21/1/2002 ore: 11:36

Molinette, conti al setaccio

Contenuti associati

DOMENICA, 20 GENNAIO 2002
 
Pagina 21 - Cronaca
 
Torino, tra qualche giorno confronto tra i due tangentisti. Indagato un altro imprenditore. Nuovi interrogatori
 
Molinette, conti al setaccio
 
E tra Odasso e Rosso è l'ora del faccia a faccia
 
I PROTAGONISTI
 
 
 
Erano grandi amici ma ora l'ex manager e il capo dell'ufficio tecnico dell'ospedale si accusano Spunta appalto da 19 miliardi
 
MEO PONTE

TORINO — Erano grandi amici Luigi Odasso, l'ex direttore generale delle Molinette e l'ingegner Aldo Rosso, capo dell'ufficio tecnico ma ora si accusano l'un l'altro. I verbali dei loro interrogatori, oltre a rivelare il giro di tangenti nell'ospedale torinese, siglano anche la fine di un affiatato sodalizio. «Avevo un rapporto di totale confidenza con Rosso ha spiegato Odasso al magistrato Era lui che regolava il flusso delle buste. Faceva tutto lui, prendeva gli accordi e riscuoteva i soldi. Poi veniva da me e mi dava la metà di quanto aveva incassato. Almeno credo che fosse la metà. Avevo completa fiducia in lui e non ho mai controllato. Credevo che fosse denaro a titolo di regalo...». E Rosso invece, prima di ammettere l'incasso di alcune tangenti: «Sono stato trascinato all'Ufficio tecnico delle Molinette da Odasso che mi aveva visto nel ruolo di capo ufficio tecnico al Sant'Anna. Io non volevo quel trasferimento, non mi sentivo pronto per una struttura ospedaliera tanto importante. Ho anche chiesto aiuto ad alcuni dirigenti del Sant'Anna ma mi hanno risposto che non si poteva fare nulla: Odasso insisteva. Quando Angelo Doninelli della Tecnogreen mi consegnò la prima busta pensai che fosse stato mandato da Odasso per saggiare la mia fedeltà. Ero un suo subalterno, lui poteva decidere del mio futuro, della mia vita. Io per lui ero disponibile 24 ore su 24. Ho sempre diviso le buste con lui. Invece la volta che lui ritirò una busta con 10 o 15 milioni da Cecilia Governale della Grandi Progetti non mi diede nulla…».
I due ex amici saranno presto messi a confronto dal sostituto procuratore della Repubblica, Giuseppe Ferrando, il magistrato che coordina l'inchiesta della Guardia di Finanza. Nel frattempo oltre a Massimo Diamante, titolare della Palmar, un altro imprenditore è stato iscritto nel registro degli indagati. E' l'uomo che si accordò con Odasso per una tangente di 200 milioni. E' stato lo stesso ex direttore generale a rivelarlo ai giudici, parlando di un mega appalto di 19 miliardi per cui sei aziende, tra cui la Palmar, avevano creato la Global Service, un'associazione temporanea di imprese. «Ci accordammo con la Palmar per 200 milioni e con la società di cui non ricordo il nome a cui era affidato l'appalto della sorveglianza o delle telecamere per quaranta milioni» ha spiegato Odasso. E Massimo Diamante, responsabile della Palmar, pur negando di aver mai versato tangenti all'ex manager delle Molinette, ha ammesso di aver dovuto acquistare, ad un prezzo fuori mercato «un ramo» della Tecnogreen di Angelo Doninelli, l'imprenditore che avanzava un bel po' di crediti nei confronti di Odasso e che ha poi presentato l'esposto che ha dato il via all'inchiesta.
Ma l'attenzione degli investigatori si accentra soprattutto sull'appalto affidato alla Global Service, il cui presidente è l'ex giocatore della Juventus Bruno Garzena, già finito nei guai nel '97 per l'intossicazione di 1300 scolari di Moncalieri che avevano mangiato nella mensa da lui gestita. Garzena sarà presto interrogato dal pm ed è probabile che in settimana il misterioso personaggio che Odasso indica come chi avrebbe dovuto pagargli la tangente da 200 milioni e il cui nome è stato iscritto in settimana nel registro degli indagati finisca in manette. Lunedì il pm intanto interrogherà nuovamente Renata Prati, la titolare della Selefar di Cuneo, arrestata il 19 dicembre mentre consegna ad Odasso una busta con 10 milioni e ora agli arresti domiciliari. Da lei il magistrato vuole chiarimenti sull'appalto per le gestione della farmacia dell'ospedale delle Molinette. Appalto a cui partecipò la Selefar ma che fu vinto dal Bertello di Borgo San Dalmazzo, un'impresa di proprietà del consuocero della signora Prati.

Close menu