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È morto il giuslavorista Giorgio Ghezzi

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    mercoledì 19 gennaio 2005
      È morto il giuslavorista Giorgio Ghezzi
        Mite e inflessibile, dalla parte dei lavoratori
          Bruno Ugolini
            L’aggettivo più ricorrente è “straordinario”. E’ un modo per definire Giorgio Ghezzi, scomparso ieri a 72 anni dopo una lunga malattia. Un uomo, un insigne giurista, dall’aspetto mite, dai modi gentili, dalla sottile ironia e, nello stesso tempo, dallo stile rigoroso, inflessibile. Così lo abbiamo conosciuto anche noi, nel corso d’innumerevoli vicende politico-sociali, quando il cronista doveva ricorrere al suo sapere, per capire meglio.
              Era nato il 17 luglio 1932 a Bologna. Laureato in giurisprudenza era stato allievo del processualista Tito Carnicini. Negli anni '60 aveva fondato la scuola bolognese di Diritto del Lavoro insieme a Federico Mancini. Ora era ordinario di Diritto del lavoro a Bologna nonchè direttore del dipartimento di Scienze giuridiche dell'ateneo bolognese. Dirigeva una delle più prestigiose riviste del settore, la "Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale", legata storicamente alla Cgil di cui Ghezzi era consulente da molti anni.
                Gli incarichi universitari e di studio s’intrecciavano alla militanza politica. Aveva sostenuto, nel 1994, i comitati per la difesa della Costituzione, voluti da don Giuseppe Rossetti. Ed era stato schierato nella difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti.
                Bologna lo aveva visto consigliere comunale e poi assessore alla cultura, negli anni Settanta, per volontà del sindaco Renato Zangheri.

                Era stato poi parlamentare del Pci-Pds per due mandati, dal 1987 al 1994, nonché vicepresidente della commissione Lavoro della Camera. E poi, dal 1996 al 2002, aveva ricoperto il ruolo di vicepresidente della Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici, presieduta da Gino Giugni. Proprio per quest’incarico gli era stata data una scorta che dopo l'omicidio di Massimo D'Antona, gli era stata tolta. Tale provvedimento aveva suscitato un certo scalpore finché, dopo una denuncia del professor Gino Giugni, la scorta gli era stata riassegnata. Una scelta non verificatasi invece, per un altro docente, Marco Biagi, poi assassinato dalle neo Brigate Rosse.
                  Un destino tragico che ha accomunato uomini diversi, tutti in amichevole rapporto tra loro. Lo stesso Marco Biagi era uno dei giovani allievi della scuola bolognese di diritto del Lavoro e, nel 1986, aveva vinto la cattedra in un concorso del quale Ghezzi era commissario. E così, non molto tempo fa, gli investigatori avevano scoperto, nel computer di Cinzia Banelli, la brigatista arrestata, proprio il nome di Giorgio Ghezzi, accanto a quello dell’economista Paolo Onofri.
                    La notizia della scomparsa dell’insigne giurista ha suscitato ovunque dolore e rimpianto. Alla Camera dei deputati ha annunciato l’evento il presidente Ferdinando Casini che ha ricordato, con poche parole, salutate da un lungo applauso, la scomparsa di ”uno dei padri dello Statuto dei lavoratori”. Il capogruppo dei Ds alla Camera, Luciano Violante, annunciando una giornata di studio da dedicare alla figura dello scomparso, ha detto fra l’altro: "Nell'impegno parlamentare la sua sottile ironia e la sua indiscussa competenza lo rendevano oratore autorevole, ascoltato ed affascinante”. E il segretario dei Democratici di sinistra Piero Fassino ha ricordato Ghezzi come “un uomo gentile e appassionato” che aveva messo “la sua alta professionalità giuridica al servizio dei lavoratori e dei cittadini". Molti sono coloro che rilevano le particolarità umane accanto a quelle accademiche, così anche Antonio Bassolino che da ministro del Lavoro aveva avuto al proprio fianco Giorgio Ghezzi, ha parlato di "un uomo colto ed arguto”, nonché maestro d’intere generazioni.
                      La Cgil con Guglielmo Epifani ha rievocato il “Maestro di diritto di generazioni di giovani studiosi, uomo di cultura, intellettuale e uomo politico della sinistra, da sempre collaboratore della Cgil”. La casa editrice Ediesse, (presso la quale Ghezzi aveva pubblicato il suo ultimo saggio) ha ricordato, con Angelo Lana e Tarcisio Tarquini, il “grande intellettuale ed innovatore instancabile”. Riemerge quell’aggettivo di cui dicevamo all’inizio, riferito ad un uomo “straordinario”, nelle parole commosse dell’ex sindaco di Bologna Renato Zangheri. E con lui si uniscono molti altri, dal presidente della regione Emilia Romagna Vasco Errani, all’assessore Duccio Campagnoli.
                        Il professor Giorgio Ghezzi lascia la moglie Silvana e quattro figli. A loro il commosso cordoglio anche del nostro giornale.

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