Gucci, a rischio il modello Toscana
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Economia e lavoro |
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06.11.2003 Dopo la rivoluzione ai vertici dell’azienda, il timore ora è che vengano trasferite all’estero numerose produzioni Gucci, a rischio il modello Toscana
di Francesco Sangermano
FIRENZE Sono tornati al lavoro. Perché è soltanto lì, nelle fabbriche nei dintorni di Firenze dove la stella di Gucci è tornata a splendere nel panorama mondiale della moda, che uomini e donne possono assorbire «il pugno nello stomaco» arrivato ieri con la notizia delle dimissioni del presidente Domenico De Sole e del direttore creativo Tom Ford dall’aprile del 2004. È, quella fiorentina, una piccola galassia che ruota intorno alla fabbrica madre di Scandicci e ai suoi 900 dipendenti. L’indotto ha numeri da capogiro: oltre 500 aziende sparse su tutta la provincia del capoluogo (da Scandicci, nella zona nord, ai confini a sud della Valdisieve e del Valdarno) e che si estendono anche verso Pistoia impiegando più di 4.500 addetti. Molti, in questa moltitudine, sono addirittura fornitori e subfornitori esclusivi della Gucci e la preoccupazione per quanto avvenuto ieri è quanto mai evidente. «Il rischio in questi casi è che si possa uccidere una gallina dalle uova d’oro» è il grido d’allarme che arriva all’unisono da più parti. «Il legame tra Gucci e il territorio fiorentino affonda le radici nella storia ed è diventato sempre più forte col trascorrere degli anni spiega Cristina Settimelli della Filtea Cgil - A testimoniarlo c’è il fatto che la grandissima maggioranza delle produzioni si svolgono tutte in provincia». Un modello certo, consolidato. Che, però, nessuno degli oltre 5.500 addetti ha la certezza che rimarrà tale. I timori sparsi più diffusi all’interno del gruppo, infatti, sono quelli di un possibile trasferimento all’estero delle lavorazioni nell’ottica di ridurre al massimo i costi anche a scapito della qualità». Non solo. Al di là delle preoccupazioni per il futuro, De Sole aveva portato nella società uno stile «americano» nei rapporti che i dipendenti avevano mostrato di gradire moltissimo: il «tu» confidenziale e i nomi di battesimo usati regolarmente a livello di rapporti di lavoro anche tra semplice operaio e vertici aziendali. Uno stile che diventava concertazione nelle questioni sindacali, sottolinea Viviano Bigazzi della Cisl. E la concertazione funzionava al punto che si è persa la memoria di scioperi aziendali. Di più: il modello importato da De Sole e Ford aveva portato a risultati straordinari nel giro di dieci anni, culminati con la capacità di fronteggiare la recente crisi del sistema economico nazionale. Una situazione invidiabile, insomma, che ha portato la pelletteria Gucci ad essere l’unica azienda ad aver rinnovato il patto integrativo in estate coi dipendenti trasformati in «soci» con un pacchetto di 60 azioni (5-6mila euro di valore) a testa. Intanto, però, è già cominciato il conto alla rovescia che porterà all’aprile del 2004, data in cui il contratto di De Sole e Ford scadrà effettivamente. «Sei mesi di tempo possono essere tanti o pochi nello stesso momento - dicono dalla rsu aziendale - ma di certo andranno affrontati in maniera molto intensa. Da parte nostra speriamo vivamente nella possibilità di sapere, al più presto possibile, chi saranno i nuovi vertici per poterli contattare e confrontarci con loro sui programmi. Anche perché sarà necessario un periodo di affiancamento al vertice in modo da poter garantire all’azienda e alle sue produzioni una assoluta continuità sia sul piano delle metodologie di lavoro sia su quelle di gestione».
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