCIO CILLIS
ROMA - La strage continua anche se il numero delle tragedie diminuisce. I morti e gli incidenti sul lavoro in Italia, secondo il rapporto annuale dell´Inail, sono in calo. I decessi dovuti a cause lavorative sono passati dai 1.438 del 2001 ai 1.397 dello scorso anno, meno 2,8%, anche se il ritmo delle sciagure resta elevatissimo con quasi 4 morti e 2.651 incidenti al giorno. Anche il numero degli infortuni risulta in diminuzione rispetto al picco del milione (1.004.380) toccato del 2001: lo scorso anno i casi sono stati 967.785, in discesa del 3,6%. Ma se i numeri sembrano confortare la tesi di una discesa generale a fronte di un aumento dei posti di lavoro, resta elevatissima la spesa complessiva generata dagli incidenti. Soltanto nel 2002 sono stati bruciati ben 28 miliardi di euro e di questa cifra, secondo l´Inail, quasi il 20% (5 miliardi) è dovuto alle conseguenze degli incidenti nel settore delle costruzioni. Un comparto dove gli infortuni totali registrati nel 2002 sono stati quasi 99.247, in calo del 2,9% rispetto al 2001; così come scendono gli infortuni mortali nel settore, passati dai 325 del 2001 ai 290 del 2002 (meno 11%) anche se restano oltre il 20% degli incidenti mortali complessivi in Italia nel 2002. L´edilizia - sottolinea l´Inail - è invece il quarto settore per pericolosità (con quasi 68 incidenti indennizzati ogni mille addetti, contro una media nazionale di 41) dopo l´industria dei metalli, l´industria della trasformazione e quella del legno. I dati diffusi dall´istituto per gli infortuni sul lavoro, guidato dal commissario straordinario Vincenzo Mungari, sottolineano che il rischio infortuni nelle piccole imprese è doppio rispetto a quello delle aziende più grandi. L´Inail segnala pure un aumento significativo degli infortuni in itinere, cioè quelli che accadono recandosi al lavoro. Nel 2002 questa tipologia di incidenti sono stati 59.318 (con un aumento del 15,7%), 313 dei quali mortali, con un incremento del 30% rispetto ai 241 del 2001. In generale, la maglia nera di settore più rischioso va all´industria dei metalli, seguito dall´industria della trasformazione e da quella del legno. Al quarto posto per pericolosità le costruzioni, anche se nel settore (come nei trasporti) c´è uno delle più alti picchi di infortuni permanenti e mortali. Molto meno rischioso è invece il settore dell´intermediazione finanziaria, seguito dall´istruzione e dall´industria del petrolio che supera per sicurezza anche il lavoro nella pubblica amministrazione. In ogni caso il calo degli infortuni è consistente nell´agricoltura, anche se l´industria, per la prima volta dopo quattro anni, registra un´insperata inversione di tendenza: nell´industria l´Inail parla di 894.653 incidenti complessivi nel 2002 (-3,1%), il primo segno "meno" dal 1998. In agricoltura nel 2002 si sono registrati, invece, 73.132 incidenti (-9,3%) un dato che risente della riduzione dell´occupazione nel comparto. In calo anche l´incidenza degli infortuni: se quella complessiva è sceso da tra il 2001 e il 2002 da 46,7 a 45,3 ogni 1.000 occupati, quella dell´industria è scesa da 45 a 43,7 e quello dell´agricoltura da 77,6 a 74,4. Passando alle regioni, quella più a rischio infortuni risulta essere l´Umbria - dove si rischia un incidente due volte di più rispetto al Lazio - seguita dalle Marche e dall´Emilia Romagna. Tra le regioni più virtuose, anche grazie alla presenza di lavoratori dei servizi, un settore meno pericoloso rispetto a quello industriale, troviamo il Lazio - con un indice di infortuni pari a 68,4, oltre il 30% sotto alla media - seguito dalla Campania e dalla Sicilia. Infine, il confronto con l´Ue. Rispetto agli altri paesi europei l´Italia si mantiene vicino alla media per numero di incidenti (4.046 casi ogni 100mila abitanti contro i 4.037 dell´Ue a 15 nel 2000) ma la performance è nettamente peggiore per quanto riguarda i casi mortali: sono 3,3 ogni 100mila occupati, contro i 2,7 della media europea. Peggio di noi in questa tragica classifica riescono a fare Lussemburgo (con 6,7 morti ogni centomila lavoratori), Portogallo (6,1), Austria (5,1), Spagna (4,7) e Francia (3,4).
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