Il 17 marzo sarà festa, accordo nel governo
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Oggi il decreto. Ma quest´anno salterà il 4 novembre. La Russa: "Il dado è tratto"
ROMA - Scuole e uffici chiusi il 17 marzo, in occasione dei 150 anni dell´Unità d´Italia: festa nazionale a pieno titolo, dunque, anche se in cambio si lavorerà il 4 novembre. Dopo giorni di polemiche e appelli, oggi il Consiglio dei ministri ufficializzerà la decisione. Ma già ieri si era capito come sarebbe andata a finire «perché è una festa di tutti e non di un´élite, una data non per ricordarci chi siamo stati, ma per dire chi siamo oggi e dove vogliamo andare». Parole del ministro della Gioventù Giorgia Meloni, seduta accanto al ministro della Difesa Ignazio La Russa che in conferenza stampa da Sanremo ha lasciato chiaramente intendere la direzione degli eventi con un «non toccano a me gli annunci ufficiali ma dal mio sorriso capirete, domattina, che il dado sarà tratto. D´altra parte il governo aveva già fatto una legge che il Parlamento ha approvato perché fosse festa il 17. Poi sono nate discussioni sull´interpretazione della norma».
E per placare chi protestava per le troppe festività in un paese segnato dalla crisi, dopo i richiami alla produttività del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e dei piccoli imprenditori come quelli marchigiani che ribadivano «si può onorare la patria anche lavorando in fabbrica», è arrivata la mediazione: vacanza il 17 marzo ma, in cambio, tutti al lavoro il 4 novembre, festa delle forze armate che cade nel giorno in cui venne annunciata la fine della prima guerra mondiale e la vittoria contro l´impero austroungarico. Una festività annullata che farà sicuramente piacere al governatore dell´Alto Adige Luis Durnwalder che da Bolzano si era già detto contrario alle celebrazioni dei 150 anni alle quali non avrebbe partecipato.
Scuole chiuse dunque con gioia di studenti e professori. L´associazione dei presidi, si era infatti opposta con forza nei giorni scorsi al ministro Gelmini propensa a non sospendere le lezioni dedicandole a riflessioni in classe sul Risorgimento mentre l´Anci, aveva ricevuto l´adesione di 300 comuni italiani perché fosse festa.
Sul fronte della politica il ministro del Turismo, Michela Brambilla, pur definendosi una «stakanovista brianzola che andrebbe a lavorare» ha fatto notare che «quest´anno ci sono pochi ponti, poter avere un ponte il 17 marzo sarebbe importante per il rilancio del turismo domestico». Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, si rimette alla volontà collegiale: «E comunque celebrerò».
Restano da convincere i recalcitranti esponenti del Carroccio. Dall´europarlamentare della Lega Borghezio arriva addirittura la proposta di «abolire il 25 aprile, troppe due feste nazionali e poi quella ricorrenza non è certo una data unificante, c´è una parte del paese che non ci si riconosce». E ai dubbiosi in camicia verde fa appello il portavoce dell´Italia dei Valori, Leoluca Orlando: i ministri dicano chiaramente se vogliono festeggiare la ricorrenza o abdicare al loro giuramento sulla Costituzione e andare a Pontida, ma sappiamo che se ne assumeranno le responsabilità e le conseguenze di fronte al Paese». Dall´anno prossimo comunque tutto torna come prima. Di festa il 17 marzo se ne riparlerà, forse, nel 2061.