Le nuove Br: ci stiamo riorganizzando
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 sabato 8 gennaio 2005
sezione: ITALIA POLITICA - pag: 16
Terrorismo - È il messaggio del documento ritrovato a Modena Allarme del Viminale, aumenta il pericolo di infiltrazioni eversive nelle imprese Le nuove Br: ci stiamo riorganizzando
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MARCO LUDOVICO
ROMA • «Le Br non sono state sconfitte e si riorganizzeranno»: è uno dei messaggi più importanti contenuti nei tre fogli trovati tre giorni fa dalla Digos di Modena. Un documento (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri) ora al vaglio dell'Antiterrorismo, che deve accertare l'autenticità dello scritto. Al di là del fatto di cronaca, una cosa è certa: l'allarme è salito e il ministro Pisanu continua a ripetere che «la guardia deve rimanere alta». Anche perché, nonostante la sequenza di arresti, le avvisaglie di una crescita della tensione eversiva ci sono da tempo. E nel classico stile del terrorismo di estrema sinistra, arrivano soprattutto dal mondo del lavoro.
Le infiltrazioni eversive le imprese. Il fenomeno è stato riscontrato più volte e anche un recente volantino delle "Cellule di offensiva rivoluzionaria", ritrovato a Pisa, richiama i temi del mondo del lavoro nella prospettiva, sostengono, di un rilancio della lotta armata.
Oltre ai volantini, però, c'è un'azione più subdola, nascosta, e forse per questo più efficace, praticata dagli esponenti dell'estrema sinistra extraparlamentare che si definiscono «marxisti leninisti». Sembra che questa azione si concentri molto sul fronte del lavoro salariato: non solo operaio, ma anche dei servizi e del terziario avanzato. La strategia dell'infiltrazione eversiva consiste nell'individuare e sostenere, all'interno delle imprese, gruppo orientati alla contestazione più violenta e ad altre forme di scontro radicale. Ne sanno qualcosa anche i sindacati, che devono combattere con i tentativi di sovversivi che cercano di insinuarsi perfino al loro interno.
In generale, è stato accertato che l'obiettivo degli estremisti è di creare un reticolo di avamposti sui luoghi di lavoro in grado di fare breccia e di allargare il dissenso contro lo Stato. Se le intenzioni e il sistema di intervento sono chiari, sembra altrettanto chiaro che, almeno finora, il consenso e l'apertura alle proposte eversive sia stato molto scarso.
Questo però non fa venir meno l'allarme sulla minaccia messa in campo che, se non riesce a far leva su motivi politici per alimentare la protesta violenta, può sempre puntare sul tentativo di esasperare le rivendicazioni sul salario o sull'orario di lavoro.
Un pericolo che ha raggiunto il più alto livello di concentrazione nell'area lombarda e milanese, in particolare, che è anche quella potenzialmente più soggetta alla cosiddetta «propaganda armata». Senza dimenticare, tuttavia, il livello di tensione raggiunto negli stabilimenti Fiat di Pomigliano D'Arco e soprattutto di Melfi, quest'ultimo esploso alla fine dello scorso aprile. Così come nel caso della protesta selvaggia svoltasi nel dicembre 2003 dagli autroferrotranvieri di Milano, si tratta di situazioni che possono diventare «aree di riferimento» per i progetti eversivi. Anche perché gli estremisti tali le considerano.
Modena, il punto sulle indagini. Il primo foglio si apre con l'intestazione classica: «Brigate Rosse Partito Comunista Combattente». Manca però la stella a cinque punte. Sembra un documento a circolazione interna, da cui emerge una volontà di riorganizzazione, quasi ci fosse una campagna di reclutamento in corso. Al di là delle affermazioni sulle Br che non sono state smantellate e che stanno ripartendo, come vuol far capire il documento, il senso vero del messaggio, secondo alcuni inquirenti, sarebbe invece «ripartiamo da zero e rifacciamo le Br». Chi ha elaborato lo scritto si presenta come se fosse già da prima dentro le Brigate Rosse, ma ci sono perplessità legate al tipo di linguaggio utilizzato, che non corrisponderebbe allo stile tradizionale dei brigatisti. «Prendiamo in considerazione questo ritrovamento, facciamo indagini — ha detto il procuratore di Bologna Enrico Di Nicola, che si occupa della vicenda con il Pm Paolo Giovagnoli, il titolare dell'inchiesta sull'omicidio di Marco Biagi — ma non riteniamo che continuino a esserci le Br, almeno in EmiliaRomagna, ed abbiano la virulenza e la capacità d'azione mostrate in passato».
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