Contratti territoriali al palo
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ItaliaOggi (Economia e Politica) Numero 059, pag. 6 del 10/3/2004 di Teresa Pittelli
Al nord il 55% degli accordi tra il 1996 e il 2003 La contrattazione territoriale non decolla. Soprattutto al Sud e nei distretti industriali. Il 55% dei contratti stipulati tra il 1996 e il 2003 interessa aziende del Nord, e soprattutto settori dove il livello territoriale è da sempre forte: edilizia, agricoltura, artigianato. Pochissimo l'industria. Indispensabile, a questo punto, rivedere il protocollo del luglio '93, che fissava il baricentro della contrattazione collettiva a livello nazionale, lasciando al territorio e all'azienda una funzione integrativa dalla quale, invece, gran parte dei lavoratori italiani sono esclusi. Una linea che sembra mettere d'accordo le parti sociali, secondo le quali il 2004 potrebbe essere l'anno buono per avviare un ripensamento ormai inevitabile, visti anche i cambiamenti del mercato del lavoro. E l'introduzione della cosiddetta legge Biagi, il cui decreto attuativo non distingue tra contratti nazionali, aziendali e territoriali, e li mette tutti sull'identico piano. È quanto emerso dal convegno organizzato ieri a Roma dal Cnel, dove il vicepresidente, Francesca Santoro, e il presidente della commissione informazione, Giuseppe Capo, hanno presentato un'indagine condotta dal Cnel su 262 sedi di contrattazione e 18 distretti industriali. Dallo studio risulta che più della metà dei contratti (55%) è concentrata al Nord. Mentre al Centro e al Sud sono stati stretti solo il 23 e il 22% degli accordi. Il contratto territoriale è diffuso soprattutto nell'edilizia (38%) e in agricoltura (31%). Ma anche nell'artigianato (18%) e nell'area commercio, turismo e servizi (8%). Nell'industria, invece, dove spesso ha più spazio la contrattazione aziendale, l'incidenza è minima: 3%. La contrattazione non appare molto diffusa nei distretti, dove è più frequente la programmazione negoziata per lo sviluppo dell'area (presente in 11 su 18). - Contenuti. Prevale al 90-100% la contrattazione acquisitiva, relativa a retribuzione, tfr, integrativi e ambiente di lavoro. Mentre la contrattazione difensiva, che attiene alle tutele sindacali, è limitata al 10-15% dei casi. Inoltre le voci relative all'orario e all'organizzazione del lavoro hanno un peso maggiore sulla flessibilità contrattuale (forme atipiche, part-time, tempo determinato), spiccando nel 50-90% dei casi contro il 20-60%. Quanto alle materie più trattate, il trattamento economico la fa da padrone (90%). Molto meno pesano il lavoro delle donne (10-25%) e i diritti sindacali (5-32%). - Proposte. I ´leader' del settore sono gli artigiani, che hanno appena firmato un contratto che fa perno sulla contrattazione territoriale. ´Il contratto nazionale deve essere solo di garanzia', ha chiarito Enrico Amadei (Cna). Data la complessità del tema, non mancano le divergenze tra chi (Carla Cantone, Cgil) è a favore dell'estensione della contrattazione a nuove realtà, ´per esempio il sito produttivo in cui un'impresa madre abbia esternalizzato il lavoro all'indotto', e chi è contrario a creare nuovi vincoli (Giorgio Usai, Confindustria). Tutti d'accordo, però, sulla necessità di rivedere il modello del '93 ´entro il 2004', come propone Giorgio Santini (Cisl). |