La Cgil firmata Camusso. “Più spazio ai giovani”
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Paura certamente non ne avrà. Susanna Camusso, da oggi nuovo segretario generale della Cgil, fa politica da quando aveva vent’anni. Quando da studente della Statale (area Movimento Studentesco e poi Mls, il gruppetto milanese che ne derivò) cominciò a bazzicare il sindacato dei metalmeccanici occupandosi delle 150 ore, lo strumento con cui centinaia di migliaia di operai ebbero un titolo di studio. Dopo trentacinque anni di militanza appassionata nella Cgil, Camusso è giunta senza scossoni al vertice di un’organizzazione che (letteralmente) è la sua vita, e con cui si identifica totalmente. Che insieme al femminismo («scrivi proprio femminismo», puntualizza) e a un’ispirazione politica di sinistra riformista rappresenta uno dei tre poli della vita e della personalità del nuovo leader di Corso d’Italia.
Ha cinquantacinque anni, una figlia di ventidue che adora, e la suoneria del suo telefonino è «Blowin’ in the Wind» di Bob Dylan. «E resterà la mia suoneria perché mi piace e per quello che rappresenta per me e per la mia generazione».
Normalmente è una persona calma, che non si arrabbia e non perde il controllo. Si infuria per poche e puntuali ragioni: «quando ci sono porcherie di accordi separati – racconta – per le ingiustizie manifeste». E guardando l'Italia di oggi, per cosa si deve infuriare il neosegretario della Cgil? «Facile: per le cose tremende che si stanno facendo alle donne e alla loro immagine in questo paese. La mancanza di rispetto, che produce ingiustizia e discriminazione». Messaggio ricevuto, Presidente Berlusconi? Sarà meglio evitare le battute «simpatiche».
Non c’è un «momento giusto» per mettersi a fare il segretario generale della Cgil. E la sfida che attende questa milanese dagli occhi azzurrissimi è complicata. C’è una Cgil emarginata ed espulsa dai tavoli dove si decide; o che si è fatta emarginare; o che non ha saputo agguantare le poche occasioni che le sono state offerte. La rottura, assoluta, con Cisl e Uil. Una crisi economica che produce e produrrà disoccupazione e ristrutturazioni. La sfida lanciata da Sergio Marchionne all’insegna del «o così o chiudo le fabbriche», la scoperta che un sindacato e gli accordi non servono poi davvero. Un governo che potrebbe franare aprendo a scenari imprevedibili; ma che potrebbe benissimo reggere e accelerare l’espulsione della Cgil dai tavoli negoziali, e varare riforme che per la Cgil sono lo smantellamento delle regole. Una Fiom spina nel fianco della confederazione, ma che sa mobilitarsi e rapportarsi con la politica. Quella Fiom governata dagli eredi di Claudio Sabattini, il dirigente che nel 1996-97 la allontanò ferocemente dal sindacato dei metalmeccanici in cui Camusso aveva lavorato tanti anni.
Camusso si affiderà al buon senso, alla collegialità nelle decisioni da prendere. Qualcuno si attende una grande discontinuità dalla segreteria di Guglielmo Epifani, il predecessore che ha attentamente gestito e pilotato questo cambio della guardia? Verrà deluso, almeno nelle cose importanti: la linea politica, le scelte strategiche della confederazione. Certamente, in questa fase, si può immaginare che il segretario cercherà di stare seduta a tutti i tavoli offerti alla sua organizzazione. Con puntiglio, ma non a tutti i costi. Cercherà di migliorare (ma non a tutti i costi) i complicati rapporti con il Partito Democratico, il partito cui è iscritta dopo una lunga militanza nel partito socialista (era della componente di Achilli). Proverà a costruire un ricambio generazionale in un sindacato il cui gruppo dirigente è formato da una banda di coetanei tutti cinquantacinquenni. Una Cgil che ha «perso» i quarantenni, e che nell’era Camusso dovrà – pena un graduale ma irreversibile indebolimento - trovare i trentenni che daranno nuove idee e nuove gambe a un sindacato ancora forte ma «vecchio». La partenza è di quelle a razzo: subito i tavoli sul fisco col governo e sull’economia con Confindustria. Il 27 novembre, poi, ci sarà piazza San Giovanni. E la prima grande manifestazione della Cgil di Susanna Camusso