19/6/2006 ore: 12:19

Perché gli operai votano a destra

Contenuti associati


    sabato 17 giugno 2006
      Pagina7

      NORD 2. UNA RICERCA DELLA CISL FA CHIAREZZA
        Perch? gli operai votano a destra
        Il sindacato se lo chiede, i Ds no
          Di Marco Alfieri
            Milano. Ogni lavoro un voto? ?A Milano e nel Nord, i recenti studi sugli orientamenti elettorali segnalano che manteniamo un forte radicamento tra gli insegnanti e gli impiegati pubblici, ma che andiamo male tra gli operai, siamo quasi estranei al lavoro autonomo, agli artigiani, alle pmi, e registriamo notevole difficolt? tra i disoccupati, i pensionati, le casalinghe?. Stralci dal documento della Quercia milanese votato ieri in direzione provinciale. L'analisi ? corretta, il punto per? ? che svolta cos? sembra riproporre la vecchia dicotomia tra lavori di “destra” e di “sinistra”. Invece a leggere bene quegli stessi studi, che poi ? la ricerca della Cisl sul voto in Lombardia curata dal professor Paolo Feltrin (ma anche un'analoga indagine Cgil arriva a risultati identici), ne esce un dato molto interessante non solo per la scoperta che ampi pezzi di lavoro dipendente e operaio il 10 aprile ha votato a destra, quanto soprattutto perch? dimostra che, qui al Nord, oggi il dualismo non passa quasi pi? dal vecchio conflitto novecentesco capitale/lavoro, bens? da quello ?tra garantiti e non garantiti?. A spiegarlo ? il segretario regionale della Cisl, Carlo Borio. ?Il vecchio schema classista, la vecchia teoria “ogni lavoro un voto”, oggi ? quasi del tutto scomparsa. Il discrimine lavorista ormai corre tra chi a vario titolo sta sul mercato e chi no a tutti i livelli?. In effetti, la ricerca Cisl ? impietosa: in Lombardia votano sostanzialmente a sinistra i garantiti, ?il club del 27 del mese?, come ironizza Borio (insegnanti e dipendenti pubblici). A destra gli altri. Che poi siano operai o ceti professionali ? secondario. ?Ed ? su questo che la sinistra dovrebbe interrogarsi mentre invece discute di partito democratico?. Interrogarsi su quel contesto a capitalismo diffuso, concorrenziale ?in cui, piaccia o meno, viviamo tutti, qui al Nord?, continua Borio. ?Cos? si tende a votare sempre pi? chi sembra poter meglio soddisfare le proprie aspirazioni. E fattori come la qualit? delle infrastrutture, la competitivit? dell'azienda in cui si lavora, il rapporto col fisco e con la burocrazia, diventano una dimensione valoriale decisiva nelle scelte elettorali?. Per questo delle volte ? un controsenso insistere sul precariato. ?? giusto ma non basta?, ragiona il presidente della provincia di Milano, Filippo Penati. ?Ricerche come queste confermano che al Nord il lavoro tocca soprattutto le nuove modalit? di produzione che coinvolgono il grande popolo delle professioni, delle partite iva, gli artigiani, i microimprenditori. Per questo blocco sociale il problema non ? tanto quello di passare da una situazione precaria ad una subordinata, a salario fisso, bens? quella di come costruire le prospettive economiche per stare sui mercati. La loro incertezza ha a che fare con la competizione internazionale?. E badate che questa riflessione, cio? la questione settentrionale nella sua declinazione lavorista, ha molto a che fare con la forma del tanto vagheggiato Partito democratico. ?Invece stiamo rinunciando a guardare al Paese reale?, spiega Emilio Russo, studioso dell'associazione Libert? Eguale di Milano. ?Incapaci di leggere in profondit? la realt? di una condizione materiale e di una identit? conquistate anche per merito delle battaglie della sinistra ma vissute, a torto o a ragione, da una parte larga dei ceti popolari, con l'atteggiamento “conservatore” di chi teme arretramenti e smottamenti malamente lasciati intendere dalle forze di centrosinistra?.
              Russo ha ragione. Molto spesso ? il rapporto tra senso comune e linguaggi della sinistra, ad essere saltato. A Milano, alle ultime amministrative, ? successo qualcosa di simile: un bel pezzo di elettorato laico-riformista non ha premiato il centrosinistra, si ? rifugiato nell'astensione. ?Per lo pi? ceti medi e popolari - spiega l'ex sindaco Carlo Tognoli - moderati di sinistra che rifuggono il massimalismo. Oppure pezzi di citt? giovane, nuovi mestieri professionalizzati, che vivono pi? in periferia che in centro. Imprenditori di s? stessi, magari un po' precari, ma che vanno mobilitati sui contenuti, non in modo ideologico?. Siamo dunque al paradosso? No. ?Semplicemente siamo passati in pochi anni dal monolito al puzzle?. A sgolarsi ? Giovanni Bianchi, padre nobile della Margherita, ex presidente delle Acli e gran conoscitore dei tanti Nord. ?La ricerca Cisl ci dice che oggi occorre una rialfabetizzazione alle trasformazioni socio-economiche. Se vogliamo davvero ragionare di partito democratico, dobbiamo tornare a elaborare un pensiero sul nord. ? persino stupido ricordarlo, ma il passaggio dal fordismo ad una societ? ipermoderna, a capitalismo diffuso, in cui anche gli operai possiedono azioni di borsa, non ? ancora stato digerito, a sinistra. E se le identit?, e dunque le coscienze, oggi non sono pi? fisse ma si sono disseminate, sono liquide, chi lo dice che un operaio deve stare per forza a sinistra??.

            Close menu