Gratuito Patrocinio: Cause di lavoro con spese vive
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Giovedì 10 maggio 2001
GRATUITO PATROCINIO. Dal I' luglio 2002 scattano le imposte di bollo e registro
Cause di lavoro con spese vive
ROMA. Da metà 2002 fare causa
al proprio datore di lavoro
avrà costi elevati. Nonostante
il gratuito patrocinio - anzi
proprio a causa di quello -
dai 1 luglio 2002 si dovranno
infatti pagare anche le imposte
di bollo e registro, oggi non
previste. A stabilirlo è appunto
la legge sul gratuito patrocinio,
la 34 del 29 marzo 2001,
che all'articolo 23 ha abrogato
fra gli altri l'articolo 10 della
legge 533/73. La norma abrogata
prevedeva che nelle cause di
lavoro le spese legali equivalessero
a zero lire: niente bolli, niente
diritti o quant'altro, insomma.
Dalla seconda metà del prossimo anno
non sarà più così. E quanto costerà,
allora, ai dipendenti fare una causa
al proprio datore di lavoro? Se, per
esempio, il lavoratore vorrà portare
in tribunale l'azienda che lo ha
licenziato, in base alle nuove regole
dovrà anticipare 600mila lire di
contributo sostitutivo del bollo,
250mila per la registrazione della sentenza,
almeno, 100mila per copie, bolli e
spese di notifica. Totale: 950mila lire.
Un infortunio. Così lo definisce il
sottosegretario alla Giustizia
Marianna Li Calzi: «È stata
unita la proposta originaria
di Forza Italia con un disegno
di legge del Governo. Non
escludo che nel fare il collage
sia nato qualche pasticcio». Il
relatore dell'allora disegno di
legge, Michele Saponara (Fi),
indirettamente conferma: «Pur
di approvarlo, l'abbiamo fatto
un po' alla buona».
Critici Cgil, CisI e Uil, per i
quali quella legge crea un'incresciosa
situazione di confusione normativa
sulla gratuità dei processi.
I tre sindacati «pur ritenendo
sbagliata l'interpretazione
letterale e corretta quella
sistematica che mantiene il regime
di esenzione da parte deilavoratori
che intendessero fare causa, condividono
la seria preoccupazione dei lavoratori e
degli operatori della giustizia per
le modifiche introdotte con la
legge 29 marzo 2001, n. 134»,
Secondo Cgil, Cisi e Uil «le
suddette modifiche potrebbero
ricondurre l'intero contenzioso
dei lavoro e previdenziale, nonché
i provvedimenti conciliativi
nell'ambito dell'oneroso processo
civile, privando i lavoratori
della normativa che consente loro,
da oltre mezzo secolo, di adire le vie
giudiziarie senza essere gravati di tasse e
imposte specifiche aggiuntive a quelle
già versate attraverso l'imposizione generale,
con il grave effetto di disincentivare la
tutela dei loro diritti».
Alla formazione di questo
assurdo provvedimento - si legge
in una nota dei tre sindacati - hanno
sicuramente concorso fattori di varia natura,
tra i quali la confusione tra gratuità dei
patrocinio per i non abbienti ed esenzione
fiscale delle controversie di lavoro.
Cgil, CisI e Uil chiedono al Parlamento e
al Governo un intervento chiarificatore
che ripristini le condizioni di esenzione
fiscale per tutti gli atti e le procedure
giudiziarie ed extragiudiziarie in materia
di lavoro e previdenza.
Per Walter Galbusera segretario regionale
Lombardia della Uil, «la decisione, approvata
allora da una maggioranza bipartisan,
ha prodotto un risultato disastroso e iniquo.
Se è un errore tecnico, fa gridare vendetta.
Qualunque lavoratore pubblico
o privato, per fare una causa di
lavoro dal 1° luglio 2002 dovrà
pagare le spese vive. in questo
modo la situazione attuale cambierà radicalmente.
Se un lavoratore va da un nostro avvocato
- continua Galbusera - questi sarà costretto a
chiedergli il pagamento delle spese vive.
Una valanga di ricorsi legali sarà resa impossibile:
Molti, cioè, rinunceranno. Allora
viene da chiedersi: è stato un
errore o si tratta di una scelta
politica precisa? Se, come sembra,
si tratta davvero di un infortunio,
è sconcertante e demoralizzante il fatto
che l'80% dei parlamentari che hanno
approvato quella norma non si
sia accorto di nulla».
M.PE.