Devolution, no di imprese e sindacati

22 novembre 2002 |
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Devolution, no di imprese e sindacati
 Confindustria boccia «i blitz sulle norme costituzionali», a scapito di riforme «prioritarie per il Paese come lavoro e fisco» Li.P.
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ROMA - Le parti sociali scendono in campo contro la devolution di Umberto Bossi. Ieri sia la Confindustria che i sindacati hanno bocciato la riforma costituzionale della Lega, ma hanno anche duramente criticato la maggioranza per il colpo d'acceleratore impresso al provvedimento "incastrandolo", in Senato, alla sessione di bilancio e facendo slittare l'esame delle due riforme sul fisco e sul lavoro. «Niente blitz sulle riforme costituzionali», hanno ammonito ieri gli industriali ma Cgil, Cisl e Uil hanno fatto di più promettendo mobilitazioni contro una riforma che mette «a rischio i diritti dei cittadini». L'opposizione alla devolution non è quindi più solo politica, in Parlamento dove l'Ulivo ha deciso un ostruzionismo sia sul testo Bossi sia sulla Finanziaria, ma anche sociale. «Le riforme costituzionali non si improvvisano», ha osservato ieri Confindustria in una nota in cui critica la maggioranza anche sulla decisione di anticipare il dibattito sulla devolution a scapito di «riforme che sono prioritarie per il Paese e per l'economia come quelle sul fisco e sul lavoro, quest'ultima ormai in dirittura d'arrivo. In un momento di congiuntura negativa dovrebbe essere prioritario fornire alle imprese, agli operatori economici, un quadro normativo di certezze che favorisca la ripresa degli investimenti e dell'occupazione». I due provvedimenti erano stati, infatti, messi nel calendario dell'Aula di Palazzo Madama per questa settimana e per la prossima, ma la decisione di martedì scorso della maggioranza di dare precedenza alla devolution li fa slittare alla fine di dicembre. Una precedenza accordata, nonostante in Senato si stia esaminando la legge Finanziaria che approderà in Aula il 9 dicembre: una data-chiave per la Lega che vuole approvare, in due settimane, la devolution. «Le riforme costituzionali non si improvvisano - si legge nella nota di viale dell'Astronomia - tanto meno quando è in gioco una questione così rilevante e delicata come è quella del federalismo, che richiede un serio progetto mirante a garantire una maggiore efficienza e trasparenza nell'ordinamento istituzionale». La preoccupazione degli industriali è per quello che potrà accadere al sistema istituzionale anche sul piano della spesa pubblica. «Non possiamo correre il rischio - dicono in Confindustria - di provocare al tempo stesso una rottura della struttura statuale, un'esplosione della spesa pubblica e un ulteriore aggravio degli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese. Non si tratta di essere favorevoli o contrari al federalismo, ma di attuarlo nei tempi e nei modi giusti. Apparecchiare in fretta una riforma fu un errore già commesso dall'Ulivo e fu fortemente criticato dal Polo. Oggi invece di aggiungere altri errori, dobbiamo preoccuparci di razionalizzare la riforma già in corso». Cgil Cisl e Uil, invece, sono pronte a scendere in piazza. «Siamo decisamente contrari alla devolution - ha detto Paolo Nerozzi, segretario confederale Cgil - che è l'inverso di un federalismo solidale, per il quale ci siamo sempre schierati. Instaura un processo di divisione dei diritti, colpisce i diritti universali e le fasce più deboli della cittadinanza sulla scuola e sanità. Siamo disposti a scendere in piazza per difenderli». E di «vicolo pericolosissimo» ha detto il segretario confederale Cisl, Giorgio Santini, che chiede «innanzitutto una riflessione sulle incongruenze del Titolo V, quindi affrontare il punto fondamentale del federalismo fiscale. La devolution ha esclusivamente un significato politico simbolico». Disponibile a una mobilitazione anche la Uil, impegnata ieri in un convegno sul federalismo. «Intanto - ha detto Guglielmo Loy, segretario confederale - chiediamo che negli statuti regionali sia prevista la partecipazione delle parti sociali quando si decide sulle tasse. Questo è vitale. Siamo pronti a fare la guerra sul fatto che sia garantita a tutti i cittadini la possibilità di studiare e di essere curati. I livelli essenziali devono essere mantenuti su tutto il territorio nazionale, da Marsala ad Aosta». |
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