Pensioni private, pubblica rissa
giovedeì 10 Febbraio 2005 |
POLITICA |
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Pensioni private, pubblica rissa Lite tra Maroni e Baldassarri sul finanziamento della previdenza integrativa. Tra i due litiganti spunta il jolly: dirottare i soldi degli ammortizzatori sociali
R. POL.
Grandi manovre sulle pensioni integrative. Il «secondo pilastro» della previdenza non decolla, si cercano disperatamente risorse per cominciare a nutrirlo, e il viceministro dell'economia Mario Baldassarri tira fuori dal cappello un vecchio coniglio: «destiniamo alla previdenza complementare anche il credito sul Trattamento di fine rapporto già maturato», butta lì in un'intervista al Sole 24 ore. «Non se ne parla nemmeno», ribatte il ministro del lavoro Roberto Maroni. Che pare nasconda un altro coniglio nel suo cappello, sempre destinato a tirar fuori la previdenza integrativa dalle secche in cui è arenata: finanziare l'avvio dei fondi privati con una parte delle risorse ancora non spese per gli ammortizzatori sociali. Nell'intervista al quotidiano economico della Confindustria, ieri il viceministro Baldassarri era stato abbastanza chiaro: «la previdenza integrativa deve partire al più presto. Fino ad oggi si è parlato di smobilizzo del tfr maturando (la parte del trattamento di fine rapporto ancora da maturare alla data di entrata in vigore della legge delega, ndr), ma c'è un altro modo per consentire ai fondi pensione di decollare in maniera più forte e allo stesso tempo azzerare gli svantaggi arrecati alle imrpese». Il «modo» è nella rinuncia, da parte del lavoratore, anche al Tfr già maturato. In sostanza, il lavoratore dovrebbe comunicare all'impresa che quando scatterà il diritto al tfr questo andrà «girato» a un fondo pensione. L'impresa si troverebbe così in mano un «credito» che già potrebbe fluire verso il sistema finanziario, andando ad alimentare il mercato della previdenza integrativa senza oneri per l'impresa stessa.
«E' un'ipotesi vecchia, che è sempre stata respinta dalle imprese e dunque non può essere presa in considerazione», è stata la replica di Maroni, secondo il quale «la legge delega ha già chiuso il capitolo e non ho alcuna intenzione di riaprirlo». Frasi secche di fronte alle quali il viceministro Baldassarri fa apparentemente marcia indietro: «Il mio era solo un approfondimento tecnico, ho delineato un'opzione». Entrambi i duellanti - ministro del lavoro e viceministro dell'economia - sono di fronte allo stesso problema: la legge delega è ferma al palo, perché manca la cosiddetta «compensazione». Nel momento in cui si è introdotto il silenzio-assenso per lo spostamento del tfr maturando ai fondi pensione, si è infatti anche sancita, su richiesta delle imprese, la necessità di studiare formule che compensassero le stesse per la riduzione dei flussi finanziari provenienti dal tfr accantonato. La compensazione era stata demandata alla legge finanziaria, ma nelle centinaia di articoli, commi e sottocommi della Finanziaria 2005 non ce n'è traccia. Adesso, mentre si elabora il decreto detto «per la competitività», spuntano nuove proposte. Tra queste, è pronto un piano che dirotterebbe quel che resta del Fondo per gli ammortizzatori sociali verso il finanziamento del lancio della previdenza integrativa. Non che siano grandi somme: di quel fondo, tra forestali calabri e lavoratori socialmente utili, sono rimasti 3-400 milioni. Che Maroni vorrebbe dirottare tutti in fondi pensione. «Siamo senza parole», commenta il responsabile economico della Cgil Beniamino Lapadula, che si dice nettamente contrario all'una e all'altra ipotesi. «Da un lato, si toglierebbero risorse agli ammortizzatori sociali, che con la crisi attuale richiederebbero ben altri stanziamenti; dall'altro, si ritira fuori una vecchia proposta già bocciata».
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