7/4/2006 ore: 10:13

Precari a tempo indeterminato

Contenuti associati

    venerd? 7 aprile 2006

    Pagina 1 e 9

    Precari a tempo indeterminato
      LA CHIAMANO FLESSIBILIT? - Quattro storie di precariato ?regolare?, quattro (non pi?) giovanissimi alle prese con un’assunzione che non arriva: una psicologa, un insegnante di chitarra, una ricercatrice universitaria e un intervistatore per conto di una societ? di sondaggi. Trattati da assunti ma pagati un terzo in meno...
        Legge 30: precari veri dipendenti ?camuffati?
          di Wanda Marra

          La chiamano flessibilit?. In realt? la condizione del precario ? tra le pi? stabili: anni e anni di gavetta, nessuna sicurezza e scarsa retribuzione. Mentre aumentano competenze e responsabilit?.
            Tra i tanti numeri e dati che raccontano il fallimento della legge 30, prendiamone uno, per iniziare: ben il 76% del campione della ricerca promossa dal NIdiL, Nuove Identit? di Lavoro della Cgil, lavora per un unico datore di lavoro (a quanto risulta dall’indagine dell’ottobre 2005, realizzata da NIdiL e Ires, “Nuovo contratto. Stessi problemi”). Un indizio importante per capire come molti dei sedicenti collaboratori - con tutte le variegate tipologie di contratto previste dalla legge 30 - non siano altro che dipendenti cammuffati.

            Marina (un nome di fantasia, come molti di quelli che compaiono in questo articolo, perch? precariet? e ricattabilit? sono un binomio inscindibile) ha 38 anni, vive nelle Marche, e lavora come psicologa per una Asl, sempre la stessa, dal 1998. I suoi sono contratti di prestazione d’opera intellettuale, che prima erano espressi in ore, adesso in “accessi”. Hanno avuto mediamente durate semestrali, con punte di rinnovi ogni 2 mesi, a seconda delle diverse giunte regionali. L’ultimo ? di 8 mesi. ?Prima dovevo fare 30 ore a settimane per guadagnare circa 1700 euro lordi, 1400 euro netti, dopo che ci avevo pagato tutte le tasse, e il contributo al nostro ente previdenziale. Adesso il contratto prevede 21 “accessi” mensili, difficilmente quantificabili in ore, ma alla fine io ne lavoro circa 38, tra dentro e fuori. E guadagno di meno, 1600 euro lordi?. Marina preferisce non raccontare nel dettaglio la sua attivit? lavorativa, ma si limita a dire che non solo deve essere presente per il lavoro del servizio, ma anche scrivere delle relazioni. ?Il mio ? un lavoro molto difficile, e nel corso degli anni diventi essenziale per quella particolare funzione?, spiega. Poi nel 2004 ha avuto un bambino. ?Ho vissuto tutta la gravidanza con molta ansia, terrorizzata dal perdere il lavoro?. E nonostante non abbia avuto la maternit? pagata nei 3 mesi che non ha lavorato, considera la sua una storia fortunata: ?Mi hanno sostituito, e poi sono rientrata, grazie alla fiducia che il un dirigente aveva in me. Ma ci sono state anche altre, a cui ? stato detto: “O rientri entro 20 giorni, o ti sostituiamo”?. A questo punto la domanda sorge spontanea: perch? Marina non ? stata assunta? ?Non ci sono risorse a livello regionale per assumere, i concorsi sono bloccati, si mantengono i servizi aperti utilizzando i precari. Ma la qualit? peggiora. Anche perch? c’? un continuo ricambio del personale. Io ci sto da 9 anni, ma se ci fosse stato qualche concorso, me ne sarei andata a gambe levate?. Le frustrazioni e le difficolt?, d’altra parte, sono enormi. ?Per esempio, il mio contratto non prevede ferie, che riesco a fare lo stesso grazie a una consuetudine. Per?, vengono sempre prima le esigenze dei dipendenti. Senza contare che chi fa il mio stesso lavoro da assunto viene pagato 3 volte di pi?. Ho una casa di propriet?, ma per avere il mutuo ho dovuto chiedere aiuto prima ai miei genitori, poi al mio compagno?. Marina sta resistendo a oltranza (usa proprio questo concetto, la resistenza) perch? quello che fa le piace molto. Attende per? un cambio di marcia. ?Con la politica economica di Berlusconi, e la legge 30, la situazione si ? incancrenita. La diminuzione dei finanziamenti alle Regioni ha costretto la Giunta a fare tagli che ricadono su sanit? e sui servizi di prevenzione. Mi auguro che con le prossime elezioni, le cose cambieranno?.
              Quella di Marina ? una storia emblematica, che riguarda moltissimi. I lavoratori “parasubordinati” sono il 9,14% del totale (dati NIdiL, ricerca del novembre 2005, “I collaboratori in Italia: quanti sono chi sono cosa fanno”), e sono passati solo dal 2003 al 2004 da 1.803.089 a 2.069.929. Rispetto al 1996 l’aumento dei parasubordinati ? ben del 212,23%. Il reddito ? in media di 10.880 euro lordi annui (dati bilancio consuntivo fondo Inps). E sono lavoratori di tutti i tipi: dal 1999 al 2003 registrano una crescita esponenziale le "attivit? non classificate" che aumentano del 74,5%. Proprio tra questi collaboratori, con ogni probabilit?, si concentra il maggior numero di quei contratti di collaborazione che mascherano lavori subordinati.
                Mauro ha 47 anni e insegna chitarra classica nella scuola di musica dell’Unione comuni modenesi, nell’area nord di Modena, da ben 18 anni. Diplomato in Conservatorio in chitarra classica, ha iniziato nel 1998, prima con contratti di prestazione occasionale, poi con co.co.co. Lavora tutti i pomeriggi, compreso il sabato, per un totale di 40 ore settimanali, guadagnando 20mila euro lordi l’anno, ovvero circa 14mila netti. ?Non mi assumono, perch? non hanno soldi. Anche se a questa scuola tengono molto. Siamo in 40 insegnanti in questa situazione. Per di pi?, in questi 2 anni con i tagli dei trasferimenti ai comuni, le difficolt? sono aumentate?. Mauro ha un figlio di 10 anni, una moglie che lavora come interinale, e una casa in affitto: ?Ce la facciamo, perch? non abbiamo grandi pretese. Non cambio lavoro, perch? quello che faccio mi piace molto, e non mancano le soddisfazioni. Ma lavoro tantissimo, perch? oltre alle lezioni, c’? un grande lavoro di preparazione: non potrei fare diversamente, mi pagano a ore. ? frustrante non avere tempo per studiare, per la crescita personale?.
                  Mauro non ? un’eccezione: nel nostro Paese ci sono circa 300mila professionisti che lavorano spesso a partita Iva, magari con pi? di un committente, ma avendo un rapporto privilegiato, quasi esclusivo, con uno (circa l’80% del campione) senza tutele, e senza certezze (indagine NIdiL-Ires, settembre 2005, “Professionisti, ma a quali condizioni?”). Ben il 68% dei collaboratori ha un'et? compresa fra i 30 e i 59 anni. Soltanto il 21% ha meno di 30 anni. Molti non hanno ancora figli: ben il 60% delle donne intorno ai 40 anni. La stragrande maggioranza svolge professioni tecniche o intellettuali di medio-alto profilo, coerenti con il proprio titolo di studio, con alti livelli di competenza e di responsabilit? e orari di lavoro, generalmente molto alti e spesso superiori persino alle 40 ore settimanali. Poco meno del 40% dell’intero campione - ancora di pi? tra le donne - guadagna addirittura meno di 1.000 euro al mese. E se il 35% viene pagato ogni mese, poco meno del 50% viene invece pagato con cadenze incerte e irregolari, alla consegna del lavoro o dopo la fine del contratto.
                    Chiara ha 40 anni, una Laurea in Lettere e Filosofia, e quella che si pu? definire un’alta formazione: 3 anni di dottorato di ricerca (a 600 euro al mese), 2 di assegno di ricerca (per circa 10mila euro l’anno); vari anni di insegnamento all’estero. Da 3 anni ha un contratto di docenza con un’universit? del sud. Quest’anno la presa di servizio ? a marzo, e il contratto scade a ottobre, ma l’accordo implicito ? che gli esami debbano essere fatti per tutto l’anno. Dunque, Chiara deve insegnare per 3 mesi e mezzo, 3 giorni la settimana per 2 ore a lezione, fare 2 ore settimanali di ricevimento, fare esami per 7 appelli annuali per un totale di circa 22 giorni in un anno, con possibilit? che ce ne siano alcuni straordinari, preparare le lezioni. Tutto questo per guadagnare 5000 euro in un anno. Sul contratto c’? esplicitamente scritto che deve essere a disposizione ?per qualsiasi attivit? il Dipartimento ritiene necessaria?. Senza contare che essendo una fuorisede ha circa 1500 euro di spese annuali. Ripete spesso con avvilimento che questo non si pu? definire lavoro. ?Il problema ? che la mia in un certo senso ? una posizione indifendibile: qualsiasi cosa l’universit? ti chieda non puoi dire di no. Il lavoro mi piace, ma ? molto frustrante farlo in questo modo: la pressione ? tanta, anche perch? per vincere un concorso da ricercatore devi studiare, scrivere, pubblicare. E finisce che le lezioni le prepari nei ritagli di tempo. E questo fantomatico posto alla fine lo ottieni solo se hai uno sponsor. D’altra parte alle universit? conviene tenerci cos?: 2 contrattisti fanno il lavoro di un ricercatore, e costano molto meno?.
                      L’effetto della legge 30 sul mondo dei collaboratori non ? stato altro che un passaggio pi? formale che sostanziale da una forma di collaborazione a un'altra (“Nuovo contratto. Stessi problemi”, indagine Ires-NIdiL, ottobre 2005). Per esempio, i co.co.co. sono diventati in gran parte collaboratori a progetto. E il dinamismo del mercato del lavoro non ? che un miraggio.
                        Luigi, 47 anni, un figlio di 6 anni, ha perso il lavoro 6 anni fa - prima era un project manager nel mondo dei call center - e ha iniziato il lavoro precario nel 2000 a 41 anni in vari call center fino ad arrivare nel 2004 all'Istat come co.co.co con la funzione di rilevatore nell'indagine sulle forze di lavoro, che consiste nell'intervistare le famiglie sul tema del mondo del lavoro. ?? la pi? importante indagine dell'Istat?, dice lui. Il contratto standard ? di 6 mesi, la retribuzione di 37 euro lordi ad intervista conclusa e trasmessa all'ente; non sono previsti rimborsi n? per carburante n? per altre spese. Adesso ? scaduto anche questo contratto e non gli ? stato rinnovato. Il suo ultimo guadagno utile ? stato 600 euro lordi, mesi fa. ?Con il progredire di questa situazione si perde potere contrattuale e profilo professionale. Sto facendo dei colloqui, e adesso le proposte scendono al di sotto dei 6 euro lordi l’ora?. E spiega: ?Un eventuale cambio di governo anche se comportasse l'abrogazione della legge 30 non risolverebbe il problema perch? pi? che una normativa nuova occorrerebbe una nuova politica del lavoro. Nutro sincere perplessit?.

                      Close menu