
18 Febbraio 2004
«Tutti sapevano tutto» Così è scattato l’arresto Impietosi i giudici nel disegnare il ritratto della figlia dell’ex patron «Arrivò a ordinare che non le fossero consegnati i dati sulle truffe»
|
Brunella Giovara inviata a PARMA Francesca Tanzi? Una che metteva i piedi in testa al vero amministratore delegato, «arrivando a dare ordini ai dirigenti dell'azienda di non passargli i dati da cui si sarebbe desunta la dissennata gestione operativa» dell'azienda. Una che ad un certo punto «inviò i dati della banca a cui fare il bonifico», per soldi di cui «conosceva la provenienza». E' un ritratto impietoso della figlia prediletta di Calisto Tanzi, questo che emerge dalle parole del giudice che ne ha ordinato - e motivato, naturalmente - l'arresto. Ma dalle stesse pagine viene a galla la storia in nero di una famiglia che tutti, o quasi, ritenevano perbene e rispettabile, ma in realtà badava essenzialmente ad accantonare soldi, e ancora soldi, su conti segreti e inaccessibili, secondo la ricostruzione della pubblica accusa, ora condivisa anche da un giudice. Una famiglia dove, quando tutto sarà finito, resteranno in sospeso molti conti personali, e molti veleni. Di Francesca ad esempio viene illuminata a sorpresa la faccia oscura di una donna apparentemente defilata dai veri affari di famiglia, in un ruolo secondario avvalorato con forza solo dal padre, che in un interrogatorio recentissimo aveva sollevato la figlia da ogni responsabilità sostenendo che la giovane Tanzi non sapeva niente, ma proprio niente di quanto stava da tempo succedendo alla Parmatour e nel resto del gruppo. Un tentativo di salvataggio in extremis. Fallito, però. Il giudice ritiene invece vero il ritratto che di Francesca fornisce, tra i tanti, una testimone interna e credibile quale è la responsabile dell'ufficio legale di Parmatour, Antonella Rigolli: «La dottoressa Tanzi si occupava in modo specifico della gestione alberghiera. Di fatto, seguiva quasi tutti gli aspetti aziendali e pretendeva di essere consultata anche dai responsabili dell'amministrazione, nonché dai vari direttori operativi sulle principali decisioni aziendali». Un atteggiamento che è cresciuto via via nel tempo, ma dall'inizio del 2003 è diventato «particolarmente evidente». Sapeva tutto, sapeva delle distrazioni provenienti da Parmalat Finance Corporation, spiega a verbale il primo grande accusatore dei due figli di Calisto, cioé Fausto Tonna. E a proposito dei bond emessi da questa società, specifica che «Francesca era perfettamente a conoscenza del fatto, perché lavorava all'interno delle società del turismo e conosceva la provenienza del denaro». Di più, «vedeva il flusso in entrata delle somme della Parmalat, che poi utilizzava per i pagamenti di alberghi, villaggi, operatori turistici ed altri». E dove finiva, alla fine tutto quel denaro? Nel caso degli sconti praticati dalla Tetrapack, direttamente alla famiglia Tanzi. Lo ammette chiaramente lo stesso capofamiglia, nell'interrogatorio milanese del 27 gennaio: «Chi in effetti ha beneficiato di questo meccanismo è direttamente la mia famiglia, oltre al Tonna. Quando parlo della mia famiglia parlo di me, di mio fratello Giovanni e di mia sorella Annamaria». Prima di lui, aveva chiarito la faccenda ai magistrati lo stesso Tonna, riferendo che da sempre «i fondi provenienti dalla Tetrapack erano ripartiti tra i tre rami della famiglia, composta da Calisto, Giovanni e Annamaria, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione di Coloniale». E a proposito di Giovanni, Tanzi precisa che «godeva anche lui degli sconti Tetrapack», quasi a spazzare via ogni dubbio, dopo la richiesta di precisazioni avanzata dal pubblico ministero a proposito del fratello. «Lui era vicepresidente, membro del comitato esecutivo, socio anche del gruppo turistico», dichiara Calisto sempre il 27 gennaio. «Si occupava del settore acquisti nella Parmalat». E specifica che Giovanni «conosceva le difficoltà finanziarie e sapeva dei finanziamenti erogati al settore del turismo, anche perché aveva la firma in banca...». Quanto a Stefano Tanzi, l'ordinanza spiega che «risulta essere beneficiario delle distrazioni operate in danno del gruppo Parmalat in favore di quelle del turismo, prima, e in danno del gruppo turistico poi». Il giudice lo descrive come «ben consapevole della necessità di falsificare le scritture contabili ed in particolare i bilanci che concorreva ad approvare onde occultare le predette distrazioni». Un giudizio durissimo, basato però - ma non solo - su una voce ritenuta completamente genuina, e poi precocemente scomparsa dalla scena dell'inchiesta: Alessandro Bassi, addetto alla contabilità industriale della Parmalat, alle dirette dipendenze di Del Soldato. Un uomo che temeva di finire male, magari arrestato come era successo per Bocchi e Pessina, e forse per questo motivo - la paura, lo scandalo - si era suicidato gettandosi da un ponte, pochi giorni dopo essere stato sentito come testimone dai magistrati di Parma. A loro Bassi aveva raccontato di aver sì notato delle incongruenze nei conti che gli passavano per le mani, ma di non aver mai pensato «che tali difformità fossero dovute a delle falsificazioni». Sicuramente «quelle differenze da me riscontrate mi sono sembrate strane». Perché «i numeri dei conti economici delle varie società del gruppo parlavano chiaro», in quanto «si trattava di valori molto negativi nella loro sommatoria, e sicuramente il gruppo nella parte industriale era in perdita». E chi aveva accesso a quei conti? «L'accesso diretto l'avevano Tonna, Del Soldato e Stefano Tanzi». Disse anche, Bassi, che lui con Stefano non aveva rapporti. Ma «a volte tuttavia io stesso dopo averli stampati gli consegnavo i dati contenuti nel sistema HQR», che forniva i report mensili e progressivi, consuntivi e di budget delle operative di tutto il gruppo Parmalat. Quindi, Stefano Tanzi non poteva non sapere, secondo il giudice. Che cita Fausto Tonna, quando riferisce delle «riunioni ristrette in cui Calisto Tanzi diceva che occorreva aggiustare i dati». Così ristrette da vedere seduti attorno al tavolo solo quattro persone: Tanzi padre, «Tanzi Stefano, io fino a quando sono stato direttore finanziario, e Luciano Del Soldato, da diversi anni prima di diventare direttore finanziario», succedendogli nella carica.
|
|
 |