L’ultima di Berlusconi: in pensione a 68 anni
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venerdì 4 novembre 2005
Pagina 13 Economia & Lavoro
L’ultima di Berlusconi: in pensione a 68 anni
La maggioranza affida al premier 250 milioni «da distribuire». Ritorna il fondo famiglia, tagli allo spettacolo
di Bianca Di Giovanni / Roma
NIENTE PENSIONE - «Potremmo lavorare di più» e «potremmo lavorare più a lungo». A Silvio Berlusconi piace restare a Palazzo Chigi. Tanto che, davanti all’assemblea dei tabaccai, arriva ad auspicare l’allungamento della vita lavorativa. «Chi ha 70 anni può lavora- re - dichiara - Parlo anche del mio caso. In Germania si sta discutendo una proposta di arrivare a 68 anni. Non si tratta solo di lavoro in più, ma anche di vitalità e giovinezza. Credo si tratti di un orizzonte da non precluderci». Evidentemente nel fantastico mondo del premier lavorare «non» stanca. Il riferimento del premier è all’età minima per la pensione di anzianità (quella di vecchiaia ha gli stessi limiti in Italia e Germania), che per i tedeschi è oggi di 63 anni, mentre per gli italiani si raggiungerà il termine dei 62 (63 per gli autonomi) solo nel 2014. Naturalmente la sua uscita ha sollevato una salve di proteste dal fronte sindacale. Laconico Guglielmo Epifani: «Il premier si commenta da sé».
Intanto Berlusconi «incassa» una vera «prebenda» in Finanziaria: per la prima volta il premier ottiene di poter disporre a suo piacimento di una posta da 250 milioni. Quasi come un monarca, anche se durante il vertice di maggioranza che ha sciolto ieri i nodi nella maggioranza sul pacchetto per la famiglia il premier si definisce «semplice notaio». All’incontro Giulio Tremonti si è presentato con 500 milioni reperiti nelle pieghe del bilancio. Di questi la metà andrà alla presidenza del consiglio (forse anche per ridiscutere con gli enti locali). Il resto andrà in parte al fondo dello spettacolo (50 milioni) che in precedenza aveva perso di nuovo i 140 milioni aggiunti una settimana fa. Gli altri 200 milioni andrebbero ai gruppi parlamentari. Gli esponenti della maggioranza hanno siglato un documento per l’impiego delle risorse «fresche» reperite dal tesoro. Chiaro l’intento di Via Venti Settembre di arginare il Parlamento entro limiti di spesa sostenibili.
Nella giornata che inaugura la «prebenda» per il premier, si assiste anche all’inedito di una posta «intermittente»: 140 milioni tornano alla famiglia dopo un passaggio lampo al fondo per lo spettacolo. Il fatto è che l’Udc arriva al vertice con una richiesta inderogabile: il fondo per la famiglia deve tornare a quota 1 miliardo e 140 milioni. Pare sia stato Roberto Calderoli a fare la lista per iscritto delle misure che gli alleati avevano intenzione di destinare ai nuclei familiari. Fuori il bonus libri (sostenuto da Tremonti e Berlusconi) e l’assegno ai pensionati al minimo voluto da Fini (tutti presenti al vertice), perché entrambe ritenute misure più di assistenza che di sostegno alle politiche familiari. Il nucleo centrale dell’intervento, dunque, è rimasto il bonus bebè (750 milioni) che prevede mille euro dai secondogeniti in poi nel 2005 e altrettanto dai primogeniti nel 2006. Altri 100 milioni andranno alle famiglie con un bambino disabile e altrettanto servirà per costituire un fondo per favorire l’acquisto della casa da parte delle giovani coppie. Alle famiglie che mandano i figli alle scuole private saranno destinati 150 milioni (non si capisce perché questa misura è considerata per le famiglie e quella sui libri di testo - di scuole pubbliche e private - invece no). Ma il regalo ai cattolici non finisce qui: 50 milioni verranno destinati a chi sceglie il nido o la materna privata. Mentre ai Comuni si tagliano i fondi per offrire questi servizi. Incassato il risultato l’Udc ha deciso di ritirare gli emendamenti sulle rendite finanziarie e all’alta commissione sui conti pubblici. La trasparenza può attendere, la Chiesa no. Slittato per due giorni di seguito, oggi è atteso il varo dellla Finanziaria in Commisisone Bilancio. L’emendamento sarà presentato in Aula la prossima settimana. Tremonti ha intenzione di chiudere in Senato entro venerdì prossimo. Ma le esigenze a cui far fronte sono ancora molte: dalle forze armate alla polizia, ai fondi per la cultura. Ci penserà il premier?
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