29/3/2005 ore: 11:30
I grandi magazzini Coin al fondo Pai
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pagina 29 - Economia E AZIENDE le strade dei fratelli Vittorio e Piergiorgio Coin si sono separate e Piergiorgio è uscito dal consiglio di amministrazione. Dopo tre anni di scontri a colpi di carte bollate, all’inizio del 2003, i due fratelli hanno siglato la pace in famiglia e passato il testimone alla terza generazione: Marta (figlia di Piergiorgio) e Piero (erede di Vittorio). Il gruppo, fondato nel 1916 a Venezia da Vittorio Coin, controlla 50 grandi magazzini a insegna Coin e 250 punti vendita Oviesse. Il mercato si aspettava di più: giovedì (ieri la Borsa era chiusa per le festività pasquali) il titolo ha terminato la seduta a 2,554 euro, più del prezzo offerto per l’Opa. A questi prezzi l’esborso teorico è di 118 milioni in caso di adesioni totali, anche se Pai vorrebbe mantenere il gruppo in Piazza Affari. Il costo si aggiunge ai circa 300 milioni di indebitamento, che appesantiscono il bilancio della società veneziana, facendo salire il conto totale dell’operazione, che vede Jp Morgan e Vitale & Associati advisor finanziari di Coin e, sul fronte opposto, Crédit Suisse First Boston di Pai, intorno ai 600 milioni. Nel 2003 il gruppo ha chiuso con 196,4 milioni di perdite nette a fronte di 1,2 miliardi di ricavi. Per il 2004 (l’esercizio si è chiuso il 31 gennaio 2005), si attende ancora un risultato operativo in rosso, anche se in miglioramento. Ma le vendite non vanno bene, soprattutto nei 50 grandi magazzini a insegna Coin. Va meglio invece Oviesse, l’altra catena di 250 negozi di abbigliamento nel segmento medio basso. Pai, che in Francia controlla la catena di distribuzione Vivarte, adesso dovrà fare quei forti investimenti per il restyling dei grandi magazzini e le nuove aperture che la famiglia non era più in grado di sostenere. In tutto oggi i punti vendita sono 300 : 50 a insegna Coin e 250 Oviesse. L’ingresso di un partner di maggioranza con spalle finanziarie larghe e un nuovo management salva l’azienda, fondata nel 1916 da Vittorio Coin e sbarcata a Piazza Affari nel giugno 1999. Ad azzopparla è stata prima la lite tra Vittorio e Piergiorgio, con l’estromissione di quest’ultimo dall’azienda, poi l’acquisizione fallimentare di Kaufhalle in Germania nell’estate del 2000. In tre anni la catena tedesca, pagata zero lire ma con in cassa debiti per 126 milioni di marchi, è costata al gruppo circa 500 milioni di perdite nette. Per farvi fronte la famiglia ha venduto il patrimonio immobiliare e si è indebitata. Pi, lo scorso luglio, si è arresa e ha cominciato a trattare la vendita al miglior offerente. Giuliana Ferraino |