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Cdo e Legacoop, interinali cattive

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    sabato 16 luglio 2005


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      Cdo e Legacoop, interinali cattive
        Gli abusi antisindacali di «Obiettivo lavoro», agenzia delle due associazioni. Male anche «Worknet», ex Fiat
          MANUELA CARTOSIO
          MILANO
            Dietro i colossi multinazionali Adecco e Manpower, il terzo posto nel mercato della somministrazione di lavoro temporaneo se lo contendono le italiane Obiettivo Lavoro e Worknet. Continuiamo a chiamarle «agenzie per il lavoro interinale» anche se la legge 30 ha esteso sulla carta la loro sfera di attività. Il «vecchio» interinale costituisce ancora il 99% del fatturato di Adecco Italia che ha assunto a tempo indeterminato solo un centinaio di persone da offrire in staff leasing, una delle novità potenzialmente più dirompenti contemplate dalla legge «Biagi». «Senza consenso sociale» - ammette la multinazionale franco-svizzera - la domanda di staff leasing non decolla. Ci occupiamo di Worknet e di Obiettivo lavoro perché, pur venendo da storie molto diverse, le due società stanno riservando ai loro dipendenti, in particolare a quelli iscritti al sindacato, un trattamento piuttosto ruvido.
              Worknet nasce come agenzia della Fiat per fornire interinali alle aziende del gruppo e dell'indotto. I risultati non sono brillanti e il Lingotto, oberato dai debiti, mette in vendita l'agenzia. I big del settore rispondono picche e, sei mesi fa, Worknet se la compra (per 5 milioni di euro, pare) il professor Stefano Colli Lanzi, docente a contratto all'Università Carlo Cattaneo di Castellanza. Colli Lanzi è già titolare della Generale Industrielle, piccola agenzia con 126 dipendenti. Sommati ai 220 di Worknet, risultano troppi per un'agenzia che non vuole pestare i calli alle «grandi» ma ritagliarsi una nicchia di mercato: poca visibilità, politica dei piccoli passi, un portafoglio clienti d'aziende di modeste dimensioni.
                Il professore apre le procedura di mobilità per 57 dipendenti. Molti lavoratori, per reazione, si iscrivono al sindacato. Su di loro - racconta Massimo Nozzi, segretario della Filcams Cgil nazionale - Worknet concentra le «pressioni» perché se ne vadano. Offre quattro mensilità in cambio delle dimissioni, otto pur di liberarsi della rappresentante sindacale della sede milanese di Worknet. Altra tattica di «persuasione», i trasferimenti a capocchia, al solo scopo di rendere impossibile la vita ai dipendenti: alcuni fanno causa, altri accettano la buonuscita. Ai più «riottosi» l'azienda arriva a proporre un incentivo di 11 mensilità. Risultato: gli esuberi si sono ridotti a 22 unità. Previsione: tra una settimana, quando si chiuderanno le procedure di mobilità, alla Worknet non ci saranno più iscritti al sindacato, «meno che mai rappresentati sindacali», dice Nozzi. Oltre che dei sindacalizzati, l'azienda si sarà «liberata» dei dipendenti con più alta professionalità e più lunga esperienza, in particolare donne. «Una bella contraddizione per un'agenzia che dovrebbe insegnare come si valorizzano le risorse umane».
                  Donne sotto tiro anche a Obiettivo lavoro, 540 dipendenti (80% donne), 150 sportelli, 300 milioni di euro di fatturato. Dal 2003 Ol è una Spa controllata da un patto di sindacato tra Lega delle cooperative e Compagnia delle opere, le due socie fondatrici. Alla trasformazione in spa si è accompagnato un rimescolamento del management e delle zone di influenza. In Lombardia, la piazza più importante per Ol, «comanda il clan della CdO e la Lega delle coop sta a guardare». Così fotografa la situazione un lavoratore che chiede l'anonimato ed esibisce come «prova» il recente comunicato delle tre rappresentanti sindacali della sede di Milano, molto «preoccupate» per quel che sta succedendo in Lombardia: «L'azienda sta imponendo trasferimenti, preannunciati con ristrettissimo preavviso, anche a danno di nostre colleghe in stato di gravidanza o al rientro dalla maternità. Ci sembra un atteggiamento profondamente lesivo delle nostre professionalità e contrario a quanto concordato nell'ultimo incontro territoriale, quando, solo due settimane fa, si parlava dell'importanza di evitare "l'effetto sorpresa", di mantenere un clima collaborativo, d'informare preventivamente il sindacato».
                    La nostra fonte elenca 3 operatori di filiale costretti a dimettersi, una mezza dozzina di trasferimenti «stupidi, fatti soli per creare disagio, un caso di mobbing «vero e proprio» ai danni di una sindacalista che si è rivolta alla magistratura. «Chi è di sinistra e iscritto alla Cgil o è spazzolato via o è emarginato. Quel che fa più schifo è che se la prendono con le donne». Chi è vicino a Comunione e liberazione viene assunto a tempo indeterminato, gli altri a tempo determinato, così quando c'è da mandar via qualcuno «quelli del clan sono al sicuro».
                      Nulla da eccepire su come Ol tratta i lavoratori che affitta: buste paga e versamenti contributivi sono «puntuali e corretti». Quel che non va è il trattamento «selettivo e discriminatorio» riservato da Ol a «una parte» dei suoi dipendenti. «Perché la Lega delle cooperative, pur informata, continua a mettere i suoi soldi in un'azienda che agisce così?».
                        Avanziamo un'ipotesi: la Lega coop cerca di riportare a casa i soldi che ha sborsato per ricapitalizzare Ol. Ragiona insomma come una banca. Se si ritira da Ol, perde tutto. Ci resta, secondo la nostra fonte, «con un suo clan di bolognesi che accetta la logica spartitoria ma pesa assai meno del clan ciellino». L'alleanza tra i due clan non sembra dare grandi risultati in termini di bilancio: la quota di mercato di Ol è molto sbilanciata sulla pubblica amministrazione, dove gli appalti al massimo ribasso costringono a lavorare con margini ridottissimi. Per starci dentro occorrono grandi volumi che Ol non sembra avere. Ecco perché Worknet e Generale Industrielle stanno soffiando il terzo posto a Ol. Fosse vero - come si vocifera - che il professor Colli Lanzi è ciellino o para-ciellino, sarebbe una lotta fratricida.

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