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Milano. Ortomercato: l'inferno dell'illegalità

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    marted?, 14 novembre 2006

    Pagina VII - Milano

    Minacciato di morte il sindacalista Cgil che ha organizzato uno sciopero.
    Non c?? pi? posto di polizia e i vigili hanno paura a intervenire
      Ortomercato, nel suk del crimine
        Le cosche gestiscono il caporalato e domina il terrore

        Ogni giorno volano pugni e calci, spesso dalle tasche escono i coltelli Chi vende, compra, scarica, si organizza come crede. Il risultato ? una giungla Sogemi, la societ? che ha la gestione, ? coperta di debiti "Qui tutto ? lasciato morire, ? diventato una zona franca"

        PAOLO BERIZZI

        DALLA torre della Sogemi, undici piani di cemento a vista, si domina l?infinito suk dell?Ortomercato. Se ne avvertono gli odori, con netta prevalenza di un misto di gas di scarico e umidit? intrisa di legno e aromi vegetali. Del mercato, da quass?, si scorge il perimetro perso nel buio, si sente il respiro malato, si ha una prima percezione dei tanti cancri che lo mordono alla gola. Nessuno pi? che voglia guarirlo, che provi a metterci le mani. Per capire quali e quante schifezze siano fermentate nel tempo nella pancia di questa gigantesca piazza commerciale dove si vende ogni anno un milione di tonnellate di frutta e verdura, basterebbe fissare lo sguardo sui tir in entrata. Decine, centinaia di tir. Vengono da tutta Italia (soprattutto dal Sud, Puglia e Sicilia) e da tutta Europa (molta Spagna e Olanda). Dalle 23 alle sei del mattino li vedi incolonnati a un centimetro uno dall?altro, il muso diretto verso la porta numero 4.

