28/5/2002 ore: 11:06

Il mancato sfondamento - di Massimo Giannini

Contenuti associati

MARTEDÌ, 28 MAGGIO 2002
 
 
IL MANCATO SFONDAMENTO
 
 
 
 
MASSIMO GIANNINI

Non cambia nulla. Ma qualcosa può cambiare. Non è Tomasi di Lampedusa, ma l´esito di queste elezioni amministrative. Per ora, in pieno corto-circuito sondaggistico, non c´è un vero vincitore, e non si vede un autentico sconfitto. Il Polo galleggia, l´Ulivo non affonda. Ragionando in termini di «bandierine» piantate sul territorio, come fece Emilio Fede in una memorabile performance televisiva del ´94, la geografia politica del Paese non subisce smottamenti. Chi aveva i suoi sindaci e i suoi presidenti di provincia, in linea di massima, se li tiene.Il centrosinistra si conferma con un margine ampio e tutto sommato imprevisto a Genova, il comune più importante al Nord in questa tornata elettorale. Vince a spasso a Pistoia, che era già sua, e la stessa cosa succede a Savona, a La Spezia, a Brindisi. Spera di tenersi al ballottaggio anche Cuneo e Frosinone. Soprattutto, spera di riconquistare Piacenza che nel '98 mollò con ignominia al Polo, e magari anche Asti e Alessandria. Sull´altro fronte, il centrodestra strappa all´opposizione - se le proiezioni verranno confermate - il comune più pesante del Sud, Reggio Calabria. Un «ribaltone» significativo, che conferma l´avanzata della maggioranza nel Mezzogiorno. Per il resto, si riafferma a Lecce, a Latina, a Lucca, a Varese. E si tiene stretta Parma, con Bologna il suo avamposto più avanzato in quella che fu l´Emilia rossa. Anche il bilancio provvisorio delle 10 province al voto segnala una relativa continuità: da un iniziale 5 a 5 si dovrebbe passare a un 6 a 5 per il centrodestra.
A voler leggere il test elettorale solo dal punto di vista locale, come è giusto che sia, la prima indicazione da trarre è che il governo del territorio, se gestito bene, trova un riconoscimento puntuale tra gli elettori, che tendono a stabilizzare le proprie preferenze. Il voto, in questi casi, non subisce travasi apprezzabili da un Polo all´altro. Quello che i politologi chiamano l´«incumbency» continua ad essere un fattore premiale, soprattutto per chi amministra le realtà locali. Dopo la temperie «ideologica» impressa al voto nazionale del 13 maggio 2001 dal Cavaliere (che lottava contro i «comunisti») e dall´Ulivo (che di fatto chiedeva un referendum contro di lui), la forte ventata propagandistica spirata anche su questa campagna elettorale non ha ubriacato i 12 milioni di cittadini tornati alle urne. A voler tentare invece una riflessione politica più generale, queste amministrative dimostrano due cose.
1) Dopo la disfatta dell´anno scorso, il centrosinistra da un segno di vitalità. Esagerano i leader dell´Ulivo a cantare vittoria. Ma l´enfasi di Fassino e Rutelli si giustifica all´insegna dello scampato pericolo. Logorata all´interno da una resa dei conti permanente e all´esterno dall´assedio mediatico-parlamentare della maggioranza, l´opposizione temeva il colpo di grazia. I dati di queste amministrative, per quello che valgono, dimostrano che il colpo di grazia non c´è stato. I candidati locali si sono dimostrati credibili. Sul piano dei voti di lista, i Ds sembrano in aumento: i provvisori delle provinciali, dunque al voto proporzionale, fotografano la Quercia sopra al 17%, 2 punti in più sulle politiche. La Margherita perde qualcosa, ma con il suo 11,3% supera comunque quel 9,9% che fu la somma dei voti ottenuti alle amministrative del '98 dai singoli partiti che oggi la compongono. Soprattutto, il centrosinistra, dalla Liguria al Piemonte e perfino al mitico Nord-Est, riesce a farsi spazio al Nord dal quale era stato quasi cancellato come un corpo estraneo nelle ultime tornate. Se c´è un´indicazione nazionale utile, riguarda la linea e l´assetto dell´alleanza: il centrosinistra ha vinto a spasso nei comuni in cui si è presentata insieme a Rifondazione, all´Italia dei valori e alle tante liste civiche scese in pista in queste elezioni. Sarà banale, ma il solito motto «uniti si vince» si riconferma valido. La linea riformista del congresso diessino di Pesaro può e deve convivere con la difesa dei diritti nei quali è impegnata la Cgil. La cultura laica può e deve dialogare tanto con le culture laiche quanto con i movimenti. Non tutto è perduto, se i leader smetteranno di litigare tra loro, sapranno capitalizzare (invece di delegittimarlo) il valore aggiunto dei girotondisti e dei capi sindacali e riusciranno a ridare all´Ulivo una fisionomia più funzionale e un´identità più riconoscibile. Il centrosinistra è in campo. Non per vincere, ancora. Ma almeno per giocare la partita.
2) Dopo un anno vissuto pericolosamente, all´insegna della difesa esasperata e prioritaria degli interessi di cordata e del conflitto globale con l´opposizione e con interi pezzi di società, il governo Berlusconi non sfonda l´invaso dei consensi guadagnati dodici mesi fa. Al contrario, se sono buoni e comparabili i primi raffronti che arrivano tra i voti di lista provvisori nelle province e quelli delle politiche del 2001, il perimetro della Casa delle libertà si restringe, sia pure di poco: dal 54 a poco più del 51%. Forza Italia passa dal 29% al 21,3%. An scende dal 9,5 all´8,2%. Cresce l´Udc e soprattutto torna a crescere la Lega, che passa dall´8,7 all´11,7%, scavalcando Alleanza nazionale. Quello che si verificò un anno fa e che fu fatale per il centrosinistra, sembra ora ripetersi per il centrodestra: c´è una progressiva cannibalizzazione tra gli alleati della maggioranza. A tutto vantaggio di Umberto Bossi, che trionfa a Treviso. E ottiene il suo bottino più cospicuo dove si presenta da solo, come ai tempi eroici del mitico dio Po.
Quanto questa dinamica possa squilibrare i rapporti di forza nella coalizione si verificherà nei prossimi giorni. Ovviamente non è a rischio il governo, ma la performance dei centristi moderati di Marco Follini, per quanto confortante, non sembra sufficiente a far da argine alle spallate sempre più vigorose del Senatur. Si rafforza una volta di più il ruolo chiave della Lega al Nord, dove il partito del premier conferma paradossalmente le sue difficoltà. Berlusconi continua a perdere punti in casa. Cioè nell´area più ricca ed evoluta della nazione. Si fa più concreto il pericolo di una accentuazione della deriva populista e di un´ulteriore radicalizzazione delle posizioni del Polo, per esempio sul fronte dell´immigrazione e del mercato del lavoro. Lo scontro sull´articolo sull´articolo 18 si inasprirà. E sarà il prossimo, difficilissimo test per Berlusconi, non appena avrà smaltito i postumi della sbornia planetaria di Pratica di Mare

Close menu