Professioni - Il Tar Lazio ammette un raggruppamento temporaneo a concorrere per una gara di servizi Gli appalti «aprono» agli studi Per i giudici non restano ostacoli, caduto il divieto a esercitare in società: prevale il concetto Ue di impresa
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Gli studi associati di professionisti sono abilitati a concorrere per gli appalti pubblici di servizi. È irrilevante che il decreto legislativo 157/95 riservi la partecipazione alle sole imprese o che i bandi di gara appaiano diretti esclusivamente a esse, poiché la sovraordinata direttiva comunitaria 92/50 ammette agli appalti pubblici di servizi tutti i prestatori di servizi, senza distinzione tra imprese e liberi professionisti. La distinzione, peraltro, non ha senso in materia di appalti perché nella nozione comunitaria di impresa sono ricompresi i liberi professionisti, in quanto anch'essi svolgono un'attività economica, e cioè offrono beni o servizi su un determinato mercato. Del resto, eliminato il divieto per i liberi professionisti di costituire o esercitare in società con lo scopo di fornire prestazioni professionali in materia tecnica, legale, commerciale, contabile e tributaria (legge 266/97) non vi è alcun impedimento normativo alla loro partecipazione agli appalti. I liberi professionisti, pertanto, sono abilitati a concorrere singolarmente o in raggruppamento con altri prestatori (imprese o società) alle gare di appalto. In tal senso, si è pronunciato il Tar Lazio con la sentenza del 28 maggio 2002, n. 4734, accogliendo un ricorso di uno studio associato di dottori commercialisti che, in raggruppamento con una casa editrice, aveva concorso per l'aggiudicazione di un appalto del ministero del Lavoro per realizzare una compagna informatica e pubblicitaria sull'apprendistato. Il Ministero aveva escluso il raggruppamento perché composto anche dallo studio associato, che non avendo le caratteristiche di impresa ma di esercente la libera professione non sarebbe stato legittimato ad assumere l'affidamento dell'appalto. Il provvedimento di esclusione è stato annullato dal Tar. A parere del giudice amministrativo ci sono numerosi elementi normativi che fanno ritenere i liberi professionisti legittimati a partecipare agli appalti di servizi. Innanzitutto, la direttiva sugli appalti pubblici di servizi, che non utilizza la definizione di impresa, ma esclusivamente quella di prestatori di servizi, definiti come le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici, che forniscono servizi. Ciò posto, secondo il Tar, le prescrizioni dei bandi di gara che riservano la partecipazione alle sole imprese non hanno alcun rilievo, poiché, secondo la giurisprudenza Ue, tutte le entità che svolgono un'attività economica sono considerate imprese. Ne consegue, da un lato, l'irrilevanza dello status giuridico del soggetto che esercita l'attività economica e delle modalità di suo funzionamento, dall'altro, la considerazione che ai fini della concorrenza i liberi professionisti sono considerati imprese. Un altro indice normativo della facoltà dei professionisti di partecipare agli appalti pubblici è costituito dalla disciplina sugli appalti di lavori pubblici, estensibile in via analogica. Infatti la legge 415/98, che ha riformato la Merloni, ha indicato tra i soggetti legittimati a partecipare agli appalti, oltre alle società di ingegneria, anche quelle di professionisti. A parere del Tar, la novella del 1998 non è una norma eccezionale, ma di carattere generale diretta a disciplinare uno specifico aspetto degli appalti di servizi. Date queste premesse e considerato è che venuto meno il divieto per i professionisti di formare società e che i liberi professionisti singolarmente o in associazione possono partecipare alle gare di progettazione, deve considerarsi legittima la loro partecipazione, in raggruppamento con altri soggetti, anche agli appalti pubblici di servizi. E infatti, pur se ancora non è stata dettata una disciplina sulle società di professionisti si può ricorrere alla disciplina generale di diritto comune per colmare le lacune normative. Non è quindi sostenibile che l'assunzione di un appalto, e cioè dell'obbligo di compiere il servizio oggetto di gara, sia incompatibile con la disciplina tipica delle libere professioni che non prevede l'assunzione di un'obbligazione di risultato, atteso che le associazioni di professionisti sono persone giuridiche e in quanto tali possono assumere il rischio insito nell'appalto per il quale vi è la responsabilità individuale dell'associato esecutore e la responsabilità solidale di tutti gli altri associati. Per il Tar sarebbe irrazionale vietare ai liberi professionisti la partecipazione agli appalti in raggruppamento con altri soggetti e, invece, consentire un subappalto a loro favore. Gli appalti di servizi, infatti, esigono una sempre maggiore specializzazione, che può essere soddisfatta proprio attraverso la partecipazione in raggruppamento di soggetti diversi, ciascuno dei quali portatore di diverse professionalità . Flavio Iacovone Giovedí 13 Giugno 2002
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