Palermo: le mani di Cosa Nostra sul locale dove mangiò Garibaldi
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gioved? 16 marzo 2006
Pagina 14 - Cronaca
IL PIZZO SULLA STORIA - I BOSS VOLEVANO IMPADRONIRSI DELL’ANTICA FOCACCERIA SAN FRANCESCO
Palermo, le mani di Cosa Nostra sul locale dove mangi? Garibaldi
la storia Francesco La Licata
PALERMO Un pezzo di storia palermitana stava per finire nelle mani di Cosa nostra. L’occhio ?pizzuto? del boss Francesco Spadaro, ?Francolino? il figlio di don Masino, capo riconosciuto della ?famiglia? della Kalsa, si era posato sull’Antica Focacceria San Francesco ed erano gi? state avviate tutte le azioni necessarie ad infiltrare l’azienda per costringere poi i proprietari e cederla senza troppe pretese. Non sarebbe stato male, l’affare, visto che si tratta di una delle pi? affermate rivendite di piatti della cosiddetta ?cucina povera? siciliana ( un locale frequentato da Pirandello e Crispi, dai reali d’Italia e Spagna e, secondo una leggenda, nel 1860 anche Garibaldi) che, al contrario di quanto possa far pensare l’aggettivo ?povera?, ha contribuito alla fortuna dell’immagine isolana nel mondo.
?Francolino? aveva fatto assumere, sempre ricorrendo ai mezzi persuasivi di cui dispone, il cameriere Vito Seidita e la moglie. I due avrebbero dovuto funzionare da apripista al resto della strategia che, passando per la classica richiesta del ?pizzo?, sarebbe poi approdata alla fase della ?messa a posto? e ricomposizione della ?vertenza?. Sarebbe arrivato il momento, cio?, della richiesta ufficiale di poter entrare in societ? (si fa per dire) nella propriet? del locale: una proposta che i fratelli Vincenzo e Giuseppe Conticello, ultimi gestori della nomea culinaria dell’Antica Focacceria, non avrebbero potuto rifiutare. Per fortuna la Procura della Repubblica di Palermo ha bloccato la congiura, facendo arrestare il boss, il cameriere ed altri due della banda.
Ci aveva visto bene, ?Francolino?. Rende molto meglio di un Mc Donald, quel locale di marmo e Liberty che rappresenta una specie di fast-food a base di prelibatezze uniche. Per non parlare di quei tavoli all’aperto, sempre al completo, con la vista sul magnifico portale medievale della Basilica di San Francesco e il menu a base di caponata, pasta con le sarde, involtini di melanzane, panelle e ?cazzilli? (crocchette di patate). E per non parlare dell’attivit? di catering con l’esportazione dei piatti pi? rappresentativi a New York, Caracas, Torino, Milano e persino a San Diego in California. L’ultima trovata, ma ?fuori ordinanza? ? la nascita di un moderno sushi bar, che - per? - poco ha ache fare con la famigerata ?focaccia c’a meusa? cui il locale deve tutta la sua fama.
L’unica focaccia riconosciuta, nel variegato e trasversale mercato della ?cucina da strada? palermitano, ? quella condita con una ardita mistura di carni border line (milza di bovino, polmone, cartilagini di trachea e propaggini dell’apparato respiratorio) cotta con la ?saime?, vale a dire lo strutto di maiale. La focaccia, con linguaggio lumpen chiamata semplicemente ?pani c’? meusa?, rappresenta la perversione culinaria dei palermitani. Ci sono zone della citt? perennemente sottoposte a rischio ingorgo per la presenza di una bancarella di ?pani c’? meusa?. Esiste persino una postura atta ad addentare la focaccia senza essere sommersi dallo strutto che gocciola: busto leggermente reclinato in avanti, e braccio sinistro proteso a protezione della cravatta. Anche le signore mangiano la meusa, ma se sono in strada se ne stanno sedute in macchina con le gambe fuori dallo sportello e il panino proteso nel vuoto. Altra cosa ? mangiare a San Francesco, accomodati sui tavoli di marmo e ghisa, simili a quelli della inaugurazione (avvenuta nel 1834) che erano in marmo e ferro lavorato dagli operai della storica Fonderia Oretea. La Focaccia la invent? il cavaliere Nino Alaimo, cuoco di corte dei principi di Cattolica che venne ?liquidato? con la cessione dei locali della ex Cappella, trasformati in rosticceria. Ancora oggi si pu? chiedere la variante della focaccia ?maritata? (sposata), cio? con l’aggiunta di ricotta di pecora, diversa dalla ?schetta? (nubile o signorina che dir si voglia) che prevede rigorosamente soltanto la presenza del limone. Ma la perversione pi? grande ? lo sfincione (una pizza alta e soffice condita con sugo di estratto di pomodoro e tonnellate di cipolle, caciocavallo e origano) imbottito con la milza bollente e grondante di strutto. Sarebbe stata una vera iattura, accarezzare col palato una focaccia sapendo che Cosa nostra sta alla cassa.
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