27/9/2007 ore: 10:15
Napoli: via il sindacalista «duro» sulla sicurezza
Contenuti associati
Pagina 8 - Interni NAPOLI - Licenziato il dirigente Ciro Crescentini: in solidarietà 120 colleghi hanno restituito la tessera, appello per il reintegro di 20 senatori della sinistra «Mi hanno fatto fuori dopo venticinque anni di militanza perché ho sollevato il velo dalle tante sospette commistioni tra l'Ispettorato del lavoro di Napoli e i vertici della categoria sulla mancata vigilanza nei cantieri a rischio». «Accuse infamanti, bugie spudorate che rasentano il Codice penale: il provvedimento è figlio di un normalissimo turn over». In questo botta e risposta tra Ciro Crescentini, da tre giorni ex dirigente della Fillea Cgil di Napoli e Giovanni Sannino, segretario generale della categoria, è riassunta la querelle che da una settimana infiamma la Camera del lavoro partenopea. Crescentini è stato rimosso dall'incarico con una raccomandata «a far data dal 24 settembre». Un licenziamento che non è passato inosservato: 120 tra dirigenti, quadri intermedi e semplici iscritti al sindacato si sono presentati in via Torino, quartier generale della Cgil regionale, stracciando le tessere sotto gli occhi di Michele Gravano, segretario confederale campano. E 20 senatori della sinistra radicale, in testa i capigruppo di Sd Cesare Salvi, del Pdci-Verdi Manuela Palermi e del Prc Giovanni Russo Spena, hanno firmato un appello per chiedere la reintegra di Crescentini, «sindacalista sempre in prima linea nel denunciare le gravi e purtroppo frequenti irregolarità nei cantieri edili in tema di sicurezza e nella sua attività contro il mobbing esercitato nei confronti dei lavoratori». La storia è complessa e nasce, secondo la versione del sindacalista rimosso, da un esposto che egli inoltra all'Ispettorato del lavoro il 30 ottobre 2006. Il dirigente della Fillea, che da due anni si occupa dello sportello mobbing, ha svolto un'indagine in molti cantieri della provincia di Napoli, ravvisando numerose irregolarità in materia di sicurezza. «Non ha avvertito nessuno, facendo venir meno la collegialità delle decisioni e scavalcando il normale livello di contrattazione con le imprese», sbotta Sannino. «Ma qualcuno - replica Crescentini - l'ha informato lo stesso, tant'è vero che pochi giorni dopo ho trovato una copia del mio esposto sulla sua scrivania: un fatto di una gravità inaudita, che ho denunciato alla Procura della Repubblica». Da quel momento, tra Crescentini e il suo capo si sviluppa un fitto carteggio: contestazioni e controdeduzioni, perfino un provvedimento di sospensione poi revocato in tutta fretta. Fino alla «botta» finale della settimana scorsa. «Il provvedimento della segreteria Fillea - sottolinea Sannino - ha chiuso una fase di confronto avviata da mesi con il compagno Crescentini sulla necessità di una sua collocazione all'esterno della categoria dopo 25 anni di militanza». A Crescentini viene prospettato un altro incarico, alla Cassa Edile di Napoli. Ma il dirigente non ci sta: «Alla Cassa sarebbe meglio mandarci i figli e le vedove dei caduti sul lavoro. Sono arrivati a offrirmi una buonuscita di 150 mila euro: l'ho rifiutata. La verità è che dovevano rimuovermi perché davo troppo fastidio». «Falso: dalla storia della liquidazione a tutto il resto. La battaglia per la sicurezza e la legalità è nel dna della Fillea e della Cgil. A Napoli siamo parte civile in 28 procedimenti per infortuni sul lavoro, mortali e no. Con le cose che dice, Crescentini conferma che non poteva più esserci rapporto fiduciario tra di noi», taglia corto Sannino, che incassa la «totale solidarietà» di gran parte dei suoi colleghi di altre categorie, dello stesso Gravano e dei segretari delle cinque Camere del Lavoro della Campania. Tutti amareggiati dai tentativi «di strumentalizzazione di una vicenda interna a una categoria allo scopo di denigrare e svilire la storia e l'impegno di un intero movimento sindacale». Più o meno le stesse cose, che ovviamente da tutt'altra latitudine, afferma Crescentini, che non molla: «La Cgil è la mia vita, ci sono entrato quando avevo solo 22 anni, resterà sempre la casa dei lavoratori e un movimento che si batte contro tutte le illegalità e le ingiustizie. Ci tornerò prima o poi, piaccia o meno a Sannino: sarà un giudice a reintegrarmi». |