Italiani più indebitati, uno su due non risparmia
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 mercoledì 22 dicembre 2004
Pagina 16 - economia
RAPPORTO BNL: CRESCE LA PREOCCUPAZIONE MA IL 92 PER CENTO DELLE FAMIGLIE E’ SODDISFATTO DEL PROPRIO REDDITO Italiani più indebitati, uno su due non risparmia In calo la quota di reddito accantonato, resiste il fascino del mattone
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Raffaello Masci
ROMA La vera novità del XXII Rapporto sul risparmio della Banca nazionale del lavoro e del Centro Einaudi, è che di risparmio ce n’è sempre meno, che nel Paese delle previdenti formichine, quale da sempre è l’Italia, le cicale hanno la meglio e la possibilità di mettere da parte alcunché, è in forte ridimensionamento. Il 48 per cento delle famiglie non risparmia né tanto né poco, erano il 45 per cento nell’anno scorso, addirittura il 38 per cento due anni fa (il picco negativo fu nel 2001 quando la quota era al 50%). Il carovita, insomma, erode il risparmio. Ed è un male, percepito drammaticamente dalle famiglie. Tant’è che il 63% di chi non ha messo nulla da parte considera questa rinuncia assai pesante, e addirittura il 92% di questo universo considera il risparmio «importantissimo».
Non solo a risparmiare sono sempre meno italiani, ma la quota del reddito accantonato tende a decrescere, oggi siamo al 7,3 per cento, appena lo scorso anno si era sul 10,2 per cento. Per avere un termine di paragone basta pensare che nel periodo ‘94-2002 in media si risparmiava il 12%: siamo quasi alla metà. E per che cosa è così importante risparmiare? «Perché non si sa mai», cioè per gli eventi imprevisti della vita, dice il 40 per cento, ma nei sogni collettivi degli italiani si sa che cosa c’è: la casa, che viene subito dopo. In un Paese in cui il costo dell’abitare specie nelle grandi città è diventato proibitivo, il mattone per sé è e resta il miglior investimento. Seguono l’assistenza medica e la vecchiaia, ma siamo appena all’8 per cento.
Non avendo soldi disponibili, gli italiani ricorrono sempre più al prestito personale da parte della banca e i loro debiti arrivano ormai al 34 per cento del Pil. Il ricorso al prestito riguarda quasi l’11 per cento degli intervistati nell’anno che si sta per chiudere. Dunque dobbiamo dedurne che gli italiani siano (o si sentano) più poveri? Non propriamente. Interrogati su questo, il 92% - dato stabile degli ultimi anni - sostiene di avere un reddito sufficiente o addirittura «più che sufficiente», aumenta tuttavia dal 7,5 all’8,3 per cento la quota di chi non nega di vivere in ristrettezze forti. Ma la vera paura non è tanto per l’oggi, quanto per il domani: «La percentuale di quelli che ritengono di avere al momento del pensionamento un reddito “più che sufficiente” è scesa all’11% dal 12% dello scorso anno, dal 13,2% del 2001 e dal 16,3% del 2002». Il dato complementare è che è cresciuta la percentuale di chi è certo che non ce la farà: 16% oggi contro il 7% del 2002.
Da questi valori si dovrebbe dedurre che gli investimenti sulla pensione debbano catalizzare l’attenzione degli italiani, invece non è così: vogliamo mettere il mattone che è certo con la pensione che è suscettibile di riforme infinite (e poi occorre arrivarci). Tant’è, per esempio, che la destinazione del trattamento di fine rapporto (la liquidazione) nei fondi pensione è accolta con scetticismo. Per il 43% degli intervistati è meglio che le cose restino così come sono, con i soldi dati sull’unghia al lavoratore. Solo il 29% invece conta di aderire ai fondi, e poi c’è una quota del 18% che non sa che pesci prendere.
Quanto al «silenzio assenso» sul trasferimento del tfr ai fondi, 6 lavoratori su 10 lo accolgono con diffidenza, alla stregua di un espediente per favorire l’industria finanziaria. Ma un discorso sul risparmio richiama di per sé quello del rapporto con le banche: solo il 34,2% degli intervistati per la ricerca Bnl/Einaudi ritiene adeguato il costo del servizio di conto corrente mentre il 62,6% è di opinione contraria. Ciò detto, «il bicchiere è mezzo pieno, non mezzo vuoto - per dirla con il presidente di Bnl Luigi Abete - le famiglie italiane sono abbastanza soddisfatte delle loro banche. In questi termini si esprime infatti il 68% degli intervistati, e la banca rimane, nonostante i tanti sportelli che in passato hanno consigliato investimenti disastrosi, principale fonte di consulenza finanziaria, e ci si fida dell'operatore di fiducia». Anche il progetto «PattiChiari», lanciato dall'Abi dopo gli scandali finanziari Cirio e Parmalat, sembra aver contribuito a recuperare un rapporto di serenità tra risparmiatore e sportello bancario.
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