(Del 15/9/2002 Sezione: interni Pag. 7)
Una giornata scritta e studiata come un copione
Nanni attore-regista La piazza in delirio
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personaggio Aldo Cazzullo
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ROMA L´HA ripetuto anche ieri: io non sono un politico. E in effetti Nanni Moretti ha fatto il suo mestiere. Ha scelto il titolo, scritto la sceneggiatura, pensato le parole (con molta cura, le parole), modulato i toni di voce, tenuto in mano per tutto il tempo il copione, chiamato i coprotagonisti, riunito le comparse. Si è anche citato: «Come può Berlusconi definire una manifestazione "disdicevole"? Ma come parla Berlusconi?» (in Palombella rossa lo faceva arrabbiare la giornalista che diceva «trend negativo». Ieri invece l´ha fatto arrabbiare Federica Sciarelli: «Ma come, l´intervista è già finita? Se non ci dà spazio neppure il Tg3...»). Siccome Nanni Moretti è un bravo attore e un bravo regista, il suo intervento, lo si condivida o no, è stato efficace. E siccome il suo cinema è politico, o la sua politica è cinematografica, la folla era tutta per lui. Lui che in sei mesi è passato da un breve ma devastante intervento in una piazza Navona più vuota che alla commemorazione per Craxi, a una maratona di cinque ore in piazza San Giovanni piena (assicura forse esagerando il signore con il tricolore dell´Associazione partigiani) come per i funerali di Togliatti. Il titolo scelto da Nanni era: una festa di protesta. Ma non ha mai dato l´aria di divertirsi. Piuttosto, di soffrire. Il volto su cui le vacanze a Vietri sul Mare non hanno lasciato colore. La passeggiata nervosa sul palco, le braccia incrociate dietro la schiena, da attore nevrotico alle prove. La voce roca, a volte dolorosa come quella del professore ferito della Seconda volta, più spesso tagliente come quella del ministro socialista del Portaborse. «Lo faccio solo perché, se Berlusconi diventasse presidente della Repubblica, mi vergognerei di non averlo fatto». Moretti veste casuale, t-shirt granata mocassini pantaloni chiari, ma di casuale non fa nulla. Con le mani segnala di sfumare la musica araba d´apertura, straccia a uno a uno i foglietti del discorso come a liberarsi di un peso, si disseta con la minerale che tiene nella sinistra. Fa ciao alla folla. Segnala a Furio Colombo di stringere. Si appoggia al pianoforte a coda. Accarezza Giuliano Giuliani che ha chiesto giustizia per il figlio Carlo, stringe la studentessa napoletana all´esordio sul palco («Sei stata brava, adesso però saluta»), fa appena un cenno a Flores. I politici li elenca in fretta come titoli di fondo, di Parisi è dimenticato il nome, quello di Castagnetti è sintetizzato in Luigi: «Scusate c´è ancora un elenco di deputati, il prossimo sarà di gente di cinema». I colleghi. D´Alema? «Fate un´altra domanda». Nanni è il primo a entrare in scena. Attacca con il sottotitolo: «Non perdiamoci di vista». In alternativa: «Teniamoci in contatto». Riassunto della puntata precedente: «E´ stato ai primi di agosto, sotto il Senato. Un "assedio selvaggio", l´hanno definito. La cosa più violenta che ho visto è stato un mio amico che ha urlato al ministro Castelli della Lega Nord: «Terrone!». In prosa: «Gli italiani hanno votato Berlusconi inseguendo un sogno e si sono risvegliati in un incubo». In rima: «Siamo moderati; ma siamo anche incazzati. Non vogliamo vivere nell´assuefazione; ci piace la Costituzione». Poi le invettive ai leader del centrodestra, uno per uno. Sferzante quella contro Fini: «Valeva la pena dedicare alla politica tutta la vita, energie, tempo, discussioni, litigi, lacerazioni, sforzi per diventare democratico, e ritrovarsi uno dei tanti signorsì di Berlusconi? Neanche l´unico; uno dei tanti? Davvero ne valeva la pena?». E Berlusconi? gli urlano dal pubblico. «Berlusconi ride. Più è insicuro, più ride. Ma non c´è niente da ridere!». Dario Fo: avrei voluto scriverlo io, un monologo così. Walter Veltroni: perfetto. Rapidissime le reazioni di Bondi e Schifani: pericoloso, irresponsabile («scemo», esordisce una new entry, Antonio Leone di Forza Italia). Sempre a Nanni comunque reagiscono. La giustizia, com´è ovvio. Le promesse non mantenute, certo. La legge sull´immigrazione, «su cui abbiamo sbagliato a non farci sentire». Ma ci sono cose più sottili da rimproverare alla destra. «Aver smantellato una rete culturale come Radio 3», ad esempio. Oppure «fare battute sceme, che non fanno ridere. Giro giro tondo, tutti giù per terra, quella roba lì» («la sinistra è tutta giù per terra», confermerà in nottata Berlusconi da Camp David). C´è, nella giornata di ieri, la rivendicazione di quell´alterità antropologica della destra che Moretti teorizza nei suoi film e ora anche sul megaschermo della piazza: «La nostra ingenuità un po´ beota», la loro spregiudicatezza; «capricci» contro spietatezza. Nanni si rifiuta ad esempio di dare un numero ai manifestanti: «Non ve lo dico. Si parla di una cifra stratosferica». Sì, ma quale? «Non ve la dico. Io non dico le balle di Berlusconi che sostenne di aver portato qui un milione di persone»; e quando Flores rilancia («se quelli erano un milione noi siamo due») Nanni irrompe sul palco a protestare: no, questo non è nel copione. Il risultato è la stima spietata e spregiudicata di La Russa: 90 mila. Dal copione Moretti non si separa mai. Neppure al bar, al mattino, quando l´ha mostrato alla cassiera: bello, no? Fuori, la sorpresa della questura: due moto di scorta. A San Giovanni è arrivato prima di mezzogiorno e, scrive un´agenzia, «è stato a lungo dentro una struttura che ricordava da vicino le roulotte delle star del cinema. Poi si è avvicinato al furgoncino del catering e ha mangiato due panini, bevendo molta acqua». Una signora gli ha chiesto aiuto per «un caso di malagiustizia», il marito morto in uno scontro con la polizia. Nanni l´ha ascoltata sino alla fine, poi ha risposto: non posso farci nulla, non saprei nemmeno cosa. L´ha detto, che non è un politico. Si è comunque dato molto da fare, ha anche letto gli annunci dei bambini smarriti e di due signore «dai nomi», ha ritenuto di dover precisare, «da casalinghe di Voghera». Ha già fatto un miracolo, riunire non solo la sinistra, che già non è scontato, ma l´intero fronte antiberlusconiano, da Gino Strada a Di Pietro (presentato come un musicista: «Di Pietro e la sua Italia dei valori»). Impersonando se stesso, mica poteva rendersi simpatico.
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