        Sette ore di delirio viabilistico. Entrano tutti da l?, i bilichi, dalla 4, e non si capisce bene perch?, visto che, di varchi d?accesso, per raggiungere i punti vendita dei grossisti (145 imprese, 160 produttori locali) ce ne sono altri tre. Che per? restano chiusi. ? una delle tante storture della deregulation quarantennale grazie alla quale all?Ortomercato ormai ognuno fa quello che vuole. Chi vende, chi compra, chi scarica, si organizza un po? come meglio crede. E come pi? gli conviene. Una giungla. Le norme, come la struttura, si sono logorate negli anni. Hanno lasciato spazio a ondate impressionanti di lavoro nero, a un caporalato inattaccabile, spietato, minaccioso persino con la polizia. Figurarsi con quei lavoratori che, sciagurati, provano a dire che cos? non va bene. Le ultime minacce di morte risalgono a una settimana fa. Un sindacalista della Cgil, vent?anni di onorata carriera tra bancali e celle frigorifere, ? finito nel mirino delle cosche delle cassette. La sua colpa ? quella di aver organizzato, l?anno scorso, assieme ad altri, il primo e finora unico sciopero nella storia dell?Ortomercato. Un picchetto contro il lavoro nero e la mancanza di sicurezza. Il coraggioso tentativo di sollevare il coperchio del pentolone dove da troppo tempo sguazzano i sodalizi imprenditorial-criminali che dettano legge tra i padiglioni. ? il 31 maggio 2005: i lavoratori bloccano le colonne di Tir all?esterno dell?area. Duecento poliziotti in tenuta antisommossa intervengono per consentire agli autoarticolati di sversare comunque la merce. Ma quello sciopero "indegno" qualcuno se lo era segnato. Lui ? il potente titolare di una cooperativa. Una delle pi? attive nello sfruttamento della manodopera clandestina. Migliaia di euro intascati ogni mese grazie a un giro vorticoso di buste paga confezionate dalle imprese che appaltano il lavoro. Buste prosciugate da creste sempre pi? consistenti. La settimana scorsa ? mezzogiorno. Racconta la vittima: ?Mi hanno fermato all?ingresso del mercato. Il caporale e due spalloni slavi. Sono scesi da un?auto scura. "Dategli una lezione a quello l?", ha ordinato l?uomo. Sono riuscito a scappare e a chiamare la polizia. Li ho denunciati. Ma adesso ho paura a girare per il mercato?. Accade anche questo in via Lombroso: il "troppo" impegno sociale lo paghi col terrore, o con le botte, o con la macchina distrutta. ?Tutto ? lasciato morire, ? una specie di zona franca - ragiona un altro lavoratore iscritto al sindacato, Francesco Di Gregorio - . Ma il caporalato e il lavoro nero sono anche la conseguenza delle disastrose condizioni in cui si trova la struttura…?. Giorgio Vanoli, segretario regionale Filcams Cgil, non ha dubbi: ?Siamo rimasti fermi a 30 anni fa. Non ci sono stati investimenti tecnologici. Le imprese, per colmare i costi di produzione e di lavorazione sempre pi? alti, si sono messe a ingaggiare lavoratori fuori da ogni regola. Ma sono i politici che hanno fatto marcire l?Ortofrutticolo. Sogemi ? praticamente fallita, coperta da una montagna di debiti. E le giunte se ne sono sempre fregate. Nemmeno con Istanbul possiamo pi? competere?. La notte infinita della frutta e della verdura ? una babele di scambi, di incontri, di biechi compromessi, di lingue e di razze che si incrociano nell?oscurit?. Sono un business anche i bancali. Gli immigrati, tutti clandestini, se li contendono come pepite d?oro. Li rubano in un padiglione e li rivendono in un altro, 30 o 40 centesimi l?uno. Si dividono in clan anche i ladri di bancali: ci sono i marocchini, gli egiziani, i filippini, i romeni, gli albanesi. Ogni giorno volano pugni e calci, dalle tasche escono coltelli (ogni operaio ne ha uno in tasca, dovrebbe essere uno strumento di lavoro ma se ne fa un uso polifunzionale).
          Alle quattro e mezza avviciniamo Adil, marocchino. Ha 20 anni e sta sbadigliando. Dice che per sopravvivere si fa anche questo. Si scavalcano le cancellate del mercato per combattere la guerra dei poveri. Lo fanno ogni notte decine di immigrati. I pi? fortunati raggiungono indisturbati i loro posti di lavoro precario, si fanno assoldare per qualche ora di sudore a meno quattro gradi come certe notti d?inverno. Agli altri, i par?a, non resta che trafficare coi bancali. Mohamed guadagna 800 euro per 250 ore al mese. ?O fai cos?, o stai a casa?. Per lui il caporalato ? una garanzia di sussistenza. Tutti i 9 mila operatori dell?Ortofrutta sanno di essere braccia di un commercio liberista e libertino dove non si sa cosa entra e non si sa cosa esce. Perch? nessuno controlla. Gli ingordi grossisti che arrivano alle cinque dentro Mercedes da 100mila euro si spartiscono la torta del mercato, 3 milioni di euro l?anno. Ma gli affari sono in calo. I supermercati si riforniscono altrove, perch? qui c?? troppa confusione. Le aree di scarico rimangono deserte, gli autoarticolati, anzich? svuotare il rimorchio dove dovrebbero, sversano direttamente sotto i capannoni dove viene stoccata la merce. Cos? ne succedono di tutti i colori. Per esempio si muore schiacciati dalle ruote dei Tir. ? successo a Gennaro Infante. Il 15 luglio dell?anno scorso. Un anno prima, nel caos, un altro operaio, Domenico Lomazzo, ? rimasto sotto la pala di un muletto. Quest?estate, il 21 giugno, l?ingorgo di mezzi ? costato la vita a un giovane marocchino. ? scivolato fuori da un Tir, la testa fracassata su un piazzale.

          Mano a mano che si sono avvicendate le amministrazioni, mentre la politica si cambiava d?abito, il ventre dell?Ortomercato ? divenuto sempre pi? molle. Permeabile a tutto. E pericoloso. Come le onduline di amianto che ricoprono i suoi capannoni. Amianto, tanto amianto. E l? che riposa da 40 anni, dal 1965, quando il sogno economico della Grande Milano si materializzava a Est della metropoli, nel pi? grande ingrosso ortofrutticolo all?aperto che l?Italia pu? vantare. Molto tempo e molte cose sono cambiate da allora: da quando le prime ondate migratorie ingrossavano un indotto che non aveva eguali in nessun altro settore merceologico. Il risultato ? una casbah dove il baratto, al pari dell?occupazione, funziona in base a codici non scritti, elaborati dalle cooperative pi? potenti e spregiudicate. La legge se n?? andata assieme a chi dovrebbe farla rispettare. Dieci anni fa c?era un posto di polizia: chiuso. I vigili urbani non vogliono pi? venire. Sono stanchi di aggressioni e minacce. I lavoratori vessati dalle cosche delle cassette hanno rivolto un appello al prefetto. ?Ma non ci ha ancora risposto?. Il 4 dicembre ci riproveranno con un altro sciopero. Ne parlano sommessamente, come carbonari, all?alba, dentro il bar Autogrill posto al centro del mercato. Entra un giovane appena assunto dai caporali. Ordina cappuccio e brioche, ? pallido, non parla. Lo salutano. ?Benvenuto tra i dannati?.

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