Nasce la Rete imprese Italia «Ai tavoli vogliamo contare»
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Si sono finalmente presentati in pubblico come soggetto unico. Il «patto del Capranica», un laboratorio che ha visto lavorare assieme cinque organizzazioni di piccole imprese, è diventato «Rete imprese Italia», e si prepara a scompaginare le carte sui tavoli di concertazione.
È il quarto polo, quello che aggiunge un posto in più oltre Confindustria e sindacati. Il battesimo di ieri, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, è stato travolgente: sala strapiena, parterre fitto di presenze politico-sindacali. A fare gli onori di casa il presidente di turno della nuova associazione, Carlo Sangalli, numero uno di Confcommercio. Maa turno sono intervenuti tutti e cinque i fondatori del nuovo soggetto: Giorgio Guerrini (Confartigianato), Ivan Malavasi (Cna), Marco venturi (Confesercenti) e Giacomo Basso (Casartigiani).
NUMERI
Sono i «piccoli», ma messi assieme formano la spina dorsale dell’economia italiana. Più di 4 milioni di imprese, con oltre 14 milioni di addetti tra cui9 milioni di dipendenti- Si tratta del 94,7% del totale delle imprese italiane, del 58,5%del numero complessivo di impiegati nel Paese e del47,8% del personale dipendente. Una macchina che produce circa il60%del valore aggiunto italiano. Insomma, è l’anima profonda di quel «fare impresa» a cui più volte Sangalli si è riferito nella sua introduzione. Non opinioni, ma fatti,ha ripetuto più volte il presidente dei commercianti nella sua introduzione, tornando a stilare il menù di richieste. Si comincia da dove si è partiti: la richiesta di meno tasse, già fatta al governo Prodi, quando le cinque sigle cominciarono a marciare unite. Poi meno burocrazia, meno spesa pubblica, nuovi ammortizzatori sociali, più facilità di accesso al credito. Richieste vecchie quasi quanto
la storia delle stesse imprese. A questo punto qual è la novità di ieri?
POLITICA
La nascita di Rete imprese Italia ha un valore tutto politico. La nuova alleanza punta a modificare i rapporti di forza nelle relazioni industriali. Sarà un caso, ma ieri alla prima assemblea non era presente nessun esponente di Confindustria. Molto interessanti anche le assenze politiche: neanche un esponente della Lega. Il carroccio ha snobbatto l’iniziativa, pur essendo dedicata proprio a quelle imprese radicate sui territori a larghissima maggioranza leghista. In prima fila all’Auditorium tutta la nomenklatura centrista: Pier Ferdinando Casini, Cesa, Francesco Rutelli, Rocco Buttiglione. Per il governo presenti Gianni letta, Maurizio Sacconi, Adolfo Urso. presenti i Confederali (Bonanni, Angeletti e Camusso). In prima fila anche Pier Luigi Bersani, che di piccola impresa ne mastica dagli albori della sua esperienza politica. Così, mentre il Carroccio pensa alle banche, ai poteri forti della finanza, alle poltrone dei big del credito del nord, i piccoli imprenditori si alleano a Roma. Confindustria ha già fatto capire, in quel di Parma, che come interlocutore può scegliere anche la Lega. Insomma, l’asse dei grandi e dei potenti è già segnato: Lega-Confindustria. Altro che presenza sul terriotrio e vicinanza ai piccoli. Così il partito di Bossi suggella la trasformazione definitiva in forza di governo, e non più di lotta. Lo sfasamento di ieri potrebbe mettere fuori gioco le camice verdi, almeno rispetto alle richieste più innovative del nuovo movimento. Come quella di un contratto unico per decine di milioni di persone. La vera sfida a questo punto è riuscire a superare le differenze, che non sono poche. «Siamo arrivati al mare, ora si deve prendere il largo», commenta Giuseppe De Rita, che presiederà la fondazione Rete Italia.