30/6/2010 ore: 7:53

La Cgil in piazza contro la "legge bavaglio"

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Il principale sindacato italiano contro la legge sulle intercettazioni. Giovedì 1° luglio, nella manifestazione a piazza Navona a Roma (e in altre piazze italiane) contro la legge bavaglio, la Cgil ci mette la faccia, l’impegno, va in prima fila, garantisce battaglia e vuol far emergere l’emergenza italiana a livello europeo. Il perché loo spiega il segretario confederale Fulvio Fammoni.

Domanda: come mai un sindacato che si occupa di lavoro interviene su una legge sull’informazione e giustizia?

«Intanto ricordo che eravamo anche alla manifestazione del 3 ottobre scorso. Il punto cruciale è che questa legge ha evidenti tratti di incostituzionalità, gli interventi del governo in cui legifera su giustizia, informazione e lavoro senza tener conto della Costituzione sono ormai frequenti, per una grande organizzazione sindacale come la nostra ciò è sbagliato ed è doveroso intervenire. E qui due argomenti fondamentali entrano in gioco».

Quali?


«La giustizia e la libertà di informazione. Ed è inaccettabile che in una fase generale così grave il governo intasi il Parlamento con leggi sbagliate senza affrontare i grandi problemi della crisi e del lavoro e anzi oscurandoli».

Cisl e Uil non ci saranno.

«In piazza ci saranno come promotrici oltre 300 associazioni delle tendenze più diverse, molte cattoliche, dall’Acli all’Arci alla Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Ci saranno presidi in decine di città italiane. Che Cisl e Uil non vengano è un problema. Peraltro su questi temi hanno sempre svolto iniziative».

Come spiega la loro assenza?

«Non so dare una spiegazione razionale. La Federazione della stampa ha tentato momenti di confronto comune che non si sono potuti realizzare. Mi auguro che su temi così cruciali come la libertà e i diritti si ritorni a iniziative unite. Oltre tutto la legge sulle intercettazioni avrà ripercussioni pesanti anche sui posti di lavoro».

In che modo?

«Parliamo non solo della Legge bavaglio ma di un insieme molto articolato e grave: parliamo di censure, di cosa viene fatto alla Rai, del mancato finanziamento all’editoria, di tagli alla cultura e allo spettacolo: andando avanti così si perderanno migliaia di posti di lavoro nell’editoria e nello spettacolo e questo, per un sindacato, è uno dei metri di giudizio fondamentali».

E dopo la manifestazione di giovedì che succederà?


«Non ci fermeremo, saremo davanti al Parlamento anche se discuteranno della legge ad agosto. Poi stiamo preparando un ricorso alla Corte Costituzionale e uno alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Pensiamo ad esempio a come difendere gli operatori informazione che incapperanno nelle tagliole della legge».

Pensa che questa legge possa essere corretta o che vada cancellata?

«Non si può cercare di limitare danni. Se la approvano durante un processo potranno parlare solo gli imputati ed è assurdo. Dobbiamo far uscire l'Italia da questa cappa. Per questo per l’autunno stiamo pensando a metter su un’iniziativa politica in Europa. Il trattato di Lisbona, benché non ancora in vigore, prevede leggi di iniziativa popolare con almeno un milione di firme raccolte in diversi paesi dell’Unione. Perciò stiamo valutando se raccogliere queste firme per un testo sulle regole per la libertà di informazione e che consegneremo al Parlamento europeo. Non saranno firme sulla legge bavaglio, ma investono in pieno l’argomento».

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