Preatoni sogna i viaggi di Tanzi
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economia e lavoro |
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26.02.2004 Preatoni sogna i viaggi di Tanzi Storia del finanziere che voleva scalare le Generali e venne cacciato dall’Estonia di Sandro Orlando
MILANO “Per diversi anni ha ripetutamente e sistematicamente ritardato la comunicazione di informazioni, ha reso noto solo in parte informazioni significative e diffuso informazioni scorrette, inesatte o fuorvianti”. Così scrivevano nell’estate del 2001 i responsabili della Borsa di Tallin in un durissimo rapporto di 49 pagine che metteva sotto accusa la maggiore società quotata in Estonia. In definitiva, aggiungevano, dall’indagine sono emersi “fatti che rivelano nel lungo periodo l’intento di ingannare deliberatamente gli investitori e il mercato”. La conclusione, visti i reati contestati - false comunicazioni sociali e insider trading - poteva essere una sola: la cancellazione dal listino. E così avvenne: il 28 settembre 2001, dopo tre anni di quotazioni, due collocamenti azionari e due emissioni di bond convertibili, la Pro Kapital fu radiata dalla Borsa. Per l’occasione, il suo azionista di maggioranza strappò il passaporto estone: tanto gli restava quello italiano. A conferirgli la cittadinanza, qualche anno prima, era stato il ministro dell’Economia estone in persona, “per meriti nel portare investimenti stranieri nel paese”. Poi però erano iniziate strane compravendite immobiliari, che avevano suscitato anche la curiosità degli ispettori del Fisco e della polizia criminale. “Pro Kapital – questo fu il giudizio dell’authority di Borsa – non acquistava o vendeva immobili ma società-contenitore, proprietarie degli immobili stessi, e l’operazione veniva attuata con una girandola di transazioni”. E ancora: i termini di queste transazioni “venivano ripetutamente cambiati, negli annunci di Borsa parte delle informazioni veniva nascosta, smentita dagli annunci successivi o contraddetta da quelli precedenti”. Se poi aggiungiamo che queste compravendite passavano per paradisi offshore come le Isole Vergini Britanniche, il Liechtenstein e Hong Kong, dove erano situate alcune società schermo dietro cui si nascondeva la stessa mano, quella dell’azionista di maggioranza della Pro Kapital, forse avrete capito di chi stiamo parlando. No, non è Calisto Tanzi (e nemmeno Cragnotti), ma un finanziere che oggi si ripropone all’attenzione delle cronache per la sua offerta di rilevare le attività turistiche della Parmalat. Il raider di Garbagnate Milanese, Ernesto Preatoni, titolare di un impero turistico - la Domina Vacanze, controllata all’88% dalla Pro Kapital - con 150 milioni di fatturato e una sessantina di alberghi sparsi nel mondo, ha infatti scritto già due volte al commissario straordinario della Parmalat, Enrico Bondi, manifestando il suo interesse per la gestione dei marchi Parmatour (Sestante, Club Vacanze, Chiariva, Lastminute-tour, Going, Comitour). Preatoni si sarebbe detto disponibile a prendere in affitto tutte le attività della disastrata divisione turistica della multinazionale del latte (i debiti al 31 dicembre ammontavano a 418 milioni) ad un prezzo simbolico, con un’opzione d’acquisto esercitabile solo dopo un periodo di 6-12 mesi. La criticità della situazione Parmatour potrebbe giocare a favore di Preatoni, a dispetto della fama equivoca di cui gode nel nostro paese, per via di un passato a dire poco burrascoso. Le disavventure giudiziarie del finanziere cominciano infatti nei primi anni ’90, con la fallita scalata alla Popolare di Crema. Travolto dalle denunce e dai rinvii a giudizio per reati amministrativi di ogni specie, Preatoni è costretto a liquidare nel ’96 la sua Parin Sim, la commissionaria di Borsa che aveva tentato l’assalto alle Generali, per intervento diretto di Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca ministro del Tesoro. Uscirà quasi indenne da tutti i processi, ma decide di espatriare nell’Est (a Tallin aprirà persino una banca), affidando la presidenza della Domina a un professore di Forza Italia, che resterà sul suo libro paga fino al luglio 2001: l’attuale ministro Giuliano Urbani. Respinto dagli estoni, punterà sul Mar Rosso e i Balcani, tentando infine il rientro in Italia con un’operazione in Sicilia. Ma le trattative per rilevare un hotel di Sciacca sequestrato a un mafioso, gli vanno male. I giudici liquidatori si accorgono che l’amministratore delegato del suo gruppo, Vincenzo Presti, è nipote di un boss locale. Peatoni minimizza: “Io la penso come Francesco Alberoni – ha detto – i regolamenti sono l’arma dei burocrati contro chi ha talento”. Chissà se Bondi approva.
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