19/4/2006 ore: 12:20

La rivolta alla Feltrinelli: «Rotto un tabù di 50 anni»

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    mercoled? 19 aprile 2006

    Pagina 24 - Cronaca


    La rivolta alla Feltrinelli
    ?Rotto un tab? di 50 anni?
      Il primo sciopero nell’azienda che pubblic? Negri e la Cederna I commessi: come al supermarket. ?No, il lavoro ? migliorato?

      Francesco Battistini
        MILANO - (... Ce l’hai l’ultimo di Moccia?...) . ?... Io sono una delle pi? vecchie, qui. Sono scappata dal Cile, da Valparaiso, ventun anni fa. C’era Pinochet, la dittatura. Quando sono arrivata a Milano, la prima cosa ? stata andare in fondo a questa strada dove lavoro adesso: avevo passato tutta l’adolescenza sognando di vedere piazzale Loreto, dove hanno appeso Mussolini e la Petacci...?.
          (... Vorrei il libro di Beppe Grillo...) .
            ?... Non so se si capisce, sono di estrema sinistra. Ho studiato ingegneria, ma adoro la politica. Leggo tutto su Cuba. E Giangiacomo Feltrinelli ? sempre stato un mito. In Sudamerica lui era un eroe e io di nascosto avevo letto tutto. Quando mi hanno assunto alla Feltrinelli, per me ? stato un grande onore...?.

            (... Mi d? il saggio di Ginzburg su Sofri?...) .
              ?... Ma anche questo posto ? cambiato, sai? Noi non siamo mai stati commessi. Assumevano solo ragazzi laureati o che si stavano laureando. Gente che doveva conoscere quel che vendeva. Ma adesso, come fanno questi ragazzi? Io che ho il vecchio contratto, posso comprare i libri nuovi col 70 per cento di sconto. Quasi gratis. I nuovi assunti, no: a loro, i manager che sono arrivati hanno ridotto anche gli sconti...?.

              Libero libro in libera libreria. Con la divisa rossobl? e il badge al petto, l’addetta alle ?Novit? Carmen Figueroa Vargas, 40 anni, smista clienti e opinioni nell’interrato del megastore Feltrinelli di corso Buenos Aires. Non le stanno comodi, i panni della banconista. E sabato c’era, o meglio non c’era, anche lei. Le sue due ore d’assenza non entreranno nella letteratura come un Saturday di McEwan, ma a loro modo fanno piccola storia. Il primo giorno di sciopero in mezzo secolo di un’editrice che pubblic? Toni Negri e Camilla Cederna. Il primo abbaio in una chiesa rossa che ebbe fra i sostenitori le coop e fra gli amministratori il fratello di Occhetto.
                ?Abbiamo rotto un tab?, ? stata una cosa liberatoria?, a Jonas Onidi, 26 anni, rappresentante sindacale della Feltrinelli Duomo, ancora non pare vero: ?C’erano tensioni, ansie, paure. Per molti di noi, boh, un’azienda che si chiama Feltrinelli dovrebbe stare dalla nostra parte. Invece, siamo diventati come un grosmarket...?. I 1.500 dipendenti di Roma e di Piacenza, di Napoli e di Bologna, di Genova e di Ancona si sono messi su un blog e ribattezzati ?lavoratori eFFelunga?, dove la F ? la stessa su cui disquisiva vent’anni fa il Goffredo Fofi del manifesto (?ha l’aspetto di un cuspide di freccia?). Sono sfilati a Milano in Galleria irridendo (?Carta Pi? ai clienti, contratto bidone ai dipendenti?) le fidelity card feltrinelliane ?e un po’ berlusconiane?, per protesta contro gli organici ridotti, il precariato, gli orari: ?I nuovi assunti hanno turni massacranti - spiega Jonas -, la domenica hanno straordinari pi? bassi, vengono presi senza integrativo?. Ma il punto non sono solo i soldi: ?Lavorare qui, un tempo voleva dire avere una grande professionalit?. E tutti, nel loro piccolo, si sentivano parte di un’azienda che fa cultura. Poi sono arrivati i manager dell’Esselunga, della Decathlon. La famiglia Feltrinelli s’? affidata a loro. Abbiamo chiesto un colloquio a Carlo, il figlio di Inge. S’? fatto vivo solo un mese fa, per lettera, proponendoci l’improponibile: niente soldi, niente orari, integrativo limitato ad alcuni lavoratori... Tanta durezza non ce l’aspettavamo?.
                  La lotta dura non fa paura. Una casa che ha resistito alla morte del fondatore (salt? sul traliccio di Segrate, 1972) e alla crisi nera dei primi anni ’80, una F sorta e risorta come una Fenice su scoop della letteratura mondiale ( Il dottor Zivago , Il Gattopardo , Cent’anni di solitudine , L’amante ...), un editore che vanta 19 Nobel, duemila titoli e pi? di cento novit? l’anno, non mostra gran turbamento per la protesta: ?Siamo in piena innovazione in un mercato asfittico - dice Stefano Sardo, 46 anni, vicedirettore delle Librerie, proprio uno di quei manager arrivati cinque anni fa dalla grande distribuzione -. I megastore sono un successo straordinario, raggiungono un pubblico irraggiungibile con le tradizionali librerie, che pure sopravvivono. Le aziende cambiano velocemente e anche le proteste fanno parte di questo processo di miglioramento. Una parte dei dipendenti vede scalfite teoricamente, molto teoricamente, certe abitudini. Ma questo ? un atteggiamento antistorico: cinque anni fa, in Feltrinelli non c’erano nemmeno i computer. Volevano stare nelle caverne, mentre il mondo va su Marte??. I risultati del rilancio si vedono, l’azienda va e dopo i Feltrinelli Village nei centri commerciali, gli appalti negli aeroporti, arriveranno le vetrine nelle stazioni ferroviarie. Tanto aziendalismo contagia anche a sinistra: perfino le Coop rosse, strappato un manager di casa Inge, si stanno buttando a copiare l’idea, aprendo punti-libri nei supermarket.
                    La rivoluzione non ? un pranzo di gala e il manager Sardo ? convinto: ?Ci riempiamo la bocca sui pochi libri che si vendono in Italia. Ma appena arriva una novit?, escono resistenze anacronistiche?. Il sindacalista Jonas non si rassegna: ?E io che credevo d’essere un libraio... Quando hanno aperto il megastore di piazza Piemonte, hanno organizzato una convention per noi venditori. C’era un tizio che strillava. Ci voleva motivati, diceva che dovevamo spaccare tutto. Otto ore di lavaggio del cervello. A me s’? gelato il sangue: sembrava di stare a Publitalia?.

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