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Lunedì 24 ottobre 2005
Grande distribuzione Un anno fa, a 79 anni, il fondatore è tornato al comando. Ma la scarsità di tempo avvicina sempre più la vendita
Casa Caprotti. Esselunga, intesa corta
di Maria Silvia Sacchi
Alla fine, il punto sta tutto lì, in quel rapporto ruvido tra padre e figlio che, anziché sciogliersi con il passare del tempo, è diventato ogni giorno più faticoso, fino al non parlarsi più. Situazione non infrequente, che diventa ancor più dirompente in una famiglia speciale come quella che ha originato un’impresa; e, soprattutto, se quell’impresa si chiama Esselunga. Cioè uno dei (rari) gioielli della grande distribuzione italiana che, per il resto, ha spalancato le porte ai gruppi stranieri.
Parlare di Esselunga - in queste settimane di voci di una sua prossima vendita - significa parlare di Bernardo Caprotti, il fondatore, e del suo figlio primogenito Giuseppe. Perché è solo attraverso un’intesa tra padre e figlio che può aver fine il dissidio che da due anni agita la società e che, se non ricomposto, finirà per portare anche questo gruppo in mani estere: in quelle degli amici inglesi di Tesco, dal modello di business così simile, o in quelle degli altrettanto amici spagnoli di Mercadona. Da tempo, come l’americana Wal-Mart, cercano di comprare la società italiana.
Senza un riavvicinamento padre-figlio - si ragiona - come sarà possibile che Bernardo ceda l’azienda alla cordata italiana, raccolta da Investitori Associati, che si è detto si sarebbe proposta in questi ultimi tempi e vedrebbe tra i partecipanti Giuseppe (sostenitore dell’italianità di Esselunga) e che avrebbe un possibile sbocco in Borsa? In questo momento nessuno è disposto a scommettere sul riannodarsi delle fila del discorso. Ma chissà.
Variabile tempo. Bernardo Caprotti considera Esselunga la sua vita. Ma lui ha compiuto 80 anni due settimane fa e sa benissimo che deve decidere in fretta. E a decidere sarà lui, «non lascerà - si sostiene - che Esselunga vada alla deriva». Bernardo ha tre figli, Giuseppe e Violetta dal primo matrimonio, Marina (forse quella che, per carattere, più gli somiglia) dal secondo. Disporrebbero del 33% ciascuno del capitale, ma con usufrutto al padre del 51%. Tutti e tre siedono in consiglio di amministrazione. Giuseppe, 45 anni a dicembre, è il figlio maschio, e spesso nelle imprese, soprattutto le più tradizionali e/o tradizionaliste, è il figlio maschio a raccogliere il testimone quantomeno della gestione aziendale. Così è stato fino al gennaio 2004, quando Bernardo ha messo alla porta gran parte dei dirigenti.
Il terremoto del 2004. L’intera prima linea è stata azzerata tra gennaio e marzo. La causa? Una «congiura» contro padre e figlio, ha detto Bernardo. Ma Giuseppe si è dimesso da amministratore delegato per «coerenza»: quegli uomini riportavano a lui. Alcuni di loro sono stati licenziati in tronco, altri hanno accettato di andarsene, in molti hanno fatto causa, e alcune di queste cause ancora sono in corso. L’unico documento a cui si può fare riferimento per capire i motivi è il bilancio Esselunga: «Fin da gennaio l’azienda ha preso drastici provvedimenti finalizzati al taglio dei costi (...), alla valorizzazione di quelle professionalità delle quali è ricca (...), e nel ripristino di quei valori etici e di comportamento sui quali da sempre si è basata la sua rinomanza». La parola di Bernardo. Ora bisogna aspettare la parola dei giudici.
Famiglia e caratteri. Imprenditori geniali come Caprotti non possono che avere un carattere forte. Bellissimo, se li si guarda dall’esterno. Una fatica, se quell’imprenditore geniale è tuo padre. Quando poi ci sono due matrimoni, di solito la situazione si complica ancora di più, a maggior ragione se ci sono in gioco patrimoni rilevanti. E se, infine, ci sono anche differenti idee sul business, può diventare irreparabile. Bernardo ha dalla sua una storia di indiscutibile successo, ma è rigido, chiuso. Giuseppe deve ancora dimostrare fino in fondo quel che sa fare e come tutti i giovani ha una visione più aperta. Si deve a lui, per esempio, l’accento sul biologico, sulla comunicazione, sull’e-commerce. Fonti di perdite per il padre, che tornato alla guida ha tagliato le spese di marketing e pubblicità da 52 a 37,2 milioni, ridotto il prezzo di 8mila articoli, bloccato il piano di crescita dell’e-commerce. E’ invece migliorato il clima col sindacato, tanto da consentire la firma del contratto di gruppo.
Strategie e futuro. Dal personale al commerciale, dal marketing alla finanza, dalla qualità ai premi-fedeltà, dalla produzione alle vendite: tutta l’azienda è stata toccata dal cambio dei dirigenti del 2004. Un problema non solo per le persone coinvolte, ma anche per Bernardo e la società. Riprendere il timone a 79 anni non è uno scherzo di per sé, ma farlo dovendo ricostruire il management in un colpo solo, per giunta in un periodo di crisi di mercato, è impresa ardua davvero. Ed è questo uno dei punti a cui si guarda oggi. Perché un forte aiuto sul management potrebbe venire da fuori. Ma questo significherebbe, appunto, una vendita. Tra le azioni messe in atto da Bernardo, due indicano la direzione: la concentrazione delle attività commerciali in una società e lo scorporo degli immobili. Su una cosa tutti sono concordi: «Chiunque dica di sapere cosa ha deciso Caprotti, mente. L’unico che lo sa è lui».
I nuneri
A fine 2004 erano 124 i punti vendita, 4,2 miliardi i ricavi, 200,3 milioni gli utili operativi e 133 milioni quelli netti. 20 milioni il dividendo e 4,6 milioni il compenso ai onsiglieri. Dalla scissione tra i rami commerciale e immobiliare nascono due società con un patrimonio di 439,8 e 497 milioni di euro
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