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06.02.2003 Il lavoro diventa precario per legge di Felicia Masocco
Il Senato ha approvato in via definitiva la legge che riforma il mercato del lavoro. Con dieci articoli vengono spazzati via decenni di conquiste e di diritti, in nome di una flessibilità che assume come unico punto di vista quello dell’impresa si istituzionalizza il precariato, di fatto il lavoro diventa merce. Tutto è studiato per lasciare il lavoratore più solo, per pagarlo meno e con meno tutele. Il collocamento viene aperto ai privati, anche i consulenti del lavoro, i ragionieri, le università, gli enti bilaterali potranno fare intermediazione di manodopera, il vecchio «caporale» indosserà colletti bianchi. C’è il «job on call», il «job sharing», il lavoro «accessorio»: nomi nuovi per una condizione senza certezze. Il part-time diventa più elastico per rispondere alle esigenze del datore e non del lavoratore. Con lo «staff leasing» le aziende potranno affittare manodopera anche a tempo indeterminato, gli operai come le macchine. Si potranno trasferire rami d’azienda senza più quei vincoli che erano a garanzia dei dipendenti. In tutto questo il sindacato diventa sempre meno soggetto di rappresentanza sociale e sempre più fornitore di servizi. Ora si aspettano i decreti delegati che renderanno operativa la riforma, il governo ha fretta di metterli in cantiere tra qualche mese saranno realtà. Prima ancora, a metà febbraio comincerà la discussione sull’altra delega, la 848bis che contiene le modifiche all’articolo 18, i licenziamenti facili.
Il via libera alla delega 848 è arrivato ieri dopo 14 mesi di braccio di ferro, con la Cgil in piazza e con l’opposizione che non si è risparmiata nel tentativo di sbarrare la strada al forsennato attacco ai diritti del lavoro che la destra ha portato avanti forte dell’alleanza con Confindustria e dell’avallo, arrivato con il Patto per l’Italia, di tutti i sindacati esclusa la Cgil che ricorda come «oltre 5 milioni di cittadini hanno già detto no» e annuncia battaglia. Sono stati mesi di scontro sociale e lo saranno ancora. Esulta il governo, il ministro del Lavoro Roberto Maroni parla di «giornata storica»; soddisfatti gli industriali con Guidalberto Guidi «in Europa cominciamo a collocarci tra i paesi che hanno maggiore flessibilità». Forti critiche arrivano dal centrosinistra: «Una riforma a senso unico, flessibilità estrema a vantaggio delle imprese e a scapito delle tutele dei lavoratori - dichiara il capogruppo Ds in commissione Lavoro Giovanni Battafarano -. Il diritto del lavoro diventa diritto commerciale, il lavoratore è una merce come un’altra». «La precarizzazione del rapporto di lavoro diventa la regola» per l’ex ministro Cesare Salvi. Per il responsabile Lavoro di Ds Cesare Damiano «Queste misure mettono al centro l'aumento della precarizzazione e il contenimento del costo del lavoro come strumenti per la competitività dell'impresa». Misure che «condannano alla precarietà e al sottosviluppo ed emarginano i giovani», per il Verde Natale Ripamonti. Per la Margherita, Tiziano Treu dice: il provvedimento «è inutile», «gli annunci del governo sono patetici».
Prudenti i commenti di Cisl e Uil e dell’Ugl che pure nella delega hanno messo del proprio. Il segretario confederale della Cisl Raffaele Bonanni parla della necessità di «miglioramenti» perché «deve essere chiaro il rinvio alla contrattazione per gestire le varie forme di flessibilità». Dalla Uil il numero due Adriano Musi dice «è solo un primo passo, bisogna vedere come verrà attuata».
Durissima, invece, la presa di posizione della Cgil: «Il governo, per la prima volta nella storia del Paese, è riuscito a far approvare una legge sulla quale più di 5 milioni di persone hanno detto già di essere fortemente contrarie», afferma i segretario confederale Giuseppe Casadio. Una legge che contiene decine di deleghe in bianco al governo, «grazie al quale da oggi i lavoratori non sono nulla di più di merce: si possono vendere, scambiare, trattare come l'azienda meglio crede. Il governo colpisce i più elementari diritti dei lavoratori, di oggi e di domani». Per Casadio «siamo alle prese con l’azzeramento dei diritti che colpisce la dignità di milioni di lavoratori italiani: quel che si annuncia è un nuovo scontro sociale, un nuovo “articolo 18” la cui responsabilità cadrà tutta sul governo Berlusconi. Anche perché,come è ormai chiaro a tutti, questo attacco violentissimo contro i lavoratori punta a snaturare il ruolo stesso del sindacato, che si vuole solo come erogatore di servizi generali e non più come soggetto di rappresentanza di interessi specifici a cui si possa aderire liberamente». Corso d’Italia conferma la mobilitazione in vista dello sciopero del 21 febbraio e «starà in campo» con le sue proposte di legge per l'estensione degli ammortizzatori sociali e per nuove tutele per gli atipici e per i lavoratori di imprese sotto i 15 dipendenti».
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