Modigliani: «Usare le liquidazioni per cambiare le pensioni»
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«Usare le liquidazioni per cambiare subito le pensioni»
ROMA - Da una parte il premio Nobel per l’economia, Franco Modigliani, gli economisti Mario Baldassarri e Paolo Savona a spiegare che la riforma Dini delle pensioni non serve a nulla e che bisogna cambiare totalmente il sistema prima che questo collassi sotto i colpi dell’invecchiamento della società. Dall’altra il ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, e il consigliere economico di Palazzo Chigi, Paolo Onofri, a ribattere che la situazione non è drammatica e che le riforme degli anni Novanta sono state «importanti». Tanto è vero, dice Monorchio, che «dal ’92 ad oggi si sono risparmiati circa 250 mila miliardi di lire» di spesa previdenziale. È lo scontro tra chi vuole cambiare tutto e passare al sistema «a capitalizzazione», dove ognuno si costruisce la pensione con i propri contributi che vengono investiti nel mercato, e i difensori dell’attuale meccanismo «a ripartizione», dove le pensioni vengono pagate con i contributi di chi lavora. Il duello si è svolto ieri al convegno organizzato dalla cassa di previdenza degli avvocati presieduta da Maurizio de Tilla e da Mediobanca. Ovviamente non ci sono stati né vincitori né vinti. Ciascuno è rimasto sulle proprie posizioni e l’unico argomento sul quale tutti si sono trovati d’accordo è quello dello scarso rilievo che hanno in Italia i fondi pensione, cioè la pensione di scorta di natura privata. In Italia, ma anche in Francia, Germania e Spagna, «la consistenza dei fondi pensione non supera il 5% del reddito nazionale, contro l’80% e oltre nei Paesi anglosassoni», ha sottolineato il vice direttore generale della Banca d’Italia Pierluigi Ciocca, concludendo che la previdenza integrativa è «utile e urgente». Ma se per i sostenitori del passaggio alla capitalizzazione i fondi pensione devono sostituire la previdenza obbligatoria pubblica, cioè il sistema fondato sull’Inps, per i difensori del modello a ripartizione i fondi devono appunto essere «integrativi» o «complementari». E al massimo si può arrivare, secondo una terza via forse più realistica sviluppata da Onorato Castellino ed Elsa Fornaro, a una coesistenza tra una previdenza pubblica più leggera e una privata più forte, finanziata spostando su quest’ultima, «facoltativamente», parte dei contributi versati all’Inps. Invece, secondo Modigliani, collegato in videoconferenza da Boston, si dovrebbe passare integralmente al sistema a capitalizzazione. Per farlo, però, bisogna passare attraverso una lunga fase di transizione, durante la quale si devono continuare a pagare le pensioni maturate col vecchio sistema e contemporaneamente finanziare il fondo a capitalizzazione. Come? Utilizzando il Tfr, cioè gli accantonamenti per la liquidazione, propone Modigliani. Ma Monorchio ha osservato che la proposta potrebbe essere applicata «solo dove esiste il Tfr, cioè per i dipendenti privati, mentre per gli autonomi e i dipendenti pubblici non si può fare perché il bilancio pubblico sarebbe investito da un onere insopportabile». Il confronto-scontro tra le due scuole di pensiero è destinato a continuare perché da qualunque parte lo si guardi il futuro delle pensioni è messo a dura prova da un trend già scritto: nei prossimi 50 anni gli italiani scenderanno da 57 a 46 milioni, con un calo di ben 13 milioni di quelli tra 15 e 64 anni, che passeranno da 39 a 26 milioni.
Enrico Marro
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