Inflazione doppia per i poveri
9 gennaio 2003
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Pagina 38 - Economia |
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Ricerca dell´ufficio studi del sindacato. I Comuni a Marzano: non tocca a noi vigilare sugli aumenti Inflazione doppia per i poveri Ires-Cgil: sui redditi più bassi prezzi in salita del 5%
LUISA GRION
ROMA - L´inflazione pesa, ma se sei povero pesa ancora di più: è la conclusione cui è arrivato uno studio Ires-Cgil che, partendo da dati Istat, ma simulando un diverso peso alle voci di spesa e tenendo conto di diversi modelli familiari (per esempio single o no, pensionato o lavoratore, con o senza figli), è arrivato alla conclusione che il costo della vita varia di molto in base al reddito. Precisamente da una inflazione al 2 per cento per chi ha buone entrate e consumi sofisticati, si può passare ad un 5 per cento per chi a scarsi introiti e spese concentrate su abitazione e alimentari. Per la Cgil ciò, pur ribadendo la fiducia e la centralità dell´Istat, è l´occasione per dire all´istituto di statistica che «l´indice è sottostimato» e che qualcosa deve cambiare. Ma studio Ires a parte il «caso» sui prezzi scoppiato nei giorni scorsi fra Istat e Eurispes ha virato ieri verso una nuova polemica: quella fra comuni e ministero. Marzano, titolare delle Attività produttive, aveva visto nelle amministrazioni locali una certa responsabilità nel mancato controllo dei prezzi. Domenici, presidente dell´Anci ieri ha scritto al ministro per precisare che «i Comuni non si sottraggono alle loro responsabilità, ma al contrario con grandi sacrifici coprono spazi che altre istituzioni dovrebbero coprire» e che «sull´aumento dei prezzi non hanno alcuna competenza». Il ministro ha comunque fatto sapere che chiederà ai «governi locali» una lista dei «prezzi prevalenti» in modo che i consumatori possano verificare di persona le devianze. ( I presidenti delle Commissioni Attività produttive Tabacci e Pontone, chiedono invece che i prezzi vengano controllati rilanciando la concorrenza e la liberalizzazione). Quanto alla ricerca Ires, che valuta poco attendibili le cifre fornite dall´Eurispes, i punti deboli della metodologia Istat risultano: il modo in cui i pesi e i prezzi sono calcolati nel paniere (si consiglia di costruirne 24 tipi differenziati incrociando tipologie di famiglie con redditi). Il fatto che almeno una trentina di capoluoghi di provincia non facciano i rilievi con continuità e che molte volte nei conteggi vengano semplicemente ripetute le quote del mese precedente (abitudine ammessa anche quando per un qualsiasi motivo non sia stato possibile avere nuovi dati). Sotto accusa anche la sistema di selezione dei rilevatori; il fatto che il 22 per cento sia controllato solo una volta ogni tre mesi; il metodo di aggregazione delle voci (invece di limitarsi a criteri merceologici si consiglia di distinguere la spesa quotidiana da quella stagionale, pluriennale etc.) In tutto ciò, sottolinea la Cgil, vanno aumentati gli investimenti destinati all´istituto (che la Finanziaria ha ridotto passando da 150 a 114 milioni) e va difesa la sua autonomia che, secondo Beniamino Lapadula (Cgil) è a rischio: «Ci sono state indubbie ingerenze da parte del governo con l´allontanamento di due importanti dirigenti».
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