Epifani: è l' 8 settembre
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sabato 14 maggio 2005
Epifani: è l' 8 settembre. Pezzotta minaccia scioperi Il leader della Cisl: saranno « lunghi e duraturi » . Angeletti: ci convocano per dire che mancano i soldi. E' inaccettabile
ROMA - « Il governo Berlusconi prima se ne va è meglio è » . Per il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, la misura è colma. Ma come, è il suo ragionamento, l' esecutivo ha portato l' economia alla recessione e adesso ha la faccia tosta di invocare il senso di responsabilità delle parti sociali? « Non ci penso proprio. La fonte di metà dei guai non può proporre alcuna ricetta credibile » . È indispettito Epifani, che al telefono prosegue: « Vi è chiaro o no che ormai siamo all' 8 settembre? » . E il segretario della Cgil si augura la fuga del governo sotto il peso del disastro e della vergogna, come fu 63 anni fa per il re Vittorio Emanuele III e il primo ministro Pietro Badoglio. « Così almeno - conclude Epifani - salviamo qualcosa di questo Paese » .
Sono le 18.30, il Consiglio dei ministri è finito da poco, le agen zie di stampa hanno annunciato che Berlusconi convocherà le parti sociali per affrontare l' emergenza economica. Epifani sta per andare a via Po, nella sede della Cisl, dove insieme con il leader della stessa Cisl, Savino Pezzotta, e quello della Uil, Luigi Angeletti, incontrerà i dirigenti sindacali del pubblico impiego per decidere il da farsi. C' è da scegliere se proclamare nuovi scioperi ed eventualmente di che tipo - e su questo i tre sindacati sono divisi - ma c' è soprattutto da elaborare una risposta al presidente del Consiglio.
Che sarà durissima: se l' incontro di giovedì con Berlusconi andrà male, il sindacato risponderà con « tutte le forme di lotta in modo lungo e duraturo » , annuncia Pezzotta. Si profila la minaccia di scioperi selvaggi e a oltranza. Se Berlusconi sperava in un aiuto dal sindacato, si è sbagliato. La Cgil non aspettava altro che dare addosso al governo e poter dire: lo avevamo detto noi che ci avrebbe portati al disastro. A parte questo, tutti e tre i leader confederali temono che Berlusconi voglia stringere il sindacato in una morsa tra governo e Confindustria. « È chiaro - dice Angeletti - ci vuole chiamare per dirci che siccome la situazione è peggiorata non ci può dare più i soldi promessi per i dipendenti pubblici perché li deve dare alle imprese, che sono a terra. E allora glielo dico subito: è i na cce tta bi le. I soldi se li faccia dare da quei ceti che finora ha protetto e ai quali ha consentito di investire i profitti nella rendita anziché nella produzione. Oppure li chieda a chi finora ha evaso le tasse. Non più ai lavoratori e ai pensionati. Se tenteranno di metterci all' angolo, finiranno male » . Pezzotta, non a caso, ammonisce governo e Confindustria, a non fare « il bis dell' articolo 18 » .
Anche il leader della Cisl non ne vuol sapere di tendere una mano a Berlusconi. È troppo tardi per accorgersi che il sindacato serve ancora, dicono a via Po. Sono mesi che Pezzotta tuona contro l' emarginazione delle organizzazioni dei lavoratori da parte del governo. E ora gli interessa una sola cosa, il rinnovo del contratto degli statali: « Non ci sto a mischiare le questioni. Per me restano distinte. Una cosa è il contratto, che va chiuso subito, un' altra cosa è il resto » . E poco importa che « il resto » non sia qualcosa di trascurabile, ma la recessione. Per Cgil, Cisl e Uil non è possibile alcun paragone col ' 92, con il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, che con il Paese sull' orlo della bancarotta, chiamò il sindacato a fare pesanti sacrifici. Oggi non siamo in una situazione così drammatica. Ma il punto non è questo, spiegano: è che quello del socialista Amato era un governo che concertava, questo è un governo che la concertazione l' ha distrutta.
Marro Enrico
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