18 settembre 2002
Lo sciopero generale della Cgil Sciopero generale il 18 ottobre contro la politica del governo. Ed è subito polemica. «E''uno sciopero contro di noi», reagisce la Cisl, dalla Uil l'attacco più pesante è alla Fiom. Di nuovo maretta nell'Ulivo sull'«unità sindacale»
CARLA CASALINI
E' sciopero generale, di nuovo, contro la politica del governo di destra: 8 ore in tutt'Italia il 18 ottobre, con manifestazioni in tutte le città, ma è lo sciopero della sola Cgil, che già lo aveva deciso il 9 luglio e ora ne fissa la data - proposta dalla segreteria nazionale al direttivo di venerdì prossimo per la sanzione definitiva. L'ultimo sciopero generale di 8 ore risale al 16 aprile, fu indetto da tutti i sindacati contro l'attacco del governo e della Confindustria, all'articolo 18 che tutela dai licenziamenti illegittimi. Poi lo strappo: Cisl e Uil d'improvviso accettarono la manomissione del «18» e firmarono il «Patto per l'Italia» rendendosi nei fatti partner della politica di Berlusconi. La Cgil indiceva da sola gli scioperi generali regionali dal 20 giugno al 12 luglio, mentre la rottura più grossa tra i sindacati era intanto avvenuta sul contratto dei metalmeccanici: Fim e Uilm accettavano l'accordo separato con gli imprenditori, la Fiom chiamava allo sciopero.
L'autunno si riapre sulla stessa tastiera: la Cgil fissa lo sciopero generale, la Fiom scrive da sola la piattaforma per il nuovo contratto nazionale, si incrudelisce la polemica di Cisl e Uil. L'eco della profonda divisione tra i sindacati anche oggi, come allora, riverbera dentro l'Ulivo: sia nella Margherita che nei Ds si ridiscute dello sciopero autonomo della Cgil e la Fiom diviene il primo bersaglio comune delle polemiche più esplicite, e di quelle velate che oggi, a differenza di allora, si appoggiano sull'esito fallimentare delle politiche del governo per rilanciare il «tema dell'unità» di Cgil, Cisl, Uil.
Lo sciopero del 18 ottobre, scrive alle strutture la segreteria nazionale della Cgil, si farà «contro la manomissione dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori, contro le scelte sbagliate contenute nel Patto per l'Italia. Una mobilitazione impegnativa, cui ora presiede Guglielmo Epifani, che venerdì il direttivo eleggerà successore di Sergio Cofferati. E Cofferati ieri ha rincarato sulla politica «fallimentare» del governo che mostra i suoi guasti «in molti settori produttivi», nella stessa vicenda Fiat. Al proposito si è preso il gusto di commentare la lettera di Antonio D'Amato a Berlusconi: «E' singolare, il presidente della Confindustria ha firmato insieme a tanti altri solo pochi mesi fa un accordo che ha glorificato in termini pomposi»; oggi «quella lettera è il riconoscimento, contemporaneamente, di un errore clamoroso di previsione e di una scelta errata di politiche».
Il fondamento pericoloso della politica berlusconiana è il tentativo di mutare le regole del mercato del lavoro, ledendo «i diritti delle persone», con «iniziative che si estendono nella società che rischia di diventare autoritaria», dalla legge Bossi-Fini, alla libertà d'informazione, all'ordinamento della giustizia. per Cofferati ce n'è abbastanza per far riflettere seriamente anche Cisl e Uil «sull'errore commesso firmando il patto per l'Italia: poi che cosa fare lo decidano loro, noi, per intanto, abbiamo deciso lo sciopero generale il 18».
Dalla Cisl, la prima reazione del leader Savino Pezzotta è secca: «Lo sciopero non è 'generale', perché è indetto da una sola parte», poi «di certo è uno sciopero contro di noi, perché è contro il Patto per l'Italia». Segue una minaccia al governo, «se non mantiene gli impegni la Cisl saprà cosa fare», e infine la consueta accusa alla Cgil di «motivazioni politiche». Sulla stessa falsariga, il segretario Uil Adriano Musi si augura che «siano tutte sindacali» le motivazioni dello sciopero, che la Cgil «abbia individuato bene le controparti e non accada come per lo sciopero della Fiom, che doveva essere contro la Federmeccanica è alla fine fu contro Fim e Uilm». Ed è contro la Fiom il carico più pesante, scaraventato dal segretario della Uilm Franco Lotito.
Mentre il leader della Fim, Giorgio Caprioli, constata con «dispiacere» che «da 40 anni i metalmeccanici non si presentavano con piattaforme separate sul contratto nazionale» alla trattativa con gli imprenditori, e l'indebolimento che ne consegue per tutti, Lotito accusa la Fiom di «contribuire allo smantellamento del contratto nazionale», il suo gruppo dirigente di essere guidato da «una logica aliena», che trasforma quel sindacato in «un gruppo di agitazione votato alla divisione del sindacato e alla sconfitta dei lavoratori» talché «anche la destra al governo, oltre alla Confindustria, ringrazierà di cuore». Reagisce il leader della Fiom Gianni Rinaldini: «Sono dichiarazioni assolutamente incomprensibili: la scelta della Fiom, che ha preso atto, dopo l'incontro dei tre segretari generali, dell'impossibilità di costruire una piattaforma unitaria, ha il significato di difendere il contratto nazionale, che è stato messo in discussione dalla pratica degli accordi separati - da quello metalmeccanico all'art.18, al Patto per l'Italia - senza la consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici, il cui diritto democratico di decidere, tanto più in una fase di crescenti divergenze sindacali, è decisivo per la salvezza stessa della contrattazione». Altrimenti, è «come dire che sono le imprese a scegliere con chi fare gli accordi».
E dall'ex segretario Cisl, Franco Marini, ieri alla direzione della Margherita è venuto l'imput al partito a lavorare per i rapporti con la Cisl e la Uil: «Io il Patto per l'Italia non l'avrei firmato, è pura propaganda», e però la Cgil «fermi la macchina dello sciopero». Vivace replica di Rosi Bindi: «Ma come, quando io criticavo il Patto, mi si è accusata di guastare i rapporti con Pezzotta». Tra i Ds pare sia stato Angius il più fervente dubbioso sullo sciopero della Cgil, seguito con più prudenza da altri, dallo stesso Fassino. In entrambe le riunioni la «riserva» più grossa «nei confronti della Fiom».
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