Controversie di lavoro sul nuovo arbitrato
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I tempi, rispetto al tribunale, sono senza dubbio più rapidi: 60 giorni è la durata dell`iter. Posta così, la faccenda sembra bellissima. Eppure c`è molto altro. Si tratta dell`arbitrato nelle controversie di lavoro, una pratica incentivata (e alquanto surriscaldata) dallalegge 183/2010, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 9 novembre scorso. L`articolo 31 ("concilíazíone e arbitrato") delinea l`alternativa al giudice, mettendo lavoratore e azienda di fronte al "collegio di conciliazione e arbitrato": fallito il tentativo di conciliazione, il collegio procede con l`udienza che poi culmina nel "lodo" (così sichiamala decisione dell`arbitro). La riforma è ancora agli inizi e per ora si naviga a vista. Ma la situazione appare a dir poco increspata. «I punti critici di tutto il provvedimento sono parecchi. Anche per noi è difficile dare delucidazioni. Nella stesura della legge avrei auspicato un maggiore coinvolgimento di noi giuslavoristi: nelle audizioni abbiamo comunque fornito indicazioni (giuslavorish): importanti, "Questa legge ma avremmo è una sorta voluto fare di di confuso più, su molti minestrone" argomenti non siamo stati ascoltati», afferma Giuseppe Fontana, presidente dell`associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani, circa 1.500,gli iscritti. «Questa legge aggiunge Fontana - com`è stato trasversalmente affermato, è una sorta di confuso minestrone: la nostra associazione non ha ancora una posizione ufficiale, ne stiamo discutendo. Ma c`è un pericolo molto concreto: se all`origine del provvedimento c`era l`obbiettivo di snellire la giustizia e i tribunali, col "collegato lavoro", che lascia aperte numerose questioni, si rischia piuttosto un aumento massiccio del contenzioso. E mancano pure garanzie sull`effettiva preparazione delle figure introdotte nei collegi arbitrali». Una prospettiva, la risoluzione arbitrale delle controversie, che può diventare (mediante i commi 10 e 11 dell`articolo 31) una strada obbligata, malgrado le rassicurazioni chieste dal Quirinale circa la pienalibertà di scelta. E proprio sull`obbligatorietà, che di fatto potrebbe instaurarsi, si anima il dibattito: tutto si gioca sulle interpretazioni giuridiche applicabili alla presunta volontarietà con cui il singolo lavoratore stipulale "clausole compromissorie". Intanto si attendono le prossime scadenze: quando, se sindacati e datori di lavoro non si metteranno organicamente d`accordo, dovrebbe essere il ministro, con un proprio decreto, a decidere per quali settori e competenze prevedere l`alternativa al tribunale. Già il recente rinnovo del contratto del terziario, che è il più diffuso in Italia, ha recepito la norma, fissando alcuni criteri per le "clausole compromissorie". E appunto sull`effettiva volontarietà della loro stipula da parte del lavoratore, Fontana continua a nutrire dubbi, anche sulla scia delle osservazioni del Quirinale. «Nonostante dice - si prevedano delle commissioni di certificazione", il lavoratore si trova sempre in una posizione di asimmetria rispetto al datore di lavoro: in altre parole, è più debole e la sua effettiva volontà di firmare quelle clausole potrebbe risultare viziata all`origine». Un rilievo su cui ha insistito anche il principale sindacato italiano, la Cgil. «In generale, non siamo contrari all`istituto dell`arbitrato, anzi. Lo abbiamo previsto negli accordi del passato, purché fosse volontario e vincolato al rispetto delle leggi e dei contratti», afferma Claudio Treves, responsabile Cgil del dipartimento Mercato del lavoro. «Ma il "collegato lavoro" cambia radicalmente questo quadro: innanzi tutto, il giudizio dell`arbitro può avvenire "secondo equità", quindi prescindendo da leggi e contratti. In secondo luogo, la "clausola compromissoria" impegna non la singola lite ma l`intera possíbílítà che future liti insorgano: le parti, infatti, si impegnano a ricorrere all`arbitro per tutta la durata del loro rapporto. È una palese violazione dell`articolo 24 della Costituzione. E ci preoccupa molto il fatto che il recente rinnovo del contratto del terziario abbia recepito pari pari questa impostazione, è molto grave». Stadi fatto che. la legge rimescola, in parte, ruoli e competenze che ruotano attorno al contenzioso: un universo animato da avvocati, sindacalisti, consulenti del lavoro. Questi ultimivalutano invece con ottimismo la legge 183 /20 10: «Una tappa fondamentale», la definisce Marina Elvira Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell`Ordine dei Consulenti del Lavoro. «Per quanto riguarda l`articolo 31 della legge -aggiunge - il "collegato" non ci dà nuove attribuzioni, ma riconosce la competenza della categoria nella conciliazione e nell`arbitrato, attraverso il ruolo delle "commissioni di certificazione". Il consulente gestisce il capitale umano dell`impresa, è preparato nella contrattualistica, è capace di certificare il rapporto di lavoro e di affrontare il contenzioso. Per tale motivo è trai professionisti più adatti a operare in questo contesto».