Camusso: «Tocca al Lingotto fare un passo»
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ROMA «La Fiat faccia un passo. Vogliamo discutere di turni, produzione, stabilmenti? Siamo disponibili. Ma i diritti costituzionali dei lavoratori, il diritto allo sciopero e la responsabilità individuale sulla malattia, quelli no, non sono discutibili. Nel piano che Francesco Marchionne ha presentato in aprile la Serbia c’era, ma erano altri sia la produzione che i volumi. Da allora sono cambiate le condizioni? Ce lo spieghino. O piuttosto ci troviamo di fronte ad una rivendicazione di politiche industriali? Siccome il governo, diversamente dagli altri paesi europei, non le ha fatte, allora si usano i lavoratori come ostaggi? Non è certo una strategia da grande Paese e nemmeno da grande multinazionale».
Susanna Camusso, vicesegretario generale vicario della Cgil e tra i candidati a diventarne il leader dal prossimo settembre, non è tipo da usare i toni intransigenti di Maurizio Landini. Ma alla vigilia del vertice convocato mercoledì dal ministro Sacconi, fissa alcuni paletti.
Che spazio c’è per un “disgelo”?
«Non è difficile. Da un lato ci auguriamo si farà finalmente chiarezza su fabbrica Italia e sul piano industriale. Certamente, non è cosa che si possa inventare di giorno in giorno. Nessuno pretende che si passi di colpo a produrre 1,4 milioni di vetture mentre la crisi è ancora in corso. Ma se ci sono novità che determinano cambiamenti rispetto al piano industriale, è buona regola chiamare sindacati e governo. E non, fare annunci in conferenze stampa dall’altra parte dell’oceano».
E’ proprio questo il punto: non le pare che l’equazione Fiat-Torino-Italia non regga più? Che il Lingotto si muova in una logica ormai internazionale?
«La Fiat è una grande multinazionale che dovrebbe avere la testa in Italia. Lo sono gli altri gruppi automobilistici esteri tanto che i governi Sarkozy, Merkel, Obama hanno determinato politiche industriali molto significative per questo settore, colpito dalla crisi».
Non sarà che l’intesa con Chrysler spinge la Fiat a stringere i tempi?
«L’obiettivo di Marchionne sono i 6 milioni di vetture? Qual è la proporzione tra l’Italia e il resto del mondo? Vedo ampliarsi il vuoto tra la bassa gamma in Italia e l’alta gamma negli Usa».
Eppure il sindaco di Torino vede anche lui un problema-Paese...
«Il solo che vedo è il problema di un governo che pensa che la politica industriale non esiste».
Marchionne non si ferma:per Pomigliano si va verso la Newco .
«Appare come un’operazione anti-dissesnso. Sarebbe molto più ragionevole riaprire il tavolo, non è dimostrato che la produttività cresce con la riduzione dei diritti dei lavoratori. Anche Cisl, Uil, Ugl erano contrari ad una società separata. Hanno forse cambiato idea?».