15/3/2005 ore: 10:59

Con Maurizio «il francese» i Borletti ricominciano da Rinascente

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    martedì 15 marzo 2005

    La famiglia lombarda, che l’aveva fondata quasi cent’anni fa, per la terza volta guida e rilancia il marchio
    Con Maurizio «il francese»
    i Borletti ricominciano da Rinascente
      Sergio Bocconi
        Lo dice, oggi: «La decisione di riprendere in mano il timone della Rinascente è dettata anche dall’affetto...». Non poteva essere altrimenti. Anche perché è la terza volta. Maurizio Borletti non ha ancora compiuto quarant’anni, ma fa capire che il senso della dinastia, in questa decisione, c’è tutto.

        Per certi versi sembra un romanzo. Il ritorno di una famiglia che nel secolo della borghesia illuminata condivide manifatture, ville al lago e in città con i Falck, i Castellini, i Lepetit. E che a un certo punto decide di fare un passo «alla francese» e comprare i grandi magazzini. Così, dalla lettura di Emile Zola, Senatore Borletti trae l’ispirazione: compra gli empori «Alle città d’Italia» dei fratelli Bocconi e li fonde con i Vittoria.
          E’ proprio la realizzazione di un suo sogno. Perciò lui, che nella sua vita è stato e sarà presidente della Snia, del Linificio e Canapificio, delle macchine per cucire (chi non ricorda lo slogan di Carosello: «Borletti, punti perfetti») , della Mondadori e per anni si è anche interessato al Teatro alla Scala, incarica per il nome un «copy» d’eccezione, strapagandolo: Gabriele D’Annunzio. E’ storia: sarà la Rinascente. E’ forse storia un po’ meno conosciuta che il magazzino brucia la notte di Natale e Senatore Borletti, come ha scritto la figlia Ida, «arriva a casa coperto di fuliggine» e a tavola dice: «La Rinascente è bruciata, domani ricominciamo». Con il cognato Umberto Brustio la ricostruisce, identica.
          Appunto. Così oggi per la terza volta i Borletti, una vera dynasty che dalla Rinascente ha dato vita anche all’Upim ed è alle radici della Standa, ricominciano. Con Maurizio l’erede. Che con Pirelli Re, Investitori associati e Deutsche bank (principale protagonista e finanziatrice) si aggiudica di nuovo l’ex gioiello di famiglia. E che sottolinea subito: l’obiettivo è dare all’azienda un «profilo internazionale» e farla entrare «nel club delle industrie del lusso». Insomma, una nuova specializzazione molto «made in Italy» in un settore, la grande distribuzione, che in termini di assetti proprietari si può ben dire «in fuga» dall’Italia.
            Di industria del lusso, del resto, Maurizio ha una certa esperienza. Per la sua famiglia, vissuta sempre nella zona più parigina di Milano (quel perimetro esclusivo fra via Rovani, via Tamburini e piazzale Baracca), il colpo grosso che ha fatto parlare di ritorno agli affari è stato appunto in Francia. Dove, nel ’93, conquista la storica e blasonata casa dell’argento Christofle. Vincendo la battaglia contro i Taittinger (che dicevano perfino: «Niente italiani, il lusso è francese»). Maurizio «il francese» anche in questo caso torna alla dinastia perché nella battaglia per Christofle entra a fianco di Albert Bouilhet, suo cugino (figlio di Carla Borletti), la cui famiglia è proprietaria del marchio da sei generazioni.
              Ritorna così una famiglia imprenditoriale che in tutti questi anni ha fatto parlare di sé per svariati motivi: dal «divorzio» che nel ’67 ne ha diviso i vari rami portando con sé anche la cessione della Rinascente (che transiterà in varie mani finché, nell’84, viene rilevata dall’Ifi degli Agnelli), ai problemi legati alle mine Valsella, fino alla donazione, giunta solo in parte, a Romano Prodi e Antonio Di Pietro. Una famiglia che può di nuovo dire, dalla Rinascente: «Si ricomincia».

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