di lunedì 6 settembre 2004
E’ ora di cambiare Fatti e personaggi Nelle imprese si diffonde l'orario flessibile
di Walter Passerini
Tra i tanti dossier che scottano sui tavoli dei segretari generali delle confederazioni sindacali, Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti, vi è anche quello dell’orario di lavoro. Non solo perché i loro colleghi in Francia e in Germania hanno abbandonato il vecchio slogan «lavorare meno, lavorare tutti», cioè le 35 ore, e hanno addirittura concordato il ritorno degli orari a 40 ore a parità di salario, come contropartita di mancate delocalizzazioni. Ma anche perché sulla questione orario si gioca gran parte dell’obiettivo da tutti condiviso del recupero di competitività.
Quello che viene definito come «il ricatto della delocalizzazione», per la verità, in Italia, per ora, sembra non preoccupare i dirigenti sindacali (salvo l’annuncio della Zoppas), ma è pur vero che sugli altri tavoli, quelli del presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, e del suo vice alle relazioni industriali, Alberto Bombassei, altre decisioni, ipotesi e intenzioni analoghe stanno già arrivando.
E così, mentre la cambiale delle 35 ore all’italiana dalle mani di Fausto Bertinotti è finita da tempo nella polvere dei cassetti di Romano Prodi e non ha più alcuna possibilità di essere riesumata, ora si comincia a discutere su come aumentare la produttività attraverso una manovra sugli orari. A onor del vero, alle 35 ore, in Italia, alcune aziende italiane ci sono quatte quatte arrivate, attraverso accordi sindacali. E non solo con la formula dei «contratti di solidarietà» (riduzione degli orari e dei salari per salvare posti di lavoro in imprese in crisi), ma attraverso la normale contrattazione decentrata. Nel bresciano, per esempio, alla Fonderia di Torbole o alla Innse cilindri, dove si è arrivati alle 33,5 ore, pagate 40, o alla caldereria Atb (34,5 ore, sempre pagate 40). Ma lo spiraglio nuovo, il segnale di una possibile via d’uscita viene da un altro tipo di soluzioni, che, destreggiandosi tra ingegneria dei turni, mix di lavoro fisso e temporaneo (picchi e stagionalità) e orari flessibili (soluzioni che puntano invece sulla flessibilità del lavoro), sta costruendo nella realtà un nuovo assestamento. «La condizione base consiste nella codeterminazione delle nuove formule flessibili - spiega Roberto Pedersini, che per la Fondazione Seveso di Milano ha curato un’ampia ricerca appena terminata in tema di "competenze per il lavoro flessibile" -. La regolazione collettiva assicura la "flexicurity", soddisfa cioè le esigenze di flessibilità dell’impresa e quelle di relativa sicurezza dei lavoratori. In una parola, siamo in presenza di una "conciliazione di interessi"».
Nella ricerca sono stati analizzati decine di casi di accordi sindacali innovativi che vanno in questa direzione. Si va dalla Vodafone, in cui sono stati concordati oltre 100 schemi di orari personalizzati per quantità di ore e per fasce sociali (giovani, donne con figli, ecc.), alla Zanussi, dove vige esiste una fantasiosa strumentazione di orari elastici, tra cui la «banca delle ore», un «conto corrente» misurato in tempo, che coinvolge prevalentemente donne, giovani ed extracomunitari, che accumulano crediti in ore, che vengono smaltiti e compensati per esigenze personali. Sino alla Merloni, studiata per la gamma di innovatività dei turni.
Ma i due accordi più originali esistenti in Italia in materia di orari sono quelli Zf Marine e Auchan. Zf Marine è un’azienda di Padova di 420 dipendenti che produce sistemi per motori, che è passata da una prassi di straordinari a un originale metodo di pianificazione: gli orari vengono indicati dai singoli lavoratori, in più o in meno rispetto all’orario base. Ogni due mesi i lavoratori indicano la loro scelta per le otto settimane successive. La combinazione tra desideri delle persone ed esigenze di commessa dell’impresa viene filtrata e ottimizzata da una commissione mista.
Alla catena di distribuzione Auchan, invece, vi è un progetto denominato «isole casse». I lavoratori delle casse vengono assegnati a gruppi di lavoro (isole casse). Ciascuno scrive su un prospetto il proprio orario. Ogni gruppo ha un leader, che deve coprire tutto il «nastro orario» e smussare le eventuali incongruenze.
Infine, va ricordato che le formule innovative di orari flessibili sono spesso influenzate e più diffuse là dove vi è una maggior presenza femminile. E’ il caso di permessi e congedi, modulati sulle esigenze personali delle donne, come rivela un’altra ricerca, sempre della Fondazione Seveso, questa volta in collaborazione con Gender. Oppure di nuovo della «banca delle ore», presente tra le altre in Metro, Agnese Gariboldi, Aprilia, Benetton, Artsana. Alla Delta Elettronica di Varese vi è una banca delle ore annualizzata, nella quale confluiscono orari in «conto ferie», un «capitale di tempo» da spendere individualmente quando serve. Alla Bonfiglioli di Bologna hanno invece puntato su turni e riduzioni di orario secche, sino a 33,5 ore settimanali pagate 40. Soluzione trovata anche alla Filodoro di Mantova, dove si arriva anche alle 34 ore settimanali. Anche alla Whirlpool di Varese l’architettura della flessibilità poggia su una complessa rete di turni, con l’utilizzo del part-time per 36 ore medie la settimana.
Mentre la Arcc (ex Sony) di Rovereto e la Biscotti Cric sono la palestra italiana del «job sharing», il lavoro di coppia: due persone, spesso donne, condividono e si autogestiscono lo stesso posto di lavoro.
«L’efficacia delle soluzioni innovative concordate - conclude il ricercatore Pedersini - è data dalla regolazione e dagli accordi, che estendono gli spazi di "conciliazione" oltre coloro che possono contrattarla individualmente, creando vantaggi per le persone altrimenti escluse, ma anche per le imprese».

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