Gucci 1: La strana coppia che ha cambiato Gucci

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Il personaggio
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lunedi 10 Settembre 2001
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pag. 7
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La strana coppia che ha cambiato Gucci DELFINA RATTAZZI
La fine dell’aspra contesa legale che ha contrapposto per oltre due anni il gruppo Gucci e l’alleato François Pinault, leader del gruppo Ppr (PinaultPrintemps Redoute) a Bernard Arnault, capo del più grande polo del lusso al mondo, la Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy), permette a Domenico De Sole di tirare il fiato e dedicarsi alla crescita di una holding che ha rastrellato di recente una serie di marchi prestigiosi sul mercato e ora deve farli diventare redditizi. L’acquisto della linea di prètaporter di Yves SaintLaurent, con il comparto profumi e cosmetici, della maison Balenciaga abbinata al designer Nicolas Ghesquière, astro nascente nel mondo della moda, del calzaturificio Sergio Rossi, oltre al reclutamento dei designer inglesi Alexander McQueen e Stella McCartney e all’acquisto della Boucheron e di Bottega Veneta, hanno trasformato il gruppo Gucci da impresa centrata su un solo marchio, anche se con una crescita fenomenale, nella seconda multinazionale per importanza nell’ambitissimo settore del lusso. De Sole lavora in tandem con Tom Ford. I due hanno conquistato la copertina di Time magazine lo scorso aprile, un grande onore. In apparenza sono una strana coppia. Cosa possono avere in comune un exavvocato fiscalista di origine calabrese, ormai cittadino americano, con un Master conquistato alla prestigiosa Harvard Law School, sposato con due figli e uno statuario exattore di origine texana diventato stilista, dichiaratamente gay? In realtà li accomunano molti aspetti del carattere. Sono entrambi dei duri. «C’è un vecchio detto dalle mie parti che dice che i calabresi mangiano chiodi per la prima colazione» ha detto De Sole una volta a una giornalista americana. «Siamo dei grandi lavoratori, ostinati e molto orgogliosi. Sono una persona apparentemente mite ma forse a volte le persone scambiano questo lato del mio carattere per debolezza. Non ho mai per primo dato fuoco alle polveri, ma se qualcuno vuol farmi la guerra, si accomodi pure. Non sarò certo io a tirarmi indietro». Tom Ford, ormai considerato una sorta di profeta nel mondo della moda e soprannominato "il re del Cool" dalla stampa internazionale, possiede anche lui una tempra d’acciaio. Dorme due o tre ore per notte. Per sconfiggere l’insonnia ha adottato ogni sorta di strategia. Tre allenamenti di aerobica alla settimana, seguiti da esercizi in palestra. Quand’è in trasferta un personal trainer lo obbliga a estenuanti esercizi di ginnastica ogni mattina alle sette. Dal 1994 è direttore creativo di Gucci ed è responsabile di tutte le linee di prodotto, dall’abbigliamento ai profumi, oltre che delle campagne pubblicitarie e dei negozi. Dall’anno scorso ha assunto anche l’incarico di direttore creativo di Yves Saint Laurent Rive Gauche e del settore profumi e cosmetici. E’ responsabile del marchio e del suo posizionamento. Ford vive a Londra ma si trasferisce ogni settimana a Parigi per qualche giorno. Viaggia sull’Eurostar. Ha uffici anche a New York e a Milano, dove viene spesso. Di rado trascorre qualche giorno nella sua casa di Santa Fé, nel New Mexico, dove i suoi genitori si erano trasferiti quando Ford era piccolo dopo aver abbandonato il Texas. «Cosa faccio quando non lavoro? E’ semplice, lavoro» dice lo stilista. All’inizio degli anni Novanta, prima del tracollo del gruppo che ebbe come conseguenza l’entrata della Investcorp, Maurizio Gucci, allora ancora alle redini dell’azienda familiare, chiese la testa di Tom Ford. Secondo lui il designer texano era troppo "trendy, eccessivamente al passo con i tempi. Domenico De Sole, che allora ricopriva il ruolo di amministratore delegato di Gucci America inc., si rifiutò di licenziare lo stilista sostenendo che l’azienda aveva bisogno di una forte iniezione di creatività. Fu l’inizio di un sodalizio ormai entrato nella leggenda. L’enorme successo, immediato e commerciale, delle collezioni di abiti e accessori griffati Tom Ford, così androgini e sexy, permisero a Domenico De Sole di quotare il titolo Gucci Group nelle borse di Amsterdam e di New York alla fine del 1995. Mentre il re del Cool si spremeva le meningi e affinava la sua sensibilità per riuscire ad immettere sul mercato prodotti su cui la gente con laute disponibilità finanziarie si gettava a corpo morto, De Sole riorganizzava da capo a fondo l’azienda chiudendo senza pietà punti vendita di scarso prestigio e mettendo a punto un sistema informatico di gestione che oggi è uno dei più avanzati al mondo. Dopo aver assunto l’incarico di direttore creativo di Yves Saint Laurent Rive Gauche, Tom Ford si è ritrovato con una tale mole di lavoro che ha detto a Domenico De Sole: «Per favore, ora per un po’ non telefonarmi più». Il Duemila è stato un anno da record per la Gucci. L’incremento nelle vendite ha raggiunto l’83 per cento, quello degli utili il 49 per cento. Il gruppo ha in cassa 3 miliardi di dollari in liquidità, il livello di indebitamento è pari allo zero e il valore della capitalizzazione di borsa è di circa 9 miliardi di dollari. «Dobbiamo creare valore per gli azionisti»: questo è il credo di Domenico De Sole. Tom Ford lo asseconda perfettamente. «Sono stato il primo a parlare del business della moda e a diventare un designer coinvolto negli aspetti finanziari di un marchio» ha detto lo stilista. Accusato da Patrizio Bertelli di non essere un vero creatore di moda, ma solo un genio del marketing, Tom Ford ha risposto, stizzito: «Se mi dicono che faccio delle cose commerciali, per me è un complimento. Significa che faccio delle cose belle che la gente vuole. Certo che sono un cinico. Non sono mica un artista. Mi domando sempre se quello che faccio venderà. Le belle campagne pubblicitarie e gli splendidi negozi non servono a niente se non c’è un prodotto valido da proporre» sostiene il magnetico texano. Fino al 1997, il 60 per cento delle vendite di prodotti marchiati Gucci provenivano da borse e cinture esistenti da più di un anno. Oggi l’80 per cento delle vendite deriva dalle creazioni pensate negli ultimi 12 mesi. Una équipe di designer capitanati da Ford disegnano 8 collezioni all’anno, di circa 2000 modelli ciascuna. Solo la metà di questi prodotti finisce nei negozi. Il miracolo Gucci saprà ripetersi con il marchio Yves Saint Laurent, pagato un miliardo di dollari? La partita è appena iniziata.
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