Edilizia, sparisce anche il Durc Mani libere ai costruttori
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Il Pdl approfitta della manovra per accelerare sul «fai da te». Monta la protesta contro la deregolamentazione in materia edilizia, che con l’abbandono dei permessi ambientali per costruire fa svanire anche il Durc, l’unico documento delle imprese di regolarità contributiva. E spunta pure l’archeocondono. Qualcuno nel Pdl (un’anima interessata?) l’ha preparato con cura: una sanatoria sotto forma di emendamento per chi possiede reperti archeologici illegittimamente. Al Belpaese mancava solo questa. Il relatore di maggioranza, Antonio Azzollini, nega recisamente la sua esistenza, il Pd (che ne è in possesso) si appella al presidente Napolitano e annuncia: «Continueremo a vigilare affinché qualche manina non lo inserisca», dice Manuela Ghizzoni della commissione Cultura della Camera, che allega anche il testo dell’emendamento circolato in questi giorni dal titolo «Disposizioni in materia di emersione e catalogazione di beni archeologici, nonché revisione delle sanzioni penali ». Perché è chiaro: «Così si autorizza il saccheggio delle necropoli e dei siti archeologici italiani».
ARCHEOCONDONO ED EVASIONE
Se l’archeocondono resta un’ipotesi devastante, in materia edilizia e dintorni quello che al momento non è stato ritirato è l’emendamento che trasfigura la Dia nella Scia, chenon è più un’autorizzazione vera e propria con tanto di sanzioni per iniziare a costruire, ma una semplice comunicazione di avvio del cantiere. E che non prevede per i lavori privati, come invece faceva la Dia, l’obbligo di allegare il Durc, che il committente deve trasmettere all’amministrazione comunale, uno dei pochi strumenti in mano allo Stato per accertare la regolarità contributiva delle imprese edili. Tradotto: non solo sarà possibile costruire senza avere i permessi ambientali,mapure evadendo allegramente (in qualche modo legittimamente) il fisco. Altro che lotta all’evasione fiscale sbandierata da Tremonti. I sindacati ne chiedono l’immediato ripristino, e lo fa anche l’Ance, l’Associazione dei costruttori edili, che tra l’altro domani
si riunisce in assemblea davanti a Berlusconi. Le domande per lui da un settore continuamente mortificato saranno tante. «È fondamentale ripristinare l’obbligo del Durc per contrastare il sommerso - dice una nota dell’Ance – Va mantenuta alta la guardia sulla regolarità delle imprese, con ogni azione necessaria a prevenire e combattere fenomeni di lavoro sommerso, soprattutto nell’attuale fase di crisi» in cui, ancor più di prima, le imprese fanno incetta di lavoratori rumeni, polacchi, africani di cui non resta mai traccia. Un dato per inquadrare il fenomeno: nel 2008 l’evasione ed elusione fiscale e contributiva nel settore era stimata intorno ai 6 miliardi di euro, e oggi è salita a10 miliardi, ovvero poco meno della metà dell’intera manovra economica. Eliminare il Durc, insomma, equivale a fare un passo indietro rispetto alle disposizioni oggi in vigore, «frutto della condivisione di tutte le associazioni datoriali di settore insieme ai sindacati di categoria». Proprio quest’anno, ad aprile, col rinnovo del contratto edile, il documento era stato migliorato, legando il suo rilascio ad una verifica della congruità del numero di lavoratori impegnati, dichiarato dall’impresa per ciascun cantiere di lavori pubblici e privati. Ma, con l’avvento della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività, in sostanza il silenzio-assenso sull’avvio dei cantieri) al posto della Dia (Dichiarazione d’inizio attività), arrivata con un emendamento presentato da Azzollini venerdì sera in Commissione Bilancio al Senato, l’esistenza stessa del Durc viene messa in discussione. Anche la Scia, comunque, resta molto controversa, osteggiata anche da molti nella maggioranza e nello stesso governo: «Desta sorpresa - dice il ministro per i Beni culturali
Sandro Bondi - l’approvazione di un emendamento che estende la Scia anche per gli interventi sui beni culturali e paesaggistici, senza che il ministero sia stato informato ». La Scia ha scatenato le proteste dell’opposizione, degli ambientalisti (che parlano di «scempio»), del direttore della Normale Salvatore Settis, ma anche del Fai e del Wwf, che si sono appellati proprio a Bondi perchè respinga l’emendamento